lunedì 26 settembre 2011

PAPA RATZINGER E IL MONOLITE DELLA DOTTRINA


Papa RatzingerGIAN ENRICO RUSCONI.
Basta la simpatia comunicativa per rimettere in moto la fede, per rilanciare un solido dialogo ecumenico, per ricominciare un dialogo con il mondo laico che da tempo si è interrotto?
In realtà il viaggio di Papa Ratzinger in Germania si conclude con il paradosso di un successo mediatico che nella sostanza lascia le cose come stanno.
Rimane infatti l’ immobilismo teologico, l’ immobilismo dottrinale sui grandi temi dell’ etica personale, sessuale e familiare che sono quelli che toccano in profondità milioni di credenti. Non è una curiosità cronachistica che tra le autorità tedesche che hanno ricevuto cordialmente il Pontefice c’è il Capo dello Stato, cattolico, divorziato e risposato, il sindaco di Berlino cattolico, gay dichiarato e impegnato per il pieno riconoscimento giuridico 

 a tutti gli effetti dell’ omosessualità, e la cancelliera figlia di un pastore evangelico, a sua volta divorziata e risposata. E tutti sono sinceramente aperti verso la religione, cui riconoscono un decisivo ruolo pubblico - proprio come dice Ratzinger - salvo dissentire su questioni che il Pontefice ritiene cruciali. È tutto un equivoco? O è un punto che merita una riflessione?
In Germania accanto alle voci critiche di semplici cittadini, c’è un forte gruppo di teologi professionali, che da tempo pubblicamente espongono le loro obiezioni e fanno proposte innovative ben argomentate - dalla questione del celibato, alla posizione della donna nella struttura della Chiesa o l’accesso all’eucarestia dei credenti divorziati. Per tacere del dibattito sulle questioni bioetiche che influisce anche sulla legislazione (come ha mostrato la recente risoluzione del parlamento tedesco sulla diagnosi pre-impianto). Ma non mi risulta che Papa Ratzinger in questi giorni abbia riconosciuto, sia pure indirettamente, la legittimità e la rilevanza di queste discussioni.
Si obietterà che il Pontefice non poteva «scendere» sul terreno di questi argomenti. Ma questa è una strana obiezione per chi dice di porre il discorso della fede al centro della vita, del vissuto quotidiano. Diciamo semplicemente che da questo Pontefice, che pure ha mostrato una straordinaria, toccante ed efficace reazione allo scandalo della pedofilia, non ci si può attendere sui temi etici ricordati sopra alcuna innovazione teologica o anche soltanto il minimo scostamento dalla dottrina tradizionale. La percezione della crisi della Chiesa nel mondo occidentale - di cui pure il Papa ha parlato espressamente - richiede secondo Ratzinger «un rinnovamento della fede», non modifiche strutturali o dottrinali. E lo ha ripetuto in Germania che è la nazione europea di tradizione cristiana dove è più viva - anche grazie al pluralismo confessionale - una riflessione teologica e religiosa non conformistica.
In realtà dietro all’immobilismo dottrinale della Chiesa cattolica c’è un intuizione paralizzante: anche i problemi minori (il riconoscimento delle coppie di fatto, un mutamento di atteggiamento verso i credenti in posizioni familiari «irregolari» o l’accettazione della omosessualità) spingono verso una riconsiderazione antropologica della «natura umana» tale che, presa sul serio, fa saltare tutta la costruzione su cui poggia la dottrina tradizionale. Ma su questo punto la Chiesa non è capace di innovazioni che implicherebbero un atteggiamento diverso verso le moderne scienze dell’uomo e un rapporto nuovo verso la laicità. La laicità in particolare, lungi dall’essere riconosciuta nella sua piena legittimità e autonomia, viene declassata nella semplicistica e strumentale distinzione e contrapposizione tra laici (autorizzati dalla Chiesa) e laicisti (tutti gli altri).
Ma torniamo nel campo della fede, ad un tema cruciale della visita papale in Germania: il rapporto ecumenico, in particolare quello tra confessione cattolica e confessione luterana ed evangelica. Anche qui si è rivelata tutta la personalità di Ratzinger. Schietto e convincente nel riconoscere la grandezza spirituale di Lutero, ma insieme intransigente nel mantenere gli insuperabili confini dogmatici che storicamente da quella storica grandezza sono sorti - in modo irreversibile.
Negli incontri tra la Chiesa evangelica e il Papa molti si auguravano ingenuamente un gesto religioso rivoluzionario: la celebrazione comune della Cena eucaristica. Non so come si sia potuta creare questa aspettativa che la dice lunga sulla crescente lontananza di sensibilità tra i semplici fedeli e le gerarchie ecclesiastiche, qualunque motivazione teologica queste possano addurre. Ma non c'è dubbio che una Cena eucaristica comune avrebbe dato un duro colpo a tante altre certezze teologiche su cui la Chiesa cattolica ha costruito storicamente la sua identità.
La reazione degli evangelici, in particolare dei rappresentanti più alti della loro Chiesa, è stata articolata. Molti hanno espresso delusione, altri invece hanno riconosciuto comunque nel comportamento del Pontefice un altro passo avanti verso l’ecumenismo.
Guardando con occhio laico a questa vicenda, non è facile trarre conclusioni. Le Chiese, a prescindere dalla denominazione confessionale, sono spesso solidali tra loro sui grandi temi bioetici, quando ad esempio fanno fronte comune contro quelli che considerano i possibili deragliamenti delle biotecnologie. Ma su altri temi attinenti la sessualità (del tipo di quelli citati sopra) ci sono significative differenze tra loro. Soltanto la Chiesa cattolica si presenta dottrinalmente come un monolite soprattutto nelle sue condanne - quasi esistesse una linea perversa continua che va dalla contraccezione all’uso selvaggio delle biotecnologie, passando per l’omosessualità considerata comunque una patologia. Gli atteggiamenti pastorali più comprensivi e i correttivi tacitamente introdotti nulla tolgono alla sostanziale inadeguatezza dottrinale che deve fare i conti con situazioni insostenibili, con il rischio di mettere a repentaglio gli stessi fondamenti teologici da cui presuntivamente fa discendere la dottrina morale.
Diverso - anche se molto differenziato - è l’atteggiamento delle Chiese riformate che rimangono tuttavia solidamente ancorate al presupposto della centralità e della autonomia della coscienza individuale e della sua responsabilità. Se le cose stanno così il dialogo tra le Chiese in Occidente ha davanti a sé ancora una lunga strada accidentata.