sabato 26 marzo 2011

La lunga lotta delle eresie cristiane


Tutte le eresie cristiane, sino a quella iconoclastica compresa, si posero l'obiettivo di ridurre i presunti aspetti "divini" del Cristo o, al contrario, di accentuarli al punto da rendere insignificanti quelli umani. In una maniera o nell'altra, rifiutando il concetto di "divinoumanità", si aveva la pretesa di contestare i poteri costituiti.
La più importante di tutte, nel primo mezzo millennio, fu quella ariana, che si diffuse ampiamente tra le popolazioni germaniche (esclusi i Franchi, i quali infatti permisero alla chiesa romana di crearsi un proprio sacro romano impero, in alternativa a quello ufficiale di Bisanzio). L' arianesimo, negando la consustanzialità del figlio di dio, obbligava la chiesa a stare sottomessa al sovrano,
 il quale rivendicava l' origine divina della propria autorità: non a caso molti imperatori bizantini cercarono a più riprese, ma senza successo, di dirsi ariani.

Le eresie cristiane o erano troppo giudaizzanti, quando negavano al Cristo, in nome di un dio assoluto e onnipotente, qualunque identità o esclusiva figliolanza divina, oppure erano troppo paganizzanti (platonizzanti), quando riducevano a un nulla la sua dimensione umana (così come appare nella predicazione paolina e ovviamente in buona parte dei vangeli canonici, che da quella dipendono).
Le loro controversie cristologiche oggi ci appaiono del tutto insignificanti. Basta vedere le motivazioni per cui è nata una delle eresie più importanti, la nestoriana.
Nestorio, patriarca di Costantinopoli, sosteneva essere improprio definire Maria "madre di dio": al massimo poteva dirsi "madre di Cristo". Apparentemente sembrava una semplice questione terminologica, che oggi avremmo risolto dicendo che non tutte le definizioni possono essere prese alla lettera e che quelle usate sensu lato o metaforico possono essere accettate senza per questo venir meno alla propria fede.
Quella volta invece la banale controversia divenne immediatamente una questione di stato: alcune province dell'impero bizantino, sostenute dalla chiesa romana, cominciarono a ribellarsi all'imperatore Teodosio II. Chi cominciò a parlare di eresia vera e propria fu Cirillo, vescovo di Alessandria, che qualche anno prima aveva fatto massacrare la filosofa pagana Ipazia e molti seguaci dell'ebraismo.
Egli convocò a Efeso, nel 431, un concilio (preteso ecumenico) e, senza la presenza di alcun nestoriano, chiese e ottenne la loro scomunica. Naturalmente i nestoriani scomunicarono, a loro volta, Cirillo e i vescovi egiziani di quel concilio, ma senza esito pratico. Con molti e preziosi doni Cirillo convinse Teodosio II a deporre Nestorio. Questi, prima d'essere incarcerato o esiliato chissà dove, si rifugiò in Arabia, ove morì. Da qui poi il nestorianesimo, condannato di nuovo al concilio di Calcedonia (451), si diffonderà in Irak, Persia, India e Cina. Da quella controversia nascerà anche la chiesa copta di Eutiche, che si consoliderà in Siria, Armenia ed Egitto. Da allora non vi è più stata alcuna riconciliazione tra queste chiese.
Pare che Maometto abbia conosciuto il cristianesimo proprio attraverso il nestorianesimo, tant'è che dopo di lui i califfi si mostrarono tolleranti verso questa corrente cristiana.
II
Nessuna eresia ebbe mai il coraggio di negare l' esistenza di dio. I pochi intellettuali che si professavano atei erano del tutto estranei al cristianesimo. Una volta accettato il battesimo, era impensabile ragionare come se dio non esistesse (il groziano etsi daretur non esse deum). Era proibito professare una fede diversa da quella cristiana, figuriamoci non professare alcuna fede.
A partire dall' imperatore Teodosio fu vietato qualunque culto non cristiano, anzi qualunque culto (anche cristiano) non stabilito dai canoni. Gli atei erano malvisti e facilmente venivano accusati di immoralità. Già ai tempi di Socrate era così, e la cosa andò avanti per tutto l'impero romano, ove dagli atei si pretendeva ugualmente un formale atto di culto nei confronti dell'imperatore o delle divinità della patria o della città di appartenenza.
Gli atei "espliciti", cioè quelli che iniziarono a contestare la chiesa di stato rinunciando a una riforma di tipo religioso ma promuovendo esclusivamente idee laiche, apparvero per la prima volta con la rivoluzione francese.
Gli atei "impliciti" invece li vediamo già al tempo dell' Umanesimo (in Italia addirittura con le opere di Telesio, Bruno e Campanella, che non a caso la chiesa mise all' Indice). Un certo cripto-ateismo, in ambito cattolico-romano, si può rintracciare persino in quei teologi medievali che avevano riscoperto l' importanza dell' aristotelismo e che discutevano sul valore degli "universali".
Proprio a cavallo tra l'alto e il basso Medioevo si verificò una svolta decisiva nel modo di porsi dell' eresia cristiana. Infatti alle astrazioni trinitario-cristologiche subentrarono le forme ante-litteram del socialismo democratico elaborate dai cosiddetti movimenti pauperistici, i quali non negavano più la divinoumanità del Cristo, ma la pretesa che la chiesa potesse rappresentarla adeguatamente.
Le eresie medievali aspiravano a rinnovare il cristianesimo standoci dentro. Erano eresie i cui contenuti dovevano servire per dare maggiore coerenza alla pratica ecclesiale (corrotta dal potere politico ed economico). E non furono un fenomeno interno alla sola chiesa romana, ma anche a quella ortodossa: il paulicianesimo, composto di contadini, plebi cittadine e schiavi, era nato in Asia Minore nel VII secolo e il bogomilismo, che ispirò gran parte delle eresie basso medievali dell'occidente latino, comparve nel X secolo.
III
Quando nacque il cristianesimo petro-paolino, che si poneva come forma ereticale del giudaismo ortodosso, e che di fatto era eterodosso anche nei confronti dello stesso messaggio originario del Cristo (che non aveva nulla di mistico), gli eretici (p.es. i cristiani giudaizzanti) non venivano perseguiti legalmente soltanto perché le comunità cristiane non erano ancora abbastanza forti.
La chiesa allora si limitava a scomunicarli, cioè a estrometterli dalla comunione fraterna, e tutto finiva lì. San Paolo anzi aveva detto, in 1 Cor 11, 19, "oportet et haereses esse" (le eresie sono necessarie per verificare chi è di provata virtù).
I veri problemi subentrarono quando la chiesa pretese dallo Stato una professione di fede, cioè di schierarsi ideologicamente, e soprattutto quando essa cominciò a servirsi dello Stato come di un proprio braccio secolare, al fine di allestire processi giudiziari e di comminare sentenze capitali contro eretici e scismatici.
E quando questo ruolo persecutorio i sovrani lo rifiutavano o semplicemente non volevano sottomettersi ai diktat del papato, facilmente quest'ultimo ricorreva alla scomunica come arma politica, svincolando così i sudditi di quei sovrani da qualunque forma di obbedienza.
La storia cos'ha dimostrato? Che gli Stati confessionali, alla lunga, non reggono, risultano deleteri alla stessa fede, in quanto, negando la libertà di coscienza, ottengono delle reazioni anticlericali più dannose della stessa coercizione (il famoso compelle intrare agostiniano), che produce soltanto un'adesione formale, simulata, alla fede.
IV
Le eresie, per quanto innumerevoli siano state (Filastrio di Brescia, nel 385, ne contava già 156), non si sono mai poste come una speculazione teologica fine a se stessa. Gli eretici erano intellettuali che si facevano portavoce di interessi non religiosi ma socioeconomici, e che attraverso una critica della religione dominante, si mettevano in luce con tutto il loro movimento popolare, facendo pressioni di tipo politico sul papato.
La più grande eresia cristiana, quella che ha avuto maggiore successo è stata il protestantesimo (evangelismo): Lutero e soprattutto Calvino si posero al servizio delle classi borghesi sorte in epoca moderna.
Va detto tuttavia che per la chiesa ortodossa la maggiore eresia cristiana è stata in realtà quella cattolico-romana, che a partire dalla modifica del Credo con l'inserimento del Filioque, ha stravolto una tradizione consolidata (la processione dello spirito dal padre e dal figlio rendeva il figlio titolato come il padre e quindi la chiesa che lo rappresentava si riteneva superiore all'imperatore, mentre a Bisanzio il sovrano derivava la propria autorità direttamente da dio e non dalla chiesa). In tal senso gli ortodossi ancora oggi considerano il protestantesimo una variante moderna del cattolicesimo, una sua estremizzazione individualistica e intellettualistica.
Le ultime eresie cristiane "pauperistiche", quelle favorevoli al "proletariato", si sono formate nel Novecento, sotto l'influenza delle teorie socialiste, utopistiche e scientifiche: modernismo, catto-comunismo, cristianesimo per il socialismo, teologia della liberazione ecc., i cui intellettuali furono generalmente scomunicati o comunque emarginati e ridotti al silenzio.
Oggi eresie di tal genere non s'incontrano più semplicemente perché chi vuole impegnarsi a favore dell'umanesimo, della democrazia, del socialismo... non può restare dentro la chiesa, cattolica, ortodossa o protestante che sia. E chi vi si pone fuori, parte generalmente dal presupposto, nell'interpretare una figura come quella di Gesù Cristo, ch'essa non abbia alcun elemento sovrannaturale.
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