domenica 30 ottobre 2011

Benedetto XVI: "Olocausto colpa degli atei"


Benedetto XVI è riuscito a trasformare il meeting di Assisi, che doveva essere un'occasione di riflessione e dialogo (tant'è che aveva invitato anche quattro non credenti, ndr), nell'ennesimo attaco ateofobico: sarebbe "l'assenza di Dio" la causa sovrana della violenza, la negazione del divino “corrompe l'uomo, lo priva di misure, gli fa perdere l'umanità"; invece, l'uso della violenza in nome della religione sarebbe soltanto “un utilizzo abusivo della fede cristiana”.
Lo scrive la UAAR in un comunicato stampa, e per bocca del suo segretario, Raffaele Carcano, sottolinea che "in nome dell’ateismo non è stata mai combattuta alcuna guerra" (a differenza, per dirne una a caso, delle Crociate, ndr) e che "i paesi con il maggior numero di atei sono anche quelli dove il tasso di criminalità è minore".
Ma la chicca arriva ora, perché nei suoi esempi, il Pontefice porta anche i campi di concentramento come conseguenza dell'ateismo.
C'è di che strofinarsi le mani, per Carcano (senza offesa, ma io al suo posto non avrei creduto alla ghiotta occasione servitami su un piatto d'argento, ndr) e ricordargli come i campi “sono il frutto del millenario antisemitismo cristianoAdolf Hitler credeva in Dio, mentre gli atei erano fuorilegge durante il nazismo. Il motto della Wehrmacht era 'Dio è con noi'" e la stoccata finale "Ratzinger lo sa benissimo, avendo servito nell’esercito tedesco”.
E' finito il tempo in cui il Clero poteva permettersi di raccontare qualsiasi patacca al popolo bue, ignorante e servile. Se l'ateismo si va sempre più diffondendo nel mondo, cosa che ammette e preoccupa lo stesso Papa, è anche per colpa di questa Chiesa sempre più autoreferenziale, chiusa, arcaica, retrogada ed avversa al dialogo e all'apertura.
E sia chiaro, prima che qualcuno si senta offeso, non mi permetterei mai di criticare la Fede o la Religione, solo osservo come ancora una volta in sua vece si pretende di distorcere la realtà, di demonizzare chi non crede o crede in modo diverso.