martedì 3 maggio 2011

"INGIUSTO LICENZIAMENTO"



Il vescovo cattolico di Toowoomba, presso Brisbane in Australia, afferma di essere stato di fatto 'licenziato' da Benedetto XVI per disobbedienza dottrinale, per il suo sostegno all'ordinazione femminile e ad altre riforme liberali, dopo un'indagine di cinque anni fatta partire da un gruppo di fedeli in disaccordo con le sue posizioni progressiste.
Con un'iniziativa altamente inconsueta il vescovo William Morris, 67 anni, si è lamentato in una lettera ai suoi seguaci di essere stato costretto a un «pensionamento prematuro», affermando che gli è stata negata la «giustizia naturale» durante le indagini, rendendo insostenibile la sua posizione alla guida della diocesi.
Nel testo letto ieri a tutte le messe nella diocesi, anticipando l' annuncio che il Vaticano ha dato oggi, il vescovo Morris ha detto di aver deciso di ritirarsi perchè «è stato deciso da Papa Benedetto XVI
 che la diocesi sarebbe meglio servita dalla guida di un nuovo vescovo».
Il colpo di scena del popolare prelato ha suscitato un' incipiente rivolta in almeno alcune sezioni della Chiesa.
Molti dei fedeli dopo la messa sono usciti in lacrime dalla chiesa e un gruppo di sacerdoti ha convocato una riunione giovedì nella cattedrale di Toowoomba per considerare le iniziative da adottare, fra cui la possibilità di dimissioni di massa di sacerdoti. Nella sua lettera il vescovo Morris spiega che la decisione del Vaticano è scattata in seguito a lamentele trasmesse da suoi parrocchiani a Roma per una lettera di Avvento che egli aveva diffuso nel 2006.
Nel messaggio egli sosteneva che con la crisi delle vocazioni e un clero che sta invecchiando la chiesa dovrebbe essere aperta a tutte le eventualità, fra cui l' ordinazione di donne e di uomini sposati, il ritorno all'apostolato di ex sacerdoti e il riconoscimento della validità degli ordini anglicani, luterani e metodisti. Lo stile della dipartita del vescovo Morris è senza precedenti, avendo reso pienamente pubblico il suo disaccordo con il Vaticano. Negli anni passati i vescovi caduti in disgrazia si dimettevano citando ragioni di salute, oppure senza dare spiegazioni.
Giacomo Galeazzi - La Stampa