domenica 24 aprile 2011

NEGROMANZIA


Altro argomento riguardante la superstizione che, come si sarà notato, non è distinguibile da altre credenze, è la negromanzia. La parola, di origine greca, è costruita da due termini, l'uno (manteia) sta per divinazione, l'altro (necroz) sta per morto. Negromanzia significa quindi prevedere il futuro con l'aiuto dei morti. Niente di male se vi sono persone che ritengono di poter cogliere qualche cosa che le consoli da interpretazione di sogni in cui compare un caro estinto che magari gli fornisce un terno al lotto. Questa etimologia è ricavata dal cristiano Isidoro di Siviglia(18). Il fatto è che il termine è stato violentato dalla cultura cristiana che lo ha fatto diventare qualcosa di occulto, tremendo, in cui, come no ?, entrano i diavoli da protagonisti. Basta far discendere il necro- anziché dal termine greco da quello latino niger(19) che vuol dire nero (con richiamo al nero del lutto per i morti). Ma il nero è un colore lugubre, tra l' altro associato alla notte,
 al buio degli inferi, delle tenebre che accompagnano la morte. Ed ecco che con imperce
ttibili modifiche semantiche si passa da una innocua divinazione alla magia nera. I riti non sono più individuali ma collettivi, delle vere e proprie messe, le messe nere. Hanno luogo di notte ed in essi vengono evocati i defunti. Vi è anche un arredo horror: pipistrelli, upupe, teschi, colori che vanno dal nero al rosso sangue e fiamme dell'Inferno, abiti costituiti da tuniche sataniche con cappucci che lasciano il viso in ombra ... Raul Glaber (circa 980 - circa 1047) nelle sue Historiarum libri quinque (1047) ci fornisce un racconto di negromanzia che riguardava delle visioni avute, nella notte della festa della Trinità, presso il Priorato di Sélestat da Vulferio di Montiers Saint-Jean e da un vassallo della famiglia Staufen. Schmitt racconta così la visione di Vulferio:
nella notte della domenica della Trinità, vide la chiesa del suo monastero riempirsi di uomini vestiti di bianco e di porpora, guidati da un vescovo che diceva di essere «il vescovo di parecchi popoli»; questi personaggi affermavano di venire in quel giorno per partecipare alla celebrazione liturgica dei monaci. A Vulferio, stupito della loro presenza, spiegarono che erano dei cristiani morti nella guerra contro i Saraceni; camminando verso il regno degli eletti si erano fermati in quella regione per unirsi ad alcuni altri compagni. In effetti il loro vescovo, quando il rito ebbe termine, fece dare il bacio di pace al monaco Vulferio che capì di non aver più molto da vivere ... Raul il Glabro racconta anche come, una domenica sera del 1014, un prete, stando alla finestra, vide arrivare dal Nord un esercito di cavalieri che, in ordine di battaglia, procedevano verso l'Occidente. Li chiamò, ma essi disparvero. Anche in questo caso il prete, in lacrime, capì che sarebbe morto entro l'anno. Raul non si pronuncia su queste apparizioni fantastiche che, per il lettore, mntengono la loro misteriosa ambivalenza ...
Più di un secolo più tardi alla porta del priorato alsaziano di Sainte-Foy di Sélestat, un cavaliere vassallo degli Staufen, protettori del monastero, ebbe una visione analoga: vide una torma di pellegrini vestiti completamente di bianco, poi una di cavalieri interamente in rosso. Uno di questi ultimi lo informò che i pellegrini in bianco erano morti in peccato, ma le offerte fatte a Santa Fè li avevano salvati dalla dannazione; quelli in rosso, invece, morti in battaglia senza aver fatto penitenza, sarebbero stati precipitati quella sera stessa «in una montagna presso Nivelles». Quando l'apparizione svanì, il cavaliere contrassegnò il luogo con due pietre e si affrettò a far penitenza.
        La negromazia, come accennato, era una delle possibili forme della magia, quella chiamata nera, volta al male e resa efficace con l'aiuto dei diavoli. Era in contrapposizione alla magia bianca che invece era rivolta al bene con l'aiuto di angeli. Ma queste due forme di magia non esaurivano tutta l'offerta magica. Vi sarebbero da considerare anche la magia simpatetica o omeopatica che utilizza immagini o oggetti (amuleti e talismani); la magia da contatto che consiste nella preparazione di pozioni e filtri magici con ingredienti più o meno naturali; l’incantesimo che agisce tramite parole o formule magiche; la divinazione praticata con l'astrologia, la cartomanzia, la cristalloscopia, il presagio o la preveggenza. Non è pensabile trattare tutto. E' preferibile soffermarsi ancora sulla negromanzia per capire meglio.
        Sulla negromanzia vi sono molte storie fantastiche ed orride ma poco si sa sul fatto che questa forma di magia nera era praticata da chierici. Leggiamo cosa dice in proposito Kieckhefer:
Giovanni di Salisbury, nel Polycraticus, racconta una sua esperienza di gioventù. Studiava il latino con un prete, usando i Salmi come testo; ma il suo maestro era un adepto della cristalloscopia divinatoria, e abusava del suo mandato facendo partecipare Giovanni e un altro allievo più grandicello a queste pratiche. Spalmava sulle unghie dei fanciulli un certo unguento sacro, al fine di far apparire, riflesse sulle unghie, immagini rivelatrici; oppure usava come superficie riflettente una lucida bacinella. Dopo certi «riti magici preliminari» e la debita unzione, il prete pronunciava dei nomi «che ispiravano orrore, e mi sembravano, sebbene fossi un bambino, appartenere a esseri demoniaci». L'altro allievo diceva di vedere «certe figure indistinte», ma Giovanni non vedeva nulla, e fu giudicato inadatto a quest'arte. Giovanni prosegue dicendo che tutte le persone da lui conosciute che si dedicavano a queste pratiche erano state punite, nel corso degli anni, con la cecità e altre afflizioni. Salvo due eccezioni, il prete suo maestro e un altro; costoro si erano entrambi pentiti e avevano abbracciato la vita monastica, ma anch'essi erano stati puniti in qualche modo per i loro trascorsi.
Che dire di questo ricordo di Giovanni di Salisbury, sul prete che recitava nomi di demoni? Era frutto di immaginazione infantile o di un difetto di memoria? Si potrebbe pensarlo; senonché il manuale di magia demoniaca conservato nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera contiene istruzioni dettagliate per evocare i demoni appunto nel modo descritto da Giovanni, e per lo stesso scopo. La magia del manuale di Monaco è esplicitamente demonica, e non c'è ragione di dubitare che tali fossero anche i riti del maestro di latino di Giovanni, Evidentemente abbiamo qui un esempio della negromanzia che sembra fiorisse in certi ambienti ecclesiastici medioevali.
Il racconto in questione non è il primo indizio in Occidente della conoscenza di queste pratiche. Un secolo prima, Anselmo da Besate aveva messo insieme una serie di accuse contro suo cugino Rotilando, Erano accuse intese come esercizio retorico, e non vanno prese necessariamente sul serio come accuse contro Rotilando in particolare; ma d'altro canto non si può escludere che Anselmo volesse fare un quadro verosimile, e certo nei secoli successivi accuse analoghe furono formulate in tutta serietà. Rotilando sarebbe andato fuori città di notte con un ragazzo, lo avrebbe sepolto fino alla cintola, e tormentato con acri vapori; recitando frattanto una formula che cominciava così: «Come questo giovinetto è qui prigioniero, così le fanciulle siano prigioniere del mio amore", Parte dell'incantesimo era in «parole ebraiche, o piuttosto diaboliche» (ma i caratteri raffigurati nel manoscritto sono in realtà lettere greche più o meno alterate). Per vendicarsi di questo trattamento, il ragazzo ruba il «quaderno di negromanzia» di Rotilando; e questi, per ricuperarlo, evoca «con arte diabolica» un morto. Il negromante commette poi un altro misfatto in compagnia di un medico saraceno o musulmano, servendosi della mano di un morto per entrare di frodo in una casa; e lo si accusa anche di assassinio. Questo racconto non prova nulla, ma solleva un quesito: la negromanzia era praticata già nell'XI secolo? e abbiamo qui la rielaborazione fantasiosa di un'esperienza reale?
Giovanni di Salisbury e Anselmo da Besate parlano entrambi di negromanzia, nel senso che questa parola aveva comunemente nel basso e tardo Medioevo. In origine la parola significava divinazione (mantèia) mediante l'evocazione degli spiriti dei defunti (nekròi). Circe è la classica negromante della tradizione greco-romana, e la maga di Endor è la negromante archetipica della Bibbia. Gli scrittori medievali, nell'interpretare queste storie, partivano tuttavia dal presupposto che non si possano richiamare in vita i morti: era in realtà un demone ad assumere l'aspetto del defunto a fingere di essere quella tale persona, Per estensione, quindi l'evocazione di demoni fu detta negromanzia; e questo era il senso comune del termine negli ultimi secoli del Medioevo. La negromanzia zia era magia esplicitamente demonica. Altre forme di magia potevano essere considerate implicitamente demoniche, e anche chi portava un amuleto o pronunciava un incantesimo poteva essere sospettato di magia implicitamente demonica. Ma il negromante invocava direttamente i demoni o il Diavolo stesso, e lo faceva usando i loro nomi, consueti o meno.
La formazione di un sottobosco clericale
Chi erano i negromanti? Nelle leggende e davanti alla legge, l'accusa di negromanzia colpiva soprattutto i chierici. Dicendo che i negromanti erano chierici si dice, però, una cosa inevitabilmente imprecisa, perché il termine «chierico» ... aveva molti significati [...]
Anche i monaci entravano a volte in questa sorta di sotto bosco clericale. Fin dal primo Medioevo la maggior parte dei monaci in Occidente erano anche preti. Nei monasteri in cui vigeva una disciplina rigorosa e un'attenta sorveglianza, i monaci erano ligi alla preghiera e alle loro oneste fatiche, ma in un monastero bisognoso di riforma si dedicavano a volte a occupazioni meno pie. A Firenze un monaco, di nome Giovanni di Vallombrosa (XIV secolo), aveva un vivo interesse per i libri, e nei suoi primi anni in monastero passava giorno e notte a leggere. Sfortunatamente finì per prediligere libri poco ortodossi, imparò l'arte della negromanzia e si diede a praticarla in segreto. A un certo punto gli altri monaci si accorsero di questo suo interesse; egli dapprima negò, poi fu costretto ad ammettere la sua colpa. Fu rinchiuso per parecchi anni in una segreta, da cui uscì malandato di corpo e a stento in grado di camminare, ma pentito e votato alla solitudine come disciplina spirituale.
La negromanzia aveva adepti anche tra i frati. Certi presunti negromanti alla corte dell'antipapa Benedetto XIII (1394-1423) pare fossero in contatto con tutto un gruppo di maghi francescani nella Francia meridionale. Un teologo francescano, Gilles Vanalatte, fu incaricato di procurarsi dai musulmani un libro di magia.
Lo stesso Benedetto era accusato di farsi istruire nell' arte negromantica, e di usare un famigerato libro di magia intitolato La morte dell'anima; una volta, a quanto si racconta, fu trovato un libro di negromanzia nascosto nel suo letto. In questo intrigo sarebbero stati coinvolti anche il priore generale di un ordine monastico militare e un giovane monaco benedettino!. Contro tutti costoro non ci sono prove consistenti, e si è tentati di pensare che le accuse fossero artefatte; ma non c'è nulla di improbabile nel fatto che gente della loro condizione coltivasse arti magiche di vario genere, negromanzia compresa.
La negromanzia era praticata senza dubbio anche da laici. Scongiuri negromantici compaiono a volte in libri di carattere medico, e questo potrebbe indicare che essi fossero usati da chierici interessati alla medicina o da medici laici. Per lo più, tuttavia, sembra che questi maghi fossero chierici in un senso o nell'altro.
Che cosa hanno in comune tutti questi gruppi: preti diocesani, uomini e ragazzi provvisti degli ordini minori, monaci e frati? A noi qui interessa soprattutto il fatto che tutti avevano almeno una certa cultura, e per loro questa cultura era una cosa pericolosa. La nozione basilare dei riti esorcistici, e forse la conoscenza di immagini astrologiche e di altre specie di magia, poteva portarli a sperimentare l'arte di evocare gli spiriti. Se avevano accesso ai libri nefandi di negromanzia, ed erano abbastanza curiosi per sperimentarli, tanto bastava perché entrassero a far parte di questo sottobosco clericale. I membri di questa consorteria erano senza dubbio legati più dalla affinità di scopi che da vincoli formali o durevoli; certo, nulla sta a dimostrare che essi fossero organizzati come gruppo.
La letteratura morale rappresenta spesso la negromanzia come un vizio di gioventù, a cui gli adepti rinunciano in età più matura, ma che lascia il segno nel resto della loro vita. Il riformatore domenicano Johannes Nider (m. 1438) racconta di un certo Benedetto, sulla vita del quale abbiamo notizie anche da altre fonti. Da giovane questo Benedetto era noto come giullare, mimo e negromante; «di statura gigantesca e di aspetto spaventevole», conduceva vita dissoluta e si ispirava a «libri demoniaci di negromanzia». Poi le preghiere della sorella lo strapparono dalle fauci dei demoni. Penitente, si presentò a vari monasteri chiedendo di essere accolto, ma il suo aspetto e la sua nomea lo rendevano inviso. Finalmente un monastero di Vienna gli aprì le porte, ed egli acquistò fama per la sua santità e la sua predicazione; tuttavia per il resto dei suoi giorni fu molestato dai demoni. Qualunque sia il fondamento storico di questo racconto, nelle mani di Nider esso diventa una sorta di esempio morale a doppio taglio: afferma che anche un negrornante ha la possibilità di salvarsi, ma segnala i pericoli duraturi derivanti da una giovinezza dedita a questa iniquità.
È impossibile dire, nei singoli casi, se le leggende e i documenti legali abbiano un fondamento reale. Non sappiamo con certezza se Giovanni di Vallombrosa praticasse la negromanzia; forse il suo abate giudicò male studi più innocenti di astrologia, o altre conoscenze occulte. La negromanzia di Benedetto, di cui Nider parla con orrore, forse non esorbitava dai trucchi della magia prestigiatoria. Ma le istruzioni per la negromanzia autentica sopravvivono, e le postille marginali che le commentano indicano che qualcuno coltivava queste pratiche. La natura delle istruzioni, che presuppongono una certa padronanza del latino e delle forme rituali, indirizza il sospetto verso il clero. Leggende e accuse giudiziarie erano verosimili, anche se imprecise; individuavano il tipo giusto di persone, se non i singoli colpevoli.

Il modo di operare di un negromante ci viene ancora descritto da  Kieckhefer:

Formule e riti per l'evocazione degli spiriti
L'inquisitore domenicano Nicolau Eymerich (1320-1399) aveva evidentemente ampi contatti con negrornanti. Nella sua Guida degli inquisitori egli dice di aver confiscato ai maghi in persona libri come il Tesoro di negromanzia di Onorio il Negrornante e la Tavola di Salomone, e, dopo averli letti, di aver fatto bruciare questi libri pubblicamente. Le sue conoscenze in materia furono accresciute dalle confessioni fatte a lui e ad altri inquisitori dai negrornanti. I libri di costoro insegnavano numerose forme di magia proibita: battesimo di immagini, fumigazione della testa di un morto, evocazione di un demone in nome di un demone più potente, iscrizione di caratteri e segni, invocazione di strani nomi, commistione dei nomi di demoni con quelli di angeli e santi in preghiere blasfeme, fumigazioni con incenso o aloe o altre piante aromatiche, bruciamento dei corpi di uccelli e animali, getti di sale nel fuoco, e molte altre cose. Se in alcune di queste pratiche era implicito il culto dei demoni, in altre esso era più esplicito: i negromanti si genuflettono e si prostrano in onore dei demoni, promettono loro obbedienza e si consacrano al loro servizio, cantano salmodie in loro onore, e offrono in sacrificio non solo animali ma il proprio sangue. Nell'esercizio della magia demonica praticano una sorta di ascetismo: digiunano, si macerano, e osservano la castità con l'intento perverso di onorare i demoni. Sempre per reverenza verso i demoni, si vestono di nero o di bianco.
Non possiamo supporre che Eymerich inventasse di sana pianta queste accuse. Quando dice di aver letto i libri dei negrornanti, non abbiamo ragione di pensare che menta. Altri autori ortodossi, come Jehan de Gerson, che sembra anch'egli bene informato su questa materia, confermano in gran parte le sue parole; e Cecco d'Ascoli (arso sul rogo nel 1327 per eresia) dà ampie informazioni sulla negromanzia pur professando di condannarla. Comunque sia, alcuni testi negromantici sono giunti fino a noi. Il manuale di Monaco è un ottimo esempio del tipo di documenti di cui si occupava Eymerich; descrive una quantità di operazioni magiche, che secondo l'uso corrente del tempo chiama «esperimenti». Materiali simili o identici si trovano anche in altri manoscritti, almeno in forma frammentaria. Eymerich confiscava questi materiali in Spagna, e sappiamo di casi analoghi almeno in Italia, Germania, Francia e Inghilterra. Guglielmo d'Alvernia dice di aver visto da studente a Parigi, all'inizio del XIII secolo, libri apparentemente dello stesso genere. In Italia un inquisitore fece bruciare un libro di «figure diaboliche», perché non se ne potessero trarre altre copie. Nel 1277 l'arcivescovo di Parigi condannò «libri, rotoli e opuscoli contenenti negromanzia o esperimenti di stregoneria, invocazioni di demoni, scongiuri pericolosi per le anime».
Coloro che ricorrevano alla negromanzia erano legione. Uno scongiuro del manuale di Monaco, per esempio, serve a convocare un demone che darà al negromante, senza sforzo da parte sua, la perfetta padronanza di tutte le arti e scienze. Evidentemente l'autore era uno studioso ricco d'ambizione ma non molto diligente. In generale, però, gli scopi di questa magia rientrano in tre categorie principali. In primo luogo, essa è usata per influire sulla mente e sulla volontà altrui: per far impazzire qualcuno, per infiammarlo d'amore o di odio, per guadagnarne il favore, o per costringerlo a fare o non fare una certa cosa. Si possono coartare non solo gli esseri umani, ma anche gli spiriti e gli animali. La negromanzia è usata di rado per colpire il corpo, ma può portare a un malessere fisico oltre che mentale. Un manoscritto di Reims del XII secolo, per esempio, contiene un scongiuro che impone ai demoni di affliggere la vittima in modo che non possa dormire, mangiare, bere, né fare altre cose. È molto probabile, tuttavia, che qui, come in casi simili, lo scopo sia di affliggere la vittima in vista di un fine ulteriore: di impedirle di dormire, mangiare, eccetera, finché non si sottometta alla volontà del negromante.
In secondo luogo, il negromante può creare illusioni. Può creare l'illusione di un battello o di un cavallo che lo porterà dove egli desidera; può far apparire uno splendido festino, con tavole imbandite e trattenimenti. ... Altrettanto illusorio è l'uso della negromanzia per risuscitare i morti: un anello consacrato, messo al dito di un defunto, basta a convocare sei demoni a turno, ognuno dei quali anima il corpo per un giorno, facendo sì che si alzi e che parli. Lo stesso anello, messo al dito di un vivo, lo farà sembrare morto fino a quando l'anello non sarà tolto.
Il terzo scopo principale della negromanzia è discernere le cose segrete, passate, presenti o future. Il manuale di Monaco dà istruzioni particolareggiate per la negromanzia divinatoria, che corrispondono a puntino al racconto di Giovanni di Salisbury. Ci sono formule per ritrovare oggetti rubati, per identificare un ladro o un assassino, per sapere se un amico sta male o sta bene, se è in viaggio o no, e in genere per conoscere ciò che si ignora. Le informazioni desiderate sono fornite da spiriti, che appariranno a un fanciullo (eccezionalmente a una fanciulla) vergine, in un cristallo, in uno specchio, sulla lama di una spada, sulla scapola di un ariete unta di grasso, o sull'unghia del fanciullo. Oppure, se lo scopo è di identificare un ladro, il ladro stesso apparirà sulla superficie riflettente. Una «ricetta» indica ciò che il fanciullo deve dire quando sull'unghia gli appare uno spirito in forma di re: inviterà lo spirito a scendere da cavallo e a sedere sul trono; gli chiederà se ha fame, e in tal caso suggerirà di mandare a prendere un montone da mangiare: quando il re ha pranzato, lo inviterà a togliersi la corona, a mettergli la mano destra sul capo e a giurare di dire la verità. Forse un lettore medievale non trovava nulla di comico nell'idea di un fanciullo che discorre a questo modo con un'immagine illusoria apparsagli sull'unghia; forse ne era invece inorridito o affascinato, o tutte e due le cose. In un altro caso, lo scongiuro mira a ottenere in sogno la visione di «angeli», che diano notizia di cose passate, presenti e future.
Le tecniche negromantiche possono essere molto complesse, ma si basano su pochi elementi principali: cerchi magici, scongiuri, sacrifici.
        Un aspetto di grande interesse nella pratica rituale del negromante riguarda l'azione che deve essere uno scimmiottamento al contrario di quanto avviene nei rituali cristiani. La cosa è raccontata da Cortesi:
Per il negromante, i morti sono soltanto strumenti di potere; egli li convoca e li usa per i suoi orrendi scopi, senza alcuna misericordia. L'evocazione dei morti avviene nella notte di Natale: in spregio alla nascita di Gesù, si fa rivivere temporaneamente un cadavere, secondo il principio che sta alla base della magia nera: il rovesciamento della fede cristiana.
Mentre il sacerdote eleva l'ostia, il mago china il capo verso terra ( = la parte opposta al cielo, dunque più lontana da Dio) e sussurra senza farsi sentire: «Exsurgent mortui et ad me veniunt!» (Risorgano i morti e vengano a me!). Poi, il mago lascia la chiesa ed entra nel cimitero; davanti ad una tomba recita la formula dannata: «Potenze infernali voi che portate il turbamento in tutto l'universo, lasciate la vostra cupa dimora e andate di là dello Stige!».
Quindi, incrocia sul petto due tibie e ordina:
«Ego sum,te peto et videre queo!» (Io sono, ti esigo e posso vederti !). A questo punto, il morto appare ed è costretto da successivi scongiuri ad eseguire gli ordini del negromante.
Perché ci si rivolgeva alla magia nera? Qual era lo scopo di chi, non esitava a manipolare carogne putride, sangue marcito, grasso di cadavere e altri materiali ripugnanti? Il fine della magia era sempre contro qualcuno: ad esempio, si poteva causare - così credevano - la malattia, il deperimento, la morte di una persona.
Ma se la magia demonica non era che una variante della ancestrale violenza umana, perché non la si puniva come un "normale" crimine? Perché si temevano più i negromanti che gli assassini di strada o gli stupratori? Perché, insomma, la magia divenne un mondo a sé nella dottrina della chiesa e nelle sue leggi penali?
La magia diventò straordinariamente pericolosa quando iniziarono i primi movimenti ereticali, per cui la chiesa di Roma, temendo di perdere il dominio delle coscienze, vide pericoli gravissimi ovunque e accomunò nella persecuzione e nell'esecrazione eretici e maghi.
Al papato non importava molto se il rifiuto della propria autorità veniva da un cataro o da una strega; la colpa era una sola, era la medesima: sottrarsi al potere e all'ideologia della chiesa cattolica. La punizione era una sola, la stessa: la morte col fuoco.
Occorreva individuare precisamente il colpevole per colpirlo, per fermare al più presto la minaccia che costituiva; magia ed eresia erano due gravissimi pericoli per la chiesa, che li distinse nell'intento di riconoscerli e di colpirli con la massima severità.
Il potere cattolico non pensava più di dover affrontare una sciocca credulità di povera gente, ma di combattere una mostruosa insidia che proveniva dal cuore stesso di Satana.
Il mago era diventato, con l'eretico, il pericolo numero uno della chiesa. La ricerca ossessiva delle partes adversae (nemici della chiesa) portò, ovviamente, alla loro moltiplicazione, perché non c'è nulla che crei tanti colpevoli quanto l'ampliare la casistica del codice penale ...
Attorno al 1270, la Summa de officio inquisitionis compilata dal vescovo Benedetto di Marsiglia aggiunse ai suoi capitoli contro gli eretici quello «sulla forma e metodo per interrogare maghi e idolatri».
La Practica inquisitionis haereticae pravitatis dell'inquisitore domenicano di Tolosa Bernardo Gui testimonia che, nel XIII secolo, si riconosceva la pratica di utilizzare l'ostia consacrata rubata per farne incantesimi. Tale colpa veniva punita - e Gui riporta una sentenza vescovile in proposito - con la segregazione a vita in carcere; il condannato poi doveva indossare un vestito che portasse cucito sul petto e sulla schiena un' ostia in feltro giallo.
La profanazione dell'ostia era l'elemento principale dell'odio cattolico verso gli ebrei, e il fatto che questa colpa venga attribuita anche ai maghi prova, ancora una volta, che la magia venne temuta e perseguitata quando se ne definì la vicinanza con l'eresia.
Poiché è stata introdotta l'ostia come elemento magico, vale la pena soffermarci sull'uso che dei sacramenti venne fatto. Il crisma, l'olio misto a profumo che viene utilizzato nei sacramenti del Battesimo, era sempre tenuto sotto chiave perché molto ricercato per le ordalie e le cerimonie occulte. Anche l'Agnus Dei che simboleggia lo stesso Gesù, era utilizzato per invocazioni magiche e/o superstiziose. E la cosa riguardava non normali contadini ignoranti ma lo stesso Papa. Urbano II (1040-1099) inviò all'Imperatore greco Alessio un agnus dei con il seguente messaggio di accompagnamento:
Unito alla purezza dell'olio santo, l'agnello che ti invio quale no ile regalo forrma un balsamo, come se fosse nato da una fonte e consacrato con mistica solennità. Caccia i lampi provenienti dall'alto e annulla i peccati come il sangue del nostro Salvatore. Le donne incinte sono protette e il loro parto è felice. Alle persone degne porta regali. Distrugge la forza del fuoco; protegge chi ha il cuore buono e lo salva dai flutti
L'Eucarestia si iniziò ad utilizzare a fini magici, per filtri d'amore, per malefici, per proteggersi, intorno alla metà dell'XI secolo. Una donna che, fatta la comunione, avesse trattenuto l'ostia in bocca ed avesse poi baciato un uomo, lo avrebbe legato a sé per sempre. Ma Dio veglia ed a volte, come raccontava Papa Alessandro III (1159-1181), essa si incollava sulla lingua della donna per non staccarsi mai più. Un uso smodato dell'ostia sembra fosse delle prostitute che volevano legare qualcuno a sé ma anche delle streghe che con l'ostia facevano unguenti per il volo notturno. L'innocuo oggetto, se sciolto in una bevanda e fatto bere, era in grado di ammazzare ogni nemico e di fare abortire. L'ostia aveva anche incredibili poteri magici (rendeva invulnerabili, impediva l'annegamento, provocava guarigioni, proteggeva i raccolti ed il bestiame di chi la possedeva, garantiva la ricchezza e proteggeva i beni che uno possedeva,  ...) e gli stessi uomini di Chiesa ne facevano immondo commercio (altro che la profanazione delle ostie fatta da eretici ed ebrei !). Era anche un possente rimedio per aumentare fertilità e virilità. Vi erano anche credenze incredibili. Se un fucile fosse stato caricato con un'ostia e per mirare fosse stato poggiato su un crocifisso, non avrebbe mai sbagliato la mira. Anche qui venne l'ordine di tenere le ostie sotto chiave.
        Ma continuiamo a seguire lo scritto di Kieckhefer:
Gli scongiuri del manuale di Monaco invitano ripetutamente gli spiriti a comparire in aspetto gradevole e non minaccioso. Il testo concomitante dice che quando essi compariranno, sarà sotto la forma di un re, di uno stuolo di servitori, di un gruppo di marinai, di un uomo nero, o soprattutto di un cavaliere. Un manoscritto tedesco del XV secolo, conservato a Praga, dice che il Diavolo verrà sotto l'aspetto di un cane nero, e risponderà a tutte le domande.
Oltre agli elementi visuali e orali, c'erano quelli operativi: gli atti compiuti dal negromante, in particolare sacrifici e riti simpatetici. Nel manuale di Monaco, il negromante invoca gli spiriti a un crocicchio con il «sacrificio di un gallo bianco», che egli li supplica di accettare. In un altro esempio, bisogna portare sul luogo dello scongiuro una upupa prigioniera; a un certo punto dell'operazione i demoni chiederanno questo uccello, e quando essi avranno giurato di obbedirgli il negromante glielo darà. (Il manuale di Monaco dice esplicitamente che l'upupa «ha grande potere per i negromanti e gli evocatori di demoni», e quindi viene usata spesso per i loro scopi. Alberto Magno conferma questa testimonianza, dicendo che il cervello, la lingua e il cuore dell'upupa sono preziosi per gli incantatori.) Uno scongiuro contenuto in un manoscritto dell'inizio del XIII secolo, ora a Parigi, dà istruzioni criptiche che sono state decifrate e tradotte così: «Prendi un pipistrello e sacrificalo con la mano destra; con la mano sinistra cavagli il sangue dalla testa». Era credenza diffusa che i demoni (come gli spettri della letteratura classica) fossero attirati dal sangue, specialmente dal sangue umano; quindi, secondo Michele Scoto, i negromanti usano spesso acqua mista a sangue, o vino somigliante al sangue, «e sacrificano carne di persona vivente, per esempio un pezzetto della propria carne, oppure di un morto ... sapendo che la consacrazione di uno spirito in un anello o in una bottiglia si può effettuare solo compiendo molti sacrifici»(20).
Di solito, dunque, si sacrificava un animale, ma a volte si offrivano ai demoni altre sostanze. Poteva essere necessario spargere nell' aria latte e miele, oppure mettere cenere, farina, sale e altre cose in vasi da collocare dentro il cerchio magico. Il manoscritto di Praga invita i maghi a offrire in «dono» ai demoni: carbone, pane, formaggio, tre chiodi da calzolaio, orzo e sale.
Quando la negromanzia fa uso di immagini, si tratta di solito di magia simpatetica: l'azione svolta nell'immagine viene trasferita alla persona raffigurata. Per esempio, una magia d'amore può richiedere che si scrivano i nomi di demoni sull'immagine della donna vagheggiata, perché i demoni l'affliggano finché essa non si sottometterà alla volontà del negromante. I demoni rappresentati simbolicamente nell'immagine saranno realmente presenti nella donna. Per ottenere il favore di un alto personaggio il mago intaglia un'immagine di costui, con una corona se è un re, o con altri simboli di potere a seconda dei casi. Poi fa una seconda immagine che rappresenta lui stesso, e scrive su queste immagini i nomi delle persone rappresentate. Lega una catenella di ferro al collo dell'immagine del potentato, mette l'altro capo della catena in mano all'immagine propria, e fa inchinare l'immagine del potentato davanti all'immagine propria; e via dicendo.
Spesso queste operazioni simpatetiche sono accompagnate da formule incantatorie esplicative. Il negromante che vuole suscitare odio fra due amici, scalda sul fuoco due pietre (che rappresentano le vittime), poi le getta in acqua fredda e le percuote una con l'altra. Ciò facendo dirà: «io non batto queste pietre, ma X. e Y., i cui nomi sono scritti qui». Una ricetta di magia amorosa contiene la formula: «come il cervo brama la sorgente, così X. brami il mio amore, e come il corvo brama i cadaveri, così ella mi desideri, e come la cera si scioglie al fuoco, così lei desideri il mio amore».
In tutte queste operazioni è indispensabile la segretezza. Il manuale di Monaco ammonisce più volte il negromante di tenerle segrete, perché esse hanno un «grande» o «ineffabile» potere. Altrettanto importante è condurre le operazioni in un luogo nascosto, e custodire con cura il libro «in cui è contenuto tutto il potere». Nel Libro delle consacrazioni, un testo incorporato nel manuale di Monaco e che troviamo anche altrove, si ingiunge a chi lo usa di tenerlo ben nascosto, per non farlo cadere in mano agli «stolti».
Se vuole ripetere un' operazione, il negromante in certi casi deve rifare ogni volta tutta la cerimonia. In altri casi, invece, può far giurare ai demoni, la prima volta che appaiono, di venire in futuro ogni volta che li chiamerà. Può far sì che i demoni «consacrino» un certo oggetto, che gli consentirà di chiamarli successivamente. Anche un cerchio magico può essere consacrato in questo modo; o una briglia, che servirà a richiamare uno spirito sotto forma di cavallo.
Da quanto si può ricavare la negromanzia risulta una fusione tra differenti pratiche magiche, astrologiche ed esorcismi. La magia astrale è di provenienza islamica mentre gli esorcismi sono europei, in uso tra cristiani ed ebrei.