giovedì 6 ottobre 2011

CHIESA, RELAZIONI PERICOLOSE


Mons. Bechara Rai
Il patriarca Rai, l'uomo vicino a Hamas e Iran.
di Francesco Peloso.
È una diplomazia spericolata quella che muove il nuovo patriarca maronita-cattolico del Libano, monsignor Bechara Rai. Il patriarca, già finito nell’ occhio del ciclone per il suo esplicito sostegno alla dittatura di Bashar al Assad in Siria, ha anche difeso la presenza armata di Hezbollah in Libano. Hezbollah e i siriani naturalmente hanno apprezzato e ringraziato, i primi hanno parlato della «visione nazionale» del Patriarca.

SU ASSAD «IL VATICANO LA PENSA COME ME». La politica favorevole al regime di Assad, secondo Rai, è spiegabile con il fatto che una sua eventuale caduta comporterebbe l’ascesa dei Fratelli musulmani e quindi nuovi problemi e persecuzioni per la consistente minoranza cristiana in Siria. Nessuna preoccupazione è stata invece espressa per le migliaia di morti che si vanno accumulando nel Paese arabo a causa della repressione del regime. Rai ha precisato: «Il Vaticano la pensa come me». Poi si è imbarcato per un volo diretto negli Stati Uniti dove ha in programma una visita all’importante comunità libanese maronita americana.
IL POSSIBILE INCARICO PER LA SANTA SEDE. Ma ancora - e la notizia se trovasse conferma avrebbe del clamoroso – secondo la stampa vicina a Hezbollah, rilanciata però da fonti ufficiali della Chiesa maronita del Libano, il Vaticano avrebbe deciso di affidare a monsignor Rai il ruolo di rappresentante della Santa sede per le questioni del Medio Oriente. Inoltre, si spiega in un comunicato, «in questo contesto il Vaticano ha chiesto che il segretario generale delle Nazioni Unite incontri Rai». Non per caso il 21 ottobre il patriarca maronita dovrebbe incontrare Ban Ki Moon, mentre il presidente Obama ha deciso di non stringere la mano a Rai dopo le sue affermazioni in favore di Hezbollah.
La strana presenza della chiesa maronita alla conferenza sull' Intifada in Iran
Se è vero che la Santa sede è d’accordo con Rai, c’è un fatto che di sicuro è destinato a provocare non pochi problemi sul piano internazionale nella Curia romana. Sabato 1 e domenica 2 ottobre, infatti, si è svolta a Teheran la quinta conferenza sull’Intifada organizzata dal governo iraniano. Si è trattato di un evento durante il quale è stata contestata la scelta di Abu Mazen di chiedere alle Nazioni Unite il riconoscimento dello Stato palestinese, considerata come una trattativa superflua. Vi ha preso parte il leader di Hamas Khaled Meshaal, il quale ha sostenuto che «l’Intifada vincerà grazie al supporto delle nazioni musulmane. L'intero territorio della Palestina storica verrà liberato nel prossimo futuro». Dunque nessun negoziato.
PER LA PALESTINA «CONFLITTO PERMANENTE». Del resto a Teheran si è ritrovato unito il fronte che si oppone a Abu Mazen, a qualsiasi accordo con Israele e alla nuova protagonista della scena mediorientale, cioè la Turchia di Recep Tayyp Erdogan. Il presupposto del congresso dal titolo 'Palestina, una terra solo per i palestinesi' è che nessuna divisione territoriale o negoziale può porre fine al conflitto israelo-palestinese e che l'unica strada è un conflitto permanente. I lavori della conferenza sono stati aperti dall’ayatollah Khameni, grande guida spirituale dell’Iran.
L'INTERVENTO DI UN UOMO DEL PATRIARCA. All'appuntamento ha preso parte anche una nutrita delegazione libanese. C’erano il presidente sciita della Camera Nabih Berri, uomo strettamente legato alla Siria, accompagnato dal deputato Mohammad Raad, l’ideologo del ‘partito di Dio’, appunto Hezbollah. Con loro, a sorpresa anche un delegato del patriarcato maronita del Libano: Abdo Abou Kassem, che è anche intervenuto nel dibattito. Per altro, lo stesso patriarca era stato invitato all’evento. Kassem è direttore del “Centro d’informazione cattolica”, organismo che formalmente fa parte della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale.
Le contraddizioni del Vaticano sulla questione palestinese
Viste nel loro insieme le relazioni pericolose strette dal patriarca - eletto nel marzo 2010 con il placet di Papa Bendetto XVI - vanno a costruire un quadro assai inquietante. L’asse con la Siria, Hezbollah e ora con l’Iran, è decisamente opposto non solo agli ultimi sviluppi della vicenda palestinese, ma anche ai sommovimenti che agitano tutto il mondo arabo.
LA CHIESA DI GERUSALEMME APPOGGIA ABU MAZEN. Delle contraddizioni in campo cristiano e cattolico rispetto alla Primavera araba, Lettera43.it ha già informato. Tuttavia ora sono emersi fatti nuovi. Recentemente, infatti, mentre Abu Mazen si trovava negli Usa per il dibattito alle Nazioni Unite, anche il patriarca cattolico di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, percorreva l’America da una parte all’altra allo scopo di perorare la causa dello Stato palestinese e la soluzione dei due popoli-due Stati. Dunque la Chiesa di Terra santa appoggiava la richiesta palestinese al Palazzo di vetro, altrove il patriarcato cattolico del Libano lavorava per far saltare tutto.
I RAPPORTI TRA VATICANO E IRAN. La Santa sede, poi, interveniva all’Onu attraverso il suo “ministro degli Esteri”, monsignor Dominique Mamberti, che, senza esporsi troppo, chiedeva “scelte coraggiose” sulla questione palestinese. Ma in effetti una parola più chiara su tutta la faccenda, dal Papa, non è stata pronunciata in questi mesi. Sullo sfondo restano gli importanti rapporti diplomatici fra Santa sede e Iran; nel 2010 vi fu addirittura uno scambio di missive fra Benedetto XVI e Ahmadinejad.
Mercoledì, 05 Ottobre 2011