venerdì 8 aprile 2011

LA SCIENZA, LA MODA, LA FEDE…



Angiolo Bandinelli.
Cosa può esservi di più mutevole della moda, mutevole per antonomasia? Nulla. E invece no, potremmo dover cambiare idea, e addirittura arrivare a concludere che ancor più mutevole della moda è la scienza. Impossibile, direte voi. Eppure non c’è giorno che non ci venga segnalato qualche significativo cambiamento, qualche stravolgimento in teorie ritenute inattaccabili. Fino a ieri, chi avrebbe mai potuto sostenere che le glaciazioni non sono dipendenti dalla quantità di riscaldamento solare subito dal nostro pianeta? Oggi sembra provato che tra i due fenomeni non c’è un nesso causale: meno male, potremo almeno tranquillizzarci un po’, si allontana il rischio di veder sciogliere le calotte polari per via dell’aumento della temperatura terrestre.
Ma la stampa ci porta notizie ancor più straordinarie. In America, nell’Indiana, è apparso un ragazzino, Jake, dotato di un precoce, straordinario talento matematico. Risolve problemi di calcolo ardui e sofisticati e attualmente, dopo aver piantato la scuola

- dove si annoiava - segue un corso di astrofisica avanzata. Il suo QI è altissimo. Con il candore dell’innocenza (o la spregiudicatezza di un baro?) afferma di nutrire seri dubbi sulla validità della teoria einsteinana della relatività. I suoi calcoli sembra siano a uno stadio assai avanzato, anche se lui afferma di voler cercare le prove definitive circa la bontà della sua tesi. Di geni precoci non ne mancano. Alcuni di essi, dopo essere stati esibiti da mamme in fregola dinanzi ad un pubblico in visibilio, si sono persi per strada, altri hanno continuato a brillare anche quando non più sfruttati dagli avidi genitori. Il ragazzino americano pare faccia sul serio, non ci resta che attendere che cresca e consolidi la sua teoria.

Per la scienza sarebbe un terremoto. E non solo per la scienza. Intorno alla teoria del relativismo einsteiniano si sono imbastite chiacchiere a non finire: quella teoria, valida solo nell’ambito delle sue osservazioni sperimentali, ha finito col diventare, associata alle idee di Darwin, Nietzsche, Freud, ecc., il volano di quella cultura filosofica, sociale ed etica, che marchia negativamente il nostro tempo, dicono. Una volta che essa fosse popperianamente “falsificata” dal geniale ragazzino, visto che Darwin, Nietzsche e Freud sono stati da tempo smascherati, a difendere il relativismo scientifico resterebbe la teoria dell’indeterminazione di Heisenberg: ”…Le leggi naturali non conducono ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere (…) è piuttosto rimesso al gioco del caso.”. Una tesi impeccabile, ma troppo tecnica e asettica per eccitare professori di filosofia, giornalisti, letterati o teologi.

La vicenda del ragazzino americano offre il destro per qualche (maliziosa) riflessione. Se dovessimo accettare che la scienza, come la volatile moda, è sovvertibile nelle sue più consolidate affermazioni, potremmo prima o poi arrivare a scoprire che, per esempio, la teoria del big bang è sballata e che l’universo non è stato creato dal nulla, ex nihilo; è invece increato e non ha confini di spazio né di tempo. Potrebbe venir fuori addirittura che, essendo spazio e tempo curvi e correlati l’un l’altro, il cosmo è insieme infinito e riducibile a un punto geometrico. Paradosso, assurdità? Oggi, sicuramente, assurdità. Ma intanto proviamo un pizzico di ansia nell’attesa, oltre che del ragazzino americano, dei risultati dell’esperimento Icarus avviato nei laboratori del Gran Sasso. Le ricerche di Icarus riguardano i “neutrini”, particelle subatomiche dalle proprietà straordinarie, e mirano a gettare nuova luce su quella che gli scienziati chiamano “materia oscura”, la componente - pare - più importante e diffusa dell’universo fisico. Lo studio della “materia oscura” potrebbe scompaginare l’intera concezione del cosmo, sarebbe una nuova rivoluzione copernicana.

Dobbiamo convenire che, nel rapporto tra fede e scienza, almeno fino ad oggi la scienza è quella che conduce le danze, impone i suoi parametri. La fede ha esultato quando è nata la teoria del big bang, nella quale vedeva una conferma delle proprie affermazioni sulla creazione: il mondo, l’universo, era totalmente identificato con la materia risultante dal big bang e - come è stato scritto - “caratterizzata dalla tabella degli elementi chimici di Mendeleiev”. Che succederebbe se Icarus rivelasse che la materia visibile è solo una parte dell’universo, ben altrimenti riempito da questa “materia oscura”, fino ad oggi a noi poco nota? Prima di Galileo, la fede è stata aristotelica; ha accettato Galileo e Copernico e vi ha costruito sopra una nuova teologia; ha disputato con la relatività di Einstein senza però riuscire a scovare un valida teoria da contrapporgli; quando è apparsa la tesi del big bang creatore ha potuto finalmente rilassarsi. Ma se arrivassimo ora a scoprire che l’universo a noi conosciuto è solo uno spicchio di uno più gigantesco, costituito in massima parte di una diversa e “oscura” materia dalle caratteristiche oggi ignote? Che capriole dovrebbe fare la fede del creazionista per adeguarsi all’ultima verità scientifica?

(*) da “Il Foglio”


http://notizie.radicali.it/articolo/2011-04-07/editoriale/la-scienza-la-moda-la-fede