lunedì 10 ottobre 2011

CENSURA "IN NOMINE CHRISTI"


Censura cattolicaDi solito reputiamo assurdo che qualcosa di "spirituale" — distaccato dal "prosaico" — possa aver bisogno di marketing; eppure, il Vaticano dispone di un notevole dispiegamento di mezzi di diffusione della Parola. Grandi testate giornalistiche, emittenti radio, case editrici, ed ora anche internet e la telefonia cellulare.
Mai come in questi ultimi anni, la gestione wojtyliana ha fatto sentire la sua voce per coprire i numerosi scandali che hanno attanagliato la Chiesa e per darle spolvero, vista la crisi economica attraversata nel dopo-Marcinkus; tale agenda è stata continuata da Ratzinger, 

e costituisce un fenomeno radicatissimo.
La TV di stato ha garantito alla Chiesa l'utilizzo di un canale satellitare ed un portale web dedicato nel sito stesso dell'azienda di Viale Mazzini, tutto gratis et amore dei; ad ogni minimo papal raffreddore, le reti RAI espongono in prima schermata l'eccelso avvenimento, senza contare le genuflessioni di rito ossequiate nei canali della "concorrenza".
Data questa preoccupante inflazione di comparsate e salemelecchi, ultimamente la Santa Sede ha deciso addirittura di regolamentare le apparizioni di prelati ed altri opinionisti d'ufficio, escludendone la partecipazione in eventi che "potrebbero essere tacciati di superficialità e futilità" (da CorSera 151004), quasi ignari di quanta e quale vacuità incarni la religione cattolica in sé per sé.
Siamo già immersi in una forma di promotion abbastanza articolata e per certi versi attanagliante, effettuta tramite una serie sterminata di "gadgets" che fungono da Cavallo di Troia: i nostri nomi, i simboli, la produzione architettonica, artistica, e tanto altro, svolgono appieno questa funzione. Andiamo fieri di mostrare sul petto o sul muro la croce, mero strumento di morte pagàno, sia per la vicenda che essa sintetizza che per riconoscimento del fedele. Allo stesso modo, finchè non separaremo Dio dall'esaltazione che ha spinto certi fanatici a costruire monumenti come le cattedrali gotiche, vedremo queste ultime come la "massima espressione" dell'architettura medievale, pur essendo non certo granchè di sopraffino dinnanzi alle piramidi egizie o ad Angkor Wat, quanto a parametri di monumentalità effettiva.
Ma in che modo la propaganda si connubia alla religione? La metodologia è altrettanto semplice, e non si discosta tanto dalla prassi di promotion attuata a favore di qualsiasi altro tipo di marcanzia.
Nel caso specifico, la promozione consiste in un deliberato programma conformativo a carattere universalistico, come vediamo in una ben nota enciclica:

"Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l'ingegno umano è riuscito, con l'aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell'uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti. Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l'intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi possono essere chiamati «strumenti di comunicazione sociale» [...]
La Chiesa cattolica, essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini, ed essendo perciò spinta dall'obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l'annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso di questi strumenti. Compete pertanto alla Chiesa il diritto innato di usare e di possedere siffatti strumenti, nella misura in cui siano necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale [...]
Per provvedere alle esigenze sopra esposte, si formino senza indugio sacerdoti, religiosi e laici, i quali sappiano usare con la dovuta competenza questi strumenti a scopi apostolici. Il primo compito è quello di preparare tecnicamente, culturalmente e moralmente i laici, moltiplicando scuole, facoltà e istituti, dove giornalisti, autori di film e di programmi radiofonici e televisivi e quanti si interessano a queste attività, possano acquistare una formazione completa, permeata di spirito cristiano, specialmente nel campo della dottrina sociale della Chiesa. Ma occorre preparare ed aiutare anche gli attori, perché con la loro arte contribuiscano al bene della società. Devono infine essere diligentemente preparati i critici letterari, cinematografici, radiofonici, televisivi, ecc., perché si distinguano con la loro competenza professionale, e vengano istruiti e incoraggiati a porre sempre nel dovuto rilievo, nei loro giudizi, l'aspetto morale" (Inter Mirifica 1-2).
Continuando con la Vigilanti Cura di Pio XI, a proposito di forme di comunicazione vastamente efficienti quali la cinematografia:

"l'aspetto morale del problema della produzione dei film sarebbe risolto alla radice, se ci fosse modo di avere una produzione cinematografica informata pienamente ai princìpi della morale (?) cristiana [...] Ma poiché sappiamo quanto sia difficile organizzare tale industria, specialmente per ragioni di ordine finanziario, e siccome d'altra parte occorre influire su tutta la produzione (!) perché essa non compia opera dannosa ai fini religiosi, morali e sociali, è necessario che i pastori di anime vigilino sui film prodotti ed offerti universalmente al popolo cristiano. Circa l'industria stessa dei film, Noi esortiamo i vescovi di tutti i paesi, ma in modo speciale voi, Venerabili Fratelli, a far appello a quei cattolici che hanno una partecipazione a questa industria. Pensino essi seriamente ai loro doveri ed alle responsabilità che hanno, come figli della Chiesa, di usare della loro ingerenza ed autorità perché i film, che essi producono, o aiutano a produrre, siano conformi ai principi di sana moralità. Il numero dei cattolici che sono esecutori, direttori, autori o attori nei film non è piccolo, e purtroppo la loro ingerenza nella produzione di essi non è stata sempre in accordo con la loro fede e con i loro ideali.
Ne gli ultimi due secoli, soprattutto il cinema ha svolto una funzione ponderale nell'influenzamento delle masse: ad oggi, il supporto fornito dal cinema ed altri media audiovisivi non interattivi alla causa religiosa, è tale da non potersene lamentare.
In questi ultimi decenni si assiste, anzi, ad una letterale invasione di filmini agiografici e ad allusioni più o meno subliminali alla religiosità persino nella pubblicità.
A proposito di interferenze e questioni di principato sulla nazione ospite, così continua il pontefice:

"Qualora, poi, gravissime ragioni locali lo richiedessero veramente, i vescovi nella propria diocesi, per mezzo delle loro commissioni diocesane di revisione, potranno, sulla stessa lista nazionale — che deve applicare norme adattabili a tutta la nazione — far uso di criteri più severi, come può richiederli l'indole della regione, censurando anche dei film che fossero ammessi nella lista nazionale. Il menzionato ufficio curerà inoltre l'organizzazione dei cinema esistenti presso le parrocchie o in sedi di associazioni cattoliche, in modo da assicurare a queste sale dei film opportunamente riveduti. Mediante l'organizzazione poi di tali sale, che per l'industria rappresentano spesso dei buoni clienti, si potrà esigere che la stessa industria produca films corrispondenti pienamente ai nostri principi, i quali saranno poi facilmente proiettati non soltanto nelle sale cattoliche ma anche nelle altre".
Così aveva dichiarato Andrea Piersanti, forse ignaro di simili dichiarazioni, in un'intervista rilasciata all'Agenzia Fides il 26 novembre 2002 a proposito del festival Tertio Millenio:

"Quando nacque il festival, l'opinione corrente nel mondo del cinema italiano era che i cattolici fossero impegnati esclusivamente in operazioni di censura. In questi anni, grazie alla forza del Magistero della Chiesa, siamo riusciti a far ribaltare questo luogo comune e adesso anche il mondo dell'industria guarda alla Chiesa con occhi diversi".
È arduo riuscire a trattenere un sorriso, al solo pensare in che modo la scienza e la tecnica, sistematicamente definite nel corso della storia "strumento della presunzione umana", in altre circostanze possano diventare fonte di dulci iubilo, al punto che Wojtyla ha potuto certificare l'utilità di internet ed altri ritrovati del modernismo, allo scopo di diffondere la Parola.
Il fedele arguirà che non ci sia nulla di male nell'avvalersi della tecnologia per conseguire "fini edificanti", dal momento che certe dichiarazioni, provenendo dalla Santa Sede, non possono sottintendere che interessi spirituali.
Se da un lato occorre avvalersi dei media, dall'altro si renderebbe necessario "limitarli".
La censura del dissenso non è cosa d'oggi. Sin da prima della nascita della stampa, la Chiesa non ha mai gradito l'eccessivo interesse da parte di un'informazione che non si fosse limitata a celebrarne dei panegirici. Sin dopo la fine della Prima Repubblica, essa ha ricevuto ampio supporto dallo Stato anche in questo campo;come accadde in casi come quello del giornalista francese Jacques Peyrefitte, indagato dalla magistratura ed espulso dall'Italia a seguito di un articolo erroneamente giudicato diffamatorio nei confronti del papa; sorte non meno benevola era toccata al direttore del giornale socialista l'Avanti, condannato a un anno di carcere per motivi analoghi.
Più di recente, con il boom di internet, l'informazione s'è espansa secondo modelli tali da richiedere dei provvedimenti di moderazione da parte delle correnti politiche conservatrici italiane; alle porte del 2002 si tentò di varare una legge di regolamentazione editoriale per il web al contempo in cui venivano apposti i sigilli su vari siti giudicati blasfemi, la cui ponderalità avrebbe sinceramente meritato ben meno del disturbo delle forze dell'ordine.
Va da sé che la Chiesa si opponga a qualsiasi notizia che non la menzioni in termini positivi: ad esempio, il Concilio di Torino si oppose all'abolizione della censura ecclesiatica applicata anche a pubblicazioni che non trattavano argomenti religiosi. Il Diritto Canonico aggiornato al 1983 includeva le seguenti prescrizioni riguardo la censura in senso lato:

"Al fine di salvaguardare l'integrità della fede e della morale, i pastori della chiesa hanno il diritto e il dovere d'assicurarsi che negli scritti o nei mezzi di comunicazione sociale non vi sia nulla che possa attentare alla fede ed alla morale dei fedeli di cristo. Essi hanno anche il diritto e il dovere che qualora gli scritti tocchino argomenti di fede e morale, vengano sottoposti al loro giudizio [e di condannare quelli nocivi] [...] Nell'adempiere al suo compito, un censore non deve badare alle preferenze delle persone ed osservare soltanto gli insegnamenti della chiesa, come dichiarato nel Magistero" (823-830).
Dunque, il vilipendio riguarda non solo l'offesa, ma qualsiasi presa di posizione contro qualunque decisione della Santa Sede, inclusa la critica contro la validità della religione: la Chiesa Romana afferma, infatti, d'essere il supremo caposaldo della verità, e che l'unione delle menti richiede non solo il perfetto accordo nell'unica fede, ma anche completa sottomissione ed obbedienza al volere della curia e al pontefice come se si trattasse di dio stesso, come sosteneva il beato autore della Rerum Novarum.
Le possibili conseguenze di simili asserzioni implicano che, come ha inteso più volte Ratzinger sulla scia della Dominus Iesus, sia necessario mantenere una stretta policy nei confronti dell'informazione e difendersi da leggi contrarie al prestabilito emanate dallo stato ospite, pur potendo comunque ai dati di fatto esercitare influenza su quest'ultimo!
La giustificazione fornita dalla Chiesa a questa forma di prevenzione, vuole che, come aggiunge ancora Leone XIII, non sia legittimo divulgare idee contrarie alla verità della casa di Dio, poiché equivarrebbe ad avvelenare i pozzi e il cibo; Pio XI fu egualmente perentorio, quando, in un'allocuzione del 20 dicembre 1926, attestò che i cattolici non devono supportare né leggere gli scritti degli oppositori della fede. Quasi coi medesimi accenti s'esprimeva già nell'allora 1766 papa Clemente XIII, lamentando nella Christianae Reipublicae che i miscredenti

"negano dio malgrado egli si mostra a loro ogni giorno, e non lo fanno perché sono sciocchi, bensì per deliberata depravazione. Essi rappresentano dio come indolente e pigro; non rispettano la sua provvidenza né temono la sua giustizia. Essi predicano con detestabile e insana libertà di pensiero che l'origine della natura della nostra anima sia mortale malgrado sia stata creata ad immagine del creatore, un po' inferiore a quella degli angeli. Sia che credano che la materia sia stata creata, o immaginino stoltamente che sia eterna e indipendente da cause, pensano che non esista null'altro, nell'universo. O se sono costretti ad ammettere che lo spirito coesista nella materia, escludono l'anima dalla natura celeste dello spirito. Essi non vogliono capire che in questa nostra debolezza in cui siamo stati formati abita qualcosa di spirituale e incorruttibile: eppure, per suo potere noi conosciamo, agiamo [...]
Dall'altro lato, ci sono certuni i quali, pur giudicando correttamente che la nebbia del ragionar terreno e il fumo del sapere mondano debbano essere espulsi dall'occhio della fede illuminata, continuano ad osare a voler misurare i misteri nascosti della fede che sorpassano qualsiasi comprensione! Divenuti investigatori di grandezza, non hanno timore d'essere sopraffatti dalla sua gloria.
Essi ridicolizzano la fede dei semplici; svelano i misteri di dio; questionano senza timore sulle più grandi domande. La mente sagace dell'investigatore prende il tutto per ciò che esso è, e, nel cercar prove con la ragione, depriva la fede d'ogni merito. Non dovremmo forse essere arrabbiati contro costoro che adusano la più perversa indecenza di parola ed esempio per corrompere col peccato mortale la pura e stretta morale, che instillano nella mente degli ignari un'esecranda licenza di condotta di vita, e causano un'estrema perdita di fede?
Allora considerate in che modo essi aspergono le loro scritture con un certo raffinato splendore, una seducente piacevolezza, sì da poter penetrare facilmente nelle menti dei lettori ed infettarle vieppiù col veleno del loro errore! Così mesceranno agli inavvertenti il veleno della coppa di Babilonia, sì che essi saranno sedotti ed accecati con le loro parole polite, e non riconosceranno il veleno che li uccide".
È più facile rendersi conto della reale natura degli effetti scaturiti dalle superstizioni, studiandone l'imprinting su realtà sociali più vaste e multietniche, dove il cattolicesimo non è la corrente cristiana prevalente.
Ecco in che modo certi attivisti cattolici definiscono contro qualsiasi timor di critica (peraltro in un caso fra i meno eclatanti) l'agenda di giusta azione: "Noi" ebbe a dichiarare recentemente William Donohue, attuale presidente della Lega Cattolica Americana

"siamo specializzati nel pubblico discredito di individui che si sono guadagnati la nostra ira, e per questo siamo stati capaci di vincere tante battaglie: nessuna persona o organizzazione desidera essere svergognata in pubblico, e noi facciamo proprio questo [...] La minaccia d'una querela è l'unico argomento che certi individui riescono a comprendere. Lo spettro della pubblica umiliazione è un altro mezzo. Petizioni e boicottaggi sono utilissimi. L'uso del pulpito a vasta audience, come la radio, è la strategia più efficace. Le conferenze stampa possono essere usate per illuminare o mettere in imbarazzo [...] Gli annunci nei quotidiani nazionali più importanti, poi, sono efficacissimi".
Nel 1940, il grande decano del giornalismo investigativo americano Paul Blanshard indagò sulle metodologie promozionali della Chiesa degli States, giungendo a notabili conclusioni.
Nelle sue pagine egli citava l'opera cattolica fondamentale in merito al boicottaggio mediatico, la monumentale Moral and Pastoral Theology di padre Henry Davis, nella quale si istruiscono i vescovi a rinvigorire il boicottaggio contro opere che difendono l'eresia, tentano di minacciare la base della religione, supportano la contraccezione o il divorzio anche in caso d'adulterio, attaccano o ridicolizzano qualsiasi dogma cattolico quali la creazione dell'uomo o l'infallibilità del papa, ed altro. A proposito del diritto di soppressione dell'informazione, Blanshard menzionava Francis Connell, della Catholic University of America, il quale ebbe a scrivere nell'American Ecclesiastical Review del gennaio 1946:

"Crediamo che i governanti dei paesi cattolici abbiano il diritto di circoscrivere le attività di coloro i quali potrebbero stornare la gente dalla chiesa, e possiedono il diritto d'arginare la propaganda avversa; questa è una conclusione logica tratta dal dogma fondamentale che il figlio di dio stabilì una sola religione, sotto il comando d'accettarla obbligatoriamente, pena la dannazione eterna".
Citando un articolo pubblicato ne America dell'11 febbraio 1948 dal gesuita Charles J. Mullaly, Blanshard evidenziava i processi della tecnica di boicottaggio:

"Mullaly ci rivela candidamente come un sacerdote ed un manipolo di laici cattolici, con una lettera piena di nomi altisonanti, possono terrorizzare qualsiasi editore con lo spettro di ondate d'indignazione".
Il gesuita offriva un esempio di boicottaggio intimato a proposito di una serie di articoli pubblicati in merito a un caso di morte sospetto, accaduto in un collegio femminile di Washington:

"Anziché scrivere una lettera di difesa [stimolando così la controversia, che potrebbe essere profittevole per il giornale], la Società [...] si rivolse all'ufficio commerciale, anziché all'editoriale. I suoi membri intervistarono dei commercianti cattolici che pubblicavano inserzioni sul giornale, e dissero loro d'intimargli di cambiare registro, se volevano che acquistassero ancora il loro spazio pubblicitario [...] I sacerdoti di Washington ebbero l'incarico di predicare in maniera impersonale che «questo giornale, di cui non diciamo il nome, sta offendendo le Sorelle del Buon Pastore: se fosse per me, rintuzzerei aspramente gli insulti fatti alla santa madre chiesa!»".
Mullaly annotò trionfante che l'effetto di questi sabotaggi operati da un solo prete affiancato da qualche avvocato che si prodigò senza chiedere compenso, fu addirittura miracoloso, talché in un batter d'occhio il giornale perse oltre la metà degli introiti. Poi concludeva dettando il plateau strategico:

"Non attaccare tramite l'editoriale: dirigiti al dipartimento commerciale. Quando un giornale assale la tua fede, scrivi al direttore commerciale ed informalo che non comprerai più il giornale. In secondo luogo, richiama l'ettenzione dei commercianti [...] Di' poi ai tuoi rivenditori che finché vedrai quel giornale sui loro scaffali, non comprerai più nei loro negozi...".
Blanshard adduceva poi diversi casi di censura di giornali, libri, films, show, e concludeva scrivendo che

"il meccanismo usato dalla chiesa è abbastanza elaborato [...] Gli editori sono a tal punto minacciati di boicottaggio e da diluvii di lettere, che oramai rifiutano automaticamente di pubblicare qualsiasi cosa contraria alla chiesa [...] Qualsiasi editore americano è al corrente di questa politica, ma evita di discuterne pubblicamente per timore di ripercussioni [...] per questo motivo solo le case più grandi e ricche possono permettersi di battersi faccia a faccia contro questi conciliaboli".