venerdì 28 ottobre 2011

COMPAGNIA DELLE OPERE: IL FORZIERE DEL “PARTITO DI DIO”


Compagnia delle Operedi Ettore Livini, da Affari & Finanza di Repubblica.
Prima le spinte del Vaticano. Poi Todi. Ora le grandi manovre al centro del quadro politico romano per gettare le basi del dopoBerlusconi. La Balena bianca dopo anni di letargo bipolare ha avviato le prove tecniche di risveglio. E in attesa di trovare leader, alleati e linea politica, si consola con una certezza: il forziere di Dio, vent’ anni dopo l’ eutanasia

della Democrazia cristiana, gode ancora di ottima salute. Tenuto in piedi, anzi tonificato, negli anni bui del bipartitismo dall’ unica macchina di voti, soldi e consensi sopravvissuta alle macerie dello scudo crociato: quella di Comunione e liberazione e della Compagnia delle Opere (Cdo). La Confindustria dei cieli pronta a fare da Cavallo di Troia qualcuno dice anche da Bancomat per il ritorno dei cattolici al centro della scena politica nazionale.
Fare un estratto conto preciso al centesimo dei soldi a disposizione di questa lobby politico-finanziaria non è facile. La Cdo è una nebulosa proteiforme posizionata nell’area grigia tra profit e noprofit dove i dati pubblici sono merce rara. L’unica certezza è che negli ultimi anni, crisi o non crisi, ha continuato a crescere. Le aziende iscritte (prezzo attorno ai 300 euro l’anno) sono 36.600, il 10% in più del 2010, per un giro d’affari complessivo attorno ai 70 miliardi. L’elenco ufficiale dei soci non esiste, ma solo in Lombardia, feudo del governatore Roberto Formigoni, sarebbero 6mila, più di quelli di Assolombarda. I documenti depositati sulla galassia si contano sulla punta delle dita. E raccontano solo una porzione infinitesimale del potere dell’armata ciellina. C’è un’Associazione Compagnia delle Opere con 4 milioni di attivi e 137mila euro di utile nel 2009. Sotto il suo cappello ci sono Cdo Net (servizi, 9 milioni di ricavi), la misteriosa Magifyng films negli Usa e Bps (consulenza finanziarie 5,5 milioni di fatturato). Dove tra gli azionisti spuntano alcuni degli uomini forti del gruppo come Graziano Tarantini presidente di A2a, membro della potentissima Fondazione Cariplo e consigliere di Akros e Bpm e Paolo Fumagalli, presente in alcuni cda in orbita IntesaSanpaolo. Ma si tratta solo di una goccia nell’oceano degli interessi della Compagnia.
I vantaggi per i soci. Il vero tesoro del forziere di Dio è altrove. Sfuggente e invisibile, fatto di mille rivoli di denaro (tutti insieme fanno un fiume d’oro) che corrono tra politica, affari e opere di bene. Un patrimonio milionario capace, al momento delle elezioni, di trasformarsi in un serbatoio da centinaia di migliaia di voti. La Compagnia delle Opere si è messa nel mezzo di questo crocevia strategico: «L’associazione è scritto nella brochure di presentazione dà la possibilità di trovarsi al centro di un complesso di relazioni in cui ciascun associato può trarre beneficio per la sua impresa». Come? Il presidente Bernhard Scholz la spiega così: «Favorendo lo scambio di esperienze e di idee». E grazie alle agevolazioni garantite ai soci riuniti in 36 sedi nazionali e 16 estere: conti correnti a condizioni di favore (ne sono stati aperti 40mila), assicurazioni, buoni pasto, incentivi per carburanti ed energia. Resi possibili è il primo segno del potere della armata bianca grazie ad accordi con i maggiori gruppi italiani. Nell’elenco bancario dei partner di fiducia, per dare un’idea della potenza di questa armata bianca, ci sono tutti i big del credito di casa nostra da Unicredit a Mps la banca "rossa" da Intesa a Bpm.
Affari in grigio. Il core business della Compagnia delle Opere però, come racconta Ferruccio Pinotti nel suo libro "La lobby di Dio", è altrove. E sarebbero gli affari garantiti ai soci dalla politica grazie, appunto «al complesso di relazioni» della ragnatela di potere ciellina. Dove la politica distribuisce le carte e i privati (aziende ma anche cooperative e migliaia di piccole realtà noprofit) si spazzolano il piatto. Le cifre in ballo sono enormi. Prendiamo il sistema formigoniano in Lombardia, l’espressione più evoluta (ma certo non l’unica) del sistema. Tarantini e Fumagalli le cui società, tra l’altro, sono finanziate dalle banche di cui sono consiglieri sono solo la punta dell’iceberg. La galassia di Cl esprime il 25% circa dei direttori generali di ospedali e Asl regionali (un mondo che gestisce 16 miliardi l’anno), ha messo i suoi uomini al vertice della Fiera, delle aziende dei trasporti, delle banche, delle Fondazioni creditizie e nei board delle Camere di commercio. Ha costituito società controllate al 100% dalla Regione (Infrastrutture Lombarde, Informatica Lombardia, Finlombarda) che gestiscono in proprio appalti e gare milionari.
Il Cencelli, non scritto, di queste operazioni prevede briciole per tutti, cooperative rosse e uomini vicino alla Lega compresi. Ma la parte del leone come sostengono Pinotti e molti osservatori la fanno quasi sempre le aziende o le cooperative sociali (54mila persone coinvolte e 300 mila assistiti solo nella sanità) che gravitano nell’orbita della Compagnia.
Le regole del gioco. «Le regole sono chiare dice dietro condizione di anonimato il responsabile amministrativo di un ospedale lombardo se non scegli i vincitori giusti per le tue gare, la Regione inizia a rallentarti i rimborsi e il tuo conto economico va in tilt». Finlombarda, per dire, ha centralizzato la tesoreria per pagare i fornitori degli ospedali. Naturalmente verificare è impossibile. L’elenco degli iscritti alla Cdo è nebuloso, le cooperative sociosanitarie vicine a questo mondo non presentano bilanci anche se in qualche caso (come il Consorzio scuolalavoro) sono arrivate a fatturare decine di milioni. «Difendersi da sospetti infondati e sistematici è impossibile replica Scholz È sbagliato dire che siamo il braccio di Cl. Non riceviamo direttive e non le diamo».
I primi a non crederci però sono i "soci" della maggioranza di centrodestra al Pirellone. «Le mani di Cl sulla sanità lombarda. Se non sei di Comunione e Liberazione non fai carriera», ha scritto velenosa La Padania tempo fa, riassumendo con franchezza padana quello che in Lombardia hanno capito un po’ tutti. «Ci sono interi ospedali dove per diventare primario o garantirti una fornitura o l’appalto per la costruzione di un nuovo reparto devi avere la targa della Cdo», dice il responsabile amministrativo.
La rete «del complesso di relazioni» funziona così. E ha iniziato a replicare il modello nel mondo dell’housing sociale, delle residenze universitarie e dell’energia e in tante altre aree d’Italia, Emilia rossa compresa. Il do ut des è chiaro. I soldi girano, le aziende socie cavalcano il puledro giusto, la Cdo e la politica che le ruota intorno tirano le fila e alla fine la rete della sussidiarietà, al momento di andare alle urne, si trasforma in una macchina di voti. Nelle elezioni regionali in Lombardia, vuole la vulgata, questo mondo è capace di pilotare fino a 100mila preferenze sui candidati prescelti dai vertici. Una dote che in una politica frammentata come la nostra vale oro.
Il business del Meeting. Il Meeting di Rimini è l’immagine più plastica del potere mediatico e finanziario dell’esercito di Dio. A scorrere l’elenco dei relatori (dal Presidente della repubblica Giorgio Napolitano ai messaggi del Papa, dal Ghota della finanza nazionale a Sergio Marchionne) si fa più veloci a dire chi manca che chi c’è. Dietro gli stand e l’entusiasmo dei giovani partecipanti (800mila nel 2011) e dei 3.750 volontari c’è però un robusto giro d’affari da 8 milioni l’anno. A rimpinguare il forziere di Dio, in questo caso ci pensa la Evidentia Communication, che raccoglie la pubblicità e gira alla Fondazione del Meeting per l’amicizia un canone annuo di oltre 5 milioni. Wind, Eni e IntesaSanpaolo sono gli sponsor principali. Gran parte dei big di Piazza Affari (spesso dipendenti da concessioni pubbliche) sono presenti con propri stand pagando un canone all’organizzazione e il montaggio a una cooperativa sociale del mondo associativo. Poi ci sono i sussidi pubblici in odore di conflitto d’interesse di regioni del centrodestra: 100mila euro sono arrivati dalla Regione Lazio della Polverini, da Friuli e Sardegna, 84mila dalla Lombardia di Formigoni (che è riuscito a garantire pure sponsorizzazioni di Trenord e della Sea) e 37.600 persino dal Magistrato delle acque del Veneto di Luca Zaia. Il profumo dei soldi, del resto, ha stemperato da tempo le tensioni tra Bossi e il mondo di Cl.
Il business del Meeting, visti i risultati, si è già clonato in diverse edizioni locali e sbarcherà nei prossimi giorni in Giappone. Dalle sue costole ha figliato Matching, una maxikermesse alla Fiera di PeroRho, altro feudo ciellino, dove si incontrano per parlare d’affari tra di loro imprese di 40 paesi. Anche qui di soldi ne girano molti. Gli sponsor dell’iniziativa Cdo sono Microsoft, Unicredit e Sfirs, la finanziaria pubblica sarda. Ognuno dei 2.500 partecipanti paga 2.500 euro per lo stand e per vedersi organizzare una fitta rete di appuntamenti. Socio aiuta socio, denaro chiama denaro e costruisce consenso. I consensi diventano voti. Il modello tira e il Matching (il mondo è cambiato) ha già tenuto una versione russa. «I prossimi obiettivi di Cl sono un premier e un Papa», è la battuta che circola in Vaticano riportata da Pinotti. Il forziere di Dio ha tutte le carte a posto per aiutare Comunione e liberazione a tentare la doppietta.
(26 ottobre 2011)