mercoledì 16 marzo 2011

SE LO DICE LUI...PAROLA DEL PAPA


di Piergiorgio Odifreddi.
Finalmente oggi esce il secondo volume del Gesù di Nazaret del papa. Mi precipiterò a comprarlo e leggerlo, anche perchè la copertina riporta la sconvolgente dichiarazione: “Il Signore è veramente risorto. Egli è il vivente”. Firmato, Benedetto XVI.
Cosa voglia dire “veramente”, il papa l’ha spiegato con precisione nella prefazione all’intera opera, in cui dichiarava di voler “presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”. Dunque, per Benedetto XVI “veramente” significa non ciò che sta scritto nei libri di storia, ma ciò che sta scritto nei Vangeli. E’ chiaro che, con questo criterio, qualunque religione può decidere cos’è successo “veramente”, sulla base della propria mitologia. E il metodo storico, dove va a finire? In soffitta, per i motivi spiegati dallo stesso Benedetto XVI nella stessa prefazione.
Anzitutto, “i progressi della ricerca storico-critica condussero a distinzioni sempre più sottili tra i diversi strati della tradizione.
Dietro di essi, la figura di Gesù, su cui poggia la fede, divenne sempre più nebulosa, prese contorni sempre meno definiti”.
E poi, “come risultato comune di tutti questi tentativi è rimasta l’impressione che, comunque, sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo in seguito la fede nella sua divinità abbia plasmato la sua immagine. Questa impressione, nel frattempo, è penetrata profondamente nella coscienza comune della cristianità. Una simile situazione è drammatica per la fede perchè rende incerto il suo autentico punto di riferimento”.
In altre parole, evangelicamente, Benedetto XVI giudica l’albero dai suoi frutti. E poichè i frutti della storiografia portano a una “drammatica” decostruzione del cristianesimo, per ricostruire quest’ultimo egli rimuove semplicemente l’intero albero, e con esso il principio di realtà.
Addirittura, nel suo commento alle tentazioni di Gesù il papa parte dall’osservazione che “il diavolo si rivela conoscitore della Scrittura”, per concludere che “l’interpretazione della Bibbia può effettivamente diventare uno strumento dell’Anticristo”.
Il papa ribalta dunque l’ordine logico delle cose, declassando quelle che dovrebbero essere le tesi fondamentali del cristianesimo a mere ipotesi. Che vengono fatte riposare unicamente sull’osservazione che “solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù avevano superato radicalmente tutte le speranze e le aspettative dell’epoca, si spiega la sua efficacia”.
Analogamente, nella sua famosa Introduzione al cristianesimo Benedetto XVI aveva ammonito che “forse dovremmo fidarci di più dell’attualità della fede che resiste ai secoli, fede che per sua stessa natura non ha voluto essere altro che un comprendere”.
La debolezza di questi argomenti sta nel fatto che essi si potrebbero applicare, nello stesso identico modo, per rivendicare la verità storica e teologica di qualunque altra religione che abbia avuto altrettanta efficacia, e la cui fede abbia resistito altrettanti secoli. In primis, l’induismo e il buddhismo, che possono vantare una storia altrettanto veneranda e un insegnamento altrettanto sapienziale del cristianesimo. Anzi, molto di più.
Privilegiare la fede alla storia spinge invece, mi sembra, a un doppio errore: la sottovalutazione delle religioni altrui, e la sopravvalutazione della propria. E il Gesù di Nazaret cerca infatti di supplire al difetto di prove storiche con un eccesso di affermazioni apodittiche e di aggettivi superlativi, che paiono mirare più all’indottrinamento che alla dottrina.
Leggiamolo pure, dunque, se ci interessa sapere cosa pensa il papa di Gesù, e se siamo sensibili alle iperboli letterarie. Ma non aspettiamoci da lui che ci dica ciò che è “veramente” successo, benchè questo sia ciò che promette di fare fin dalla copertina.
10 mar 2011