domenica 17 aprile 2011

GIORNO A DIR MESSA, NOTTE NEI CLUB GAY: LA DOPPIA VITA DEI PRETI IN VATICANO



Il libro "Sex and the Vatican" svela i lati oscuri della Chiesa tra festini e sadomaso.
In un locale del Testaccio c’è un party privato interamente maschile. Sul palco, due cubisti. In jeans tagliati cortissimi, formato perizoma, con le cerniere aperte. Ballano. Poi trascinano sotto i riflettori uno del pubblico. Dirty dancing a tre in variante omo, con lui che fa la parte dell’hot dog. Tutto normale?
Beh, insomma. Lui, un francese, ha appena celebrato la messa del mattino presto nella basilica di San Pietro e per un anno ha cantato per Benedetto XVI. Ed è lì con vari colleghi, nascosti negli angoli bui a darsi da fare, un italiano, un tedesco, un brasiliano...

Sembra una barzelletta sconcia. Invece è routine. Come scopre presto, infiltrandosi nel mondo delle chat

per omosessuali, delle saune piene di dark room, del Gay Village e delle basiliche dove ogni tanto i marchettari «passano a fare il bancomat», il giornalista di Panorama Carmelo Abbate. Che confeziona subito, nel luglio 2010, un’esplosiva inchiesta su “Le notti brave dei preti gay” da undercover reporter, tra incontri sadomaso, blasfeme messe con tanto di comunione post coitum, fellationes in sacrestia e usi impropri del calice, che fa il giro dei media di tutto il pianeta, costringendo il vicario del papa a diffondere una nota ufficiale in cui si ammette l’esistenza di comportamenti indegni. E che adesso la amplia ad altre città italiane e ad altri Paesi, alle suore lesbiche e alle doppie vite a sfondo eterosessuale, ma non ai casi di pedofilia su cui ormai la bibliografia è in drammatica crescita, nel libro Sex and the Vatican (Piemme, pp. 420, euro 18,50) in uscita il 19 aprile (il 21 anche in Francia per i tipi di Michel Lafon).
Il quadro che ne esce è sconcertante, le cifre sconfortanti. Secondo lo psichiatra Richard Sipe, ex benedettino, «se dovessimo eliminare tutti quei preti che hanno tendenze omosessuali, il numero sarebbe così alto che risulterebbe una bomba atomica». Negli Usa il 48% dei preti sarebbe gay; in Austria il 22% avrebbe relazioni con donne; il 41% di preti brasiliani ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali; The Guardian ha parlato di mille casi di figli di preti cattolici; in Spagna il 20% del corpo sacerdotale sarebbe costituito da preti sposati; in Italia un sondaggio di Gay.it dice che il 37% degli intervistati ha avuto un approccio sessuale con uomini di Chiesa. Ma dinanzi a tutto questo il Vaticano, finché non scoppia lo scandalo, chiude entrambi gli occhi, preferisce non vedere e non agire, se non con un inutile trasferimento: la reputazione prima di tutto, a costo di pagare profumatamente il silenzio.
Tra parroci con una passione per gli extracomunitari, risse per i favori di una neovedova, molestie telefoniche a bambine e squallidi ricatti, missionari in Africa che abusano delle suore e poi le fanno abortire, fa quasi tenerezza don Contraddizione (così, dato il contesto ingenerosamente, lo chiama Abbate), che, all’insegna del si non caste, tamen caute, rimorchia in discoteca e ha una decina di rapporti occasionali all’anno, talvolta con prostitute.
Non mancano poi scene boccaccesche. Basti citare i poliziotti che scoprono in un’auto ferma sull’autostrada Napoli-Caserta una coppia che fa sesso anale. Solo che lui è un sacerdote, lei una parrocchiana che deve sposarsi dopo pochi giorni e arrivare vergine al matrimonio e l’auto è intestata al futuro marito... O quella che vede scoperti nel 2003, a causa di una rapina subita, padre Dominique Wamugunda e Martha Karua, ex ministro della Giustizia del Kenya e candidata alle presidenziali...
Finché il cattolico Abbate resta cronista, il suo lavoro è impeccabile. Epperò, quando cerca di interpretare i fatti che racconta, trasformandosi (nonostante le dichiarazioni di umiltà) in storico e in teologo o addirittura stendendo il povero Sant’Agostino sul lettino dello psicoterapeuta; quando fa assumere alle sue pagine l’aspetto di uno spot per l’eliminazione del celibato, legge umana e non divina, dando la parola ai progressisti (il suo nume tutelare è Hans Küng) e agli esponenti della Teologia Pluralista della Liberazione; quando ventila l’ipotesi che la confessione sia nata «come forma di controllo sulle coscienze da parte delle autorità religiose»; quando sembra applaudire alla nascita della Iglesia Cristiana Esenia che accoglie sacerdoti gay, suore lesbiche e religiosi sposati; allora stona.

Soprattutto, dà fastidio, almeno a chi scrive (non credente, ma forse troppo tradizionalista), l’equivalenza di fondo che Abbate pare instaurare tra le varie “deviazioni”, tra chi si innamora di una donna e magari ci fa figli e chi si dedica a festini gay ogni sera, tra una “sana” storia alla “Uccelli di rovo” e il parrocco che spesso e volentieri entra ubriaco e drogato nella stanza delle suore, si spoglia, si masturba e le costringe a rapporti completi, tra la suora che distribuisce preservativi nel Terzo Mondo e il cappellano collezionista di cd porno gay, abituato ad andare nei motel con i gigolò e a divertirsi con classico cetriolo, mazza da baseball e palo dell’ombrellone. Non è giusto mettere tutti quanti in un unico calderone, magari in nome di quel politicamente corretto che spinge l’autore a dichiararli vittime del Vaticano cattivo.
di Miska Ruggeri
16/04/2011