giovedì 24 marzo 2011

Dietro le quinte del Cristianesimo: le vere origini del culto cristiano ed i suoi effetti sulla società


Perdere un’ illusione può rendere più saggi che acquisire una verità.
Ludwig Borne.
Una delle benedizioni (o forse maledizioni) più provvidenziali per la salute sociale umana, è decisamente la difficoltà di far collimare immediatamente i dati a disposizione, specie qualora fossero sovrabbondanti e dispersi: e per quanto riguarda la collimazione dei dati del cristianesimo, occorre molto tempo, soprattutto perché è un argomento che abbraccia svariati campi. Per anni mi sono dedicato a questo compito con abnegazione e dedizione, reputandolo un obiettivo più importante di qualsiasi altro; ed il mio interesse in merito è stato d’utilità sociale ancorché di curiosità. Per tale motivo, malgrado avessi voluto evitarmi d’esprimere un parere finale
 su quanto vi ho illustrato, a questo punto credo che sarebbe scaturito comunque da solo, sia in me che in voi: il lettore mi perdoni, dunque, qualora mi fossi reso oltremisura “partecipato” nel giudizio stesso.
È evidente che la ricostruzione dei veri motivi e delle vere modalità formative di questa religione e dei suoi scritti, abbia rivelato che i pur esigui dati in nostro possesso siano stati combinati di modo da evitare che si potesse risalire direttamente alle figure codificate nei vangeli, che possono comunque essere resuscitate agevolmente tramite comparazione con fonti esterne. Ciò perché la vicenda è un complicato miscuglio di storia e mito, la cui maestria ha semplicemente dello straordinario: uno sforzo tra i più monumentali della letteratura d’ogni tempo, sebbene non del tutto riuscito.

In effetti, dopo aver riorganizzato i dettagli, mi resi subito conto di come non avesse torto Agostino, ad ipotizzare che la più angosciosa Spada di Damocle incombente sulla cristianità, implicherebbe trovare già una sola cosa falsa nei vangeli: e questo perché il cristianesimo è visibilmente un tipo di costruzione nella quale la rimozione di un qualsiasi mattone rischia di far crollare l’intero edificio.
Sarebbe irrispettoso credere che chiunque abbia ideato un progetto simile non sia stato parte di un circolo di letterati d’un certo rilievo, abbastanza preparati in questioni politiche, religiose e storiche, che poterono contare come alleato più sul monopolio dell’informazione che sullo Spirito Santo: ma dall’altro canto, proprio l’eccessiva sicurezza con cui formularono il sistema, confidando sull’autorità e sulla coercizione, fu l’ascia bipenne che, col passare dei secoli, ha lasciato intravedere le vere origini e finalità della storia cifrata di un movimento di ribellione, che alfine torna ad essere una mera cronaca di guerra, qualora discissa dagli argomenti carichi di pathos costruitivi intorno dalla teologia. Dovrebbe essere chiaro che il cristianesimo sia un sistema politico mistificato, ideato non già per dare un esempio d’altruismo tramite la vicenda del suo “fondatore”, bensì per tentare di controllare molto meglio la gente, all’insegna di un metodo al cui interno la Pax Deorum costituiva un mero comma dell’immortale apologo di Menenio Agrippa.
Penso che quei teologi che agirono immediatamente a ridosso della formulazione di questa grandiosa impostura avessero subodorato gran parte della realtà dietro le quinte, ma non riuscirono ad esimersi dall’assecondare il piano, vuoi per paura, vuoi per ignoranza, credendo che non ci fosse altro mezzo per salvare l’impero: erano anni di transizione, nei quali andava prendendo piede la coscienza del fatto che la tirannia avesse i giorni contati, e che in fondo, pur nella loro follia, i ribelli desideravano sovvertire un ordine iniquo. Il potere e la sopravvivenza sono obiettivi universali in ogni tempo e luogo, per soddisfare ai quali qualsiasi ideologia potrebbe essere plagiata a necessità demagogiche; pertanto non meravigliamoci se il più vizioso sistema di controllo di tutti i tempi sia scaturito dalla vicenda di un ribelle simbolico, sdoganato addirittura come un dio, a dispetto delle obiezioni della cultura di cui era originario.
Innalzare al rango divino una figura avversa al potere costituito, fu una tattica assai accorta di captatio benevolentiae, poiché questo tipo di personaggi risultano sempre graditi a quelle masse diseredate, che li difendono a spada tratta, ignare di difendere i garanti della loro schiavitù. A chiunque potrebbe parlare di congiure, diremo dunque che si trattò piuttosto di un gioco obbligato; la congiura, casomai, consisterebbe nel continuare a parlare di una favola strumentale come se si trattasse in tutto e per tutto di storia.
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Dunque, la società occidentale ha poggiato per secoli su un grandioso raggiro, ed i suoi cittadini – quelli stessi che si credono così probi, scaltri ed intelligenti nei “maneggi” di tutti i giorni – non riescono a capirlo immediatamente. E come potrebbero mai, se gli stessi uomini di chiesa non riescono a capacitarsi d’essere vittima di un sistema assurdo, che li ha costretti, per sopravvivere, a salmodiare come “parola di Dio” i versetti di un primitivo utensile demagogico? Anzi, la prima cosa che tiene entrambi lontani dalla consapevolezza, è il temere di sentirsi stupidi nell’aver abboccato generazionalmente all’amo, e probabilmente di perdere i benefici che derivano dalla persistenza di una società in cui, a questo punto, non il lavoro onesto, ma prevalentemente l’inganno e l’effimero risiedono alla base del patto di convivenza.
Da ben venti secoli si è stati formattati di padre in figlio, intessendo nella personalità uno spirito di abnegazione e bontà estrapolato da scritti che però implicano servitù: ma il cittadino perbene si è limitato a far spallucce, ritenendo impossibile che l’intera società sia vittima di una frode globale, e soprattutto di poter tornare indietro. La gente vuole solo star serena: già il semplice dubitare, le risulta fastidioso. In fondo, la questione è “cosa da preti”: ai quali tributano placidi parte del proprio reddito, prestano orecchio ai loro dettami, si riuniscono nei loro luoghi di culto e partecipano alle loro festività. Altri pensano che una cosa sono le istituzioni truffaldine, un’altra il dio che dicono di rappresentare: per cui, si dovrebbe ritornare ai “princìpi cristiani originari”. I più pensano che le religioni siano una “scelta personale”, ed il loro carattere fraudolento farebbe comunque parte “dell’economia di un sistema” nel quale si va avanti così da sempre, onde evitare che le cose possano peggiorare qualora la gente non avesse dei moniti inibitori, degli “ammortizzatori” per sfogare i problemi quotidiani e “preoccuparsi dei bisognosi”.
In effetti, mi rendo conto che, senza i dovuti preliminari, potrebbe riuscire comunque assai arduo asseverare la natura di tutta questa complicata operazione, che peraltro è stata ulteriormente diluita dietro graditissimi dogmi, festività, simboli e belle arti connesse al “sovrumano”, alle “radici culturali”, alla “morale”, al “bene”, al “sentimento”. E capisco anche che si esiterebbe ad ammettere i fatti perché, sebbene non si metteranno mai in perfetta pratica i dettami evangelici, la gente vorrebbe porre comunque qualche esempio da seguire alla base della società in cui vive, sentendo il bisogno di un’icona in cui incarnarli; pertanto, tenderebbe a perpetuare il “Gesù di Nazareth” raccontato in una storia “infallibile” scritta da “santi ispirati” e supportata da religiosi di mestiere, che recitano la loro parte per consolidare certi assetti, sussurrando che qualora questo idolo venisse smascherato, qualche altro marpione ne creerebbe subito un’altra variante.
Dicano ciò che vogliono: nessuna motivazione potrebbe mai giustificare il perseverare di un sistema che, nei suoi due millenni d’esistenza, ha avallato le azioni più infelici a copertura di un segreto di pubblico dominio minimizzato ogni qual volta la sporcizia tendeva a riaffiorare da sotto il tappeto della storia. Il problema non è tanto insito nel fatto che dietro Gesù si continui ad adorare ancora il Sole, bensì nella mistificazione, nel far passare un ribelle politico per un “dio creatore dell’universo incarnato”, nel lucrarci lautamente sopra e nell’utilizzarlo come strumento d’acquietamento delle “masse ignoranti”, giustificando, con i sofismi di raziocinatori incoscienti, un’agenda che pretenderebbe d’estendere addirittura a tutto il mondo la più incredibile impostura di tutti i tempi. La falsificazione è di per sé un impedimento morale tra i più grandi, perché implica mancanza di rispetto verso coloro ai quali la si è imposta come verità indubitabile, per oltre venti secoli.
La rimozione di una mistificazione come il cristianesimo non implicherebbe affatto inficiare i sentimenti ed il “bisogno di spiritualità”, che del resto sono stati asserviti ai e strumentalizzati dai dogmi elaborati sulla vicenda evangelica; né implicherebbe la distruzione delle radici culturali della società occidentale, che anzi sono state travisate proprio dal cristianesimo. Quanto alle festività, ai nomi, alle usanze, possono anche continuare ad esistere, se l’uomo non potrà proprio farne a meno; l’importante è capire che si tratti di ringraziamenti alla Natura o tutt’al più all’Universo, non già a fantomatiche divinità suicide, che minacciano di punire i dubbiosi “alla fine dei tempi”.
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Alla luce di quanto analizzato, ci sono almeno tre buoni motivi per cui i governi avrebbero dovuto liberarsi già da tempo del cristianesimo: storna danaro pubblico da fini più utili, con grave danno per l’economia, per la cultura e per la scienza, costituendo un notevole ostacolo al progresso; è intrinsecamente nocivo per via della sua ideologia di fondo; ed infine, è eticamente improponibile in quanto basato sul falso più di qualsiasi altra religione.
In nome di quale “libertà di pensiero” potrà ancora essere concepibile una menzogna? In che modo potremmo pensare ad una società autorevole, etica e seria, mirata al progresso, al ben convivere ed alla verità, se le sue stesse leggi, che dovrebbero sanzionare i raggiri e le prevaricazioni, non si sognano d’agire contro la più antica e nociva forma d’inganno dell’umanità? In che modo possiamo cercare buoni esempi dalla società, se essa stessa permette ancora che esistano e vengano mantenute (a sue stesse spese) concezioni del genere? In che modo possiamo pretendere di guidare oggettivamente delle nazioni, i cui governi vanno in crisi su punti programmatici relativi a una “morale” derivata da un perbenismo confacente agli interessi di oligarchie commerciali, devote ad una tradizione che ha snaturato l’identità di una cultura? Ed in che modo, infine, potremmo mai pensare d’arrogarci una funzione di consiglio morale, politico, economico, culturale addirittura per il mondo intero, additando la pagliuzza nell’occhio altrui, se prima non avremo visto il trave millenario nel nostro?
Viviamo piuttosto in una società dell’apparenza, della supponenza: di dottori, professori, monsignori ed onorevoli che credono in favole, imponendole con tutte le loro forze pure agli altri, volenti o nolenti. Gente che non ha mai dubitato: e se l’ha fatto per un solo attimo, li hanno riportati subito sulla “retta via”. Costoro cercano “metodi” e desiderano referti di “studiosi accreditati”, per “convincersi”; ma in realtà, si tratta di persone che non hanno alcuna intenzione di capire, poiché risultano impantanati all’interno di quella densa rete di sofismi imbastita appunto da “esperti”, che separa l’intelletto da dogmi tanto semplici quanto assurdi, e che proprio per questo necessitano di continue “interpretazioni”.
Hanno paura che un cambiamento possa recare alla coercizione, ma non considerano che proprio tramite coercizione e plagio il cristianesimo ha continuato a regnare per secoli. Allo stato attuale delle cose, la persistenza delle superstizioni organizzate continua a costituire il vero impedimento per lo sviluppo oggettivo della specie umana, che nessuna forma di benessere derivato riuscirà mai a giustificare, perché sarebbe comunque un benessere effimero ed elitario, in quanto prodotto di una società falsata. A cosa servirà cercare ancora le cause dei problemi dell’umanità, quando si sarà stati incapaci di vedere che quelle veramente efficienti risiedono in fattori ritenuti insospettabili o addirittura vantaggiosi? Equivarrebbe a potare di continuo i rami di un albero rinsecchito, senza voler notare che le sue radici affondano in un terreno mai bonificato sin dagli albori della civiltà.
È necessario dunque che tutti i cittadini responsabili facciano la loro parte affinché l’Italia torni ad essere effettivamente faro del progresso del mondo civile, denunciando la mistificazione cristiana, di cui è epicentro, per ciò che essa realmente è, senza alcun timore. Non esiste nulla che l’uomo – adattabile per eccellenza – non riesca ad ammortizzare: una civiltà impostata su basi ottimali non ha nulla da temere, specie in una società di diritto come quella moderna, nella quale le garanzie del progresso e dell’ordine avrebbero dovuto essere incarnate ab antiquo soltanto dalla legge e dall’istruzione, anziché da fiabe strumentali. L’Italia, forte del suo passato glorioso, che è quello di una Classicità soffocata che grida ancora vendetta, non ha bisogno di illusioni, ma di legalità; il benessere non è garantito dalla fede, ma dal lavoro di quell’uomo di buona volontà che fatica non meno di quanto sogna; il comportamento civile non è espressione del credere in un dio, ma della consapevolezza d’essere tutti uguali quanto a natura; l’armonia non è espressione della divinità, ma della coscienza del fatto che tutto, prima o poi, giunge a un termine.
Se è possibile rilevare tutte queste evidenze, sarà altrettanto lecito pensare che non sussista alcun motivo per fingere di disconoscere i fatti ad oltranza: si tratta principalmente di una questione d’onestà nei propri confronti, prima ancora che di giustizia storica.
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Desidero concludere rivolgendo un appello ai lettori. So già che il problema nell’andare “controcorrente” consiste nel fatto che alla lunga ci si potrebbe stancare osservando che i più pensano d’essere nel giusto e vogliano a tutti i costi “redimerti”, rimanendo sordi all’evidenza; ma è indispensabile cercare di tenere a mente la verità, ed essere quanto più sereni nel vivere insieme agli altri senza sensi di colpa, soprattutto se certuni vi criticano allo scopo di guadagnarvi alla “ragione” della fede.
Chi ha scritto i vangeli si è premurato di blindare il suo inganno ammonendo i fedeli di resistere a tutti i costi ai “falsi profeti”. Per ripagarli con la stessa moneta, vi suggerisco la medesima cosa, ma in nome di princìpi più veri: tenete duro, perché non c’è alcun dio qui fuori, e non c’è alcuna punizione da temere per le proprie azioni, fuorché quella della nostra stessa coscienza e delle leggi dell’uomo. Nessuno, fuorché una società avara e timorosa, potrà mai punirvi per aver azionato debitamente il cervello: e questo stesso accadrà soltanto se le permetterete di farvi questo torto gratuito.
Dunque tenete duro, e cercate di dare una svolta alla storia, per voi e per chi verrà dopo di voi: è la miglior cosa, l’unica cosa che potreste fare, se davvero aspirate al progresso e ad una società più serena, equa ed evoluta.


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