domenica 25 settembre 2011

BIANCANEVE E I 7 ANTIPAPISTI


CardinaliUn report segreto e al vetriolo sui dissidi nella chiesa tedesca e su chi li pilota. 
Le stanze vaticane non parlano, sussurrano, tutto sta nel saperle ascoltare” ripetono i diari del decano dei vaticanisti Benny Lai specificando, tuttavia, che l’ascolto “è fatto di tante cose”. Ci sono i chiacchiericci degli uscieri, gli sguardi degli officiali, le mezze parole dei monsignori e i silenzi dei cardinali. E poi ci sono le lettere anonime, velenose e per nulla edificanti. E poi, un po’ meno grezzi di queste ma pur sempre senza alcuna patente di ufficialità, i report segreti fatti circolare tra i vari curiali da mani sempre molto interessate. L’ ultimo in ordine di tempo ha un nome fiabesco, “Biancaneve e i sette nani”, e nonostante in molti, giustamente, si rifiutino di prenderlo per oro colato è riuscito, pochi giorni prima della partenza del Papa 

 per la Germania, a turbare il sonno di non pochi monsignori: e se fosse tutto vero?
Biancaneve è il ministro dell’ Istruzione e vice di Angela Merkel alla guida della Cdu, Annette Schavan, la quale, assieme ad altri sette deputati della Cdu (appunto i sette nani), ha rivolto un appello a Benedetto XVI affinché abolisca il celibato sacerdotale e ammetta l’ ordinazione di uomini sposati. Biancaneve, coi suoi sette amici, sarebbe, secondo il report, una delle tante “marionette” di importanti prelati tedeschi che da tempo remano contro il Pontefice portando parte della chiesa tedesca, fedeli, teologi e vescovi assieme, a chiedere, non senza l’applauso dei media, continue riforme in stile liberal. Non solo l’ abolizione dell’ obbligo del celibato sacerdotale, ma anche l’ammissione delle donne prete, nuove misure per i divorziati risposati, lo spostamento dell’asse di governo da Roma alle chiese locali. Il report fa nomi e cognomi. A capo della “cricca antiromana”, così viene chiamata, ci sono il gesuita Hans Langendörfer, segretario della Conferenza episcopale tedesca, il gesuita Klaus Mertes, rettore del ginnasio Canisius di Berlino e il portavoce della stessa conferenza episcopale Matthias Kopp. Sono loro a gestire le politiche della chiesa, “usando monsignor Robert Zollitsch come fosse anch’egli una loro marionetta”.
Zollitsch è un presule che ha sempre avuto una sola idea chiara e da questa idea, nel limite del possibile, ha cercato di non discostarsi mai: meglio recitare un rosario piuttosto che dare un’intervista. Un’idea che per molti non sfigurerebbe come suo motto episcopale. Quest’uomo di preghiera, dotato di una fiducia illimitata in Dio, che nomina Maria solo con il titolo “Mater Ter Admirabilis” – Madre tre volte mirabile”, proprio questa persona è diventata nel 2008, per volere dei suoi confratelli vescovi, capo della Conferenza episcopale tedesca al posto del potente cardinale Karl Lehmann. “Ma questo incarico prevede anche compiti politici” ricorda il report. Così continua il report segreto: “Ci vuole diplomazia per tenere le ventisette diocesi tedesche su una comune posizione; occorre sensibilità politica per rappresentare venticinque milioni di cattolici davanti al cancelliere e ai primi ministri del paese. Ed è per questo motivo che quando Zollitsch è stato portato in questo incarico molti osservatori si sono mostrati stupiti: Zollitsch? Possibile?”. Ma poi, “osservando i primi sei mesi di Zollitsch alla guida dell’episcopato, hanno compreso che il vero motivo per il quale egli è stato eletto è proprio il fatto che non è un presule politico, in quanto non è in grado, in sostanza, di portare avanti una linea politica sua. Deve essere guidato, gestito. Basta guardare cosa avvenne nel gennaio 2010. La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva messo in discussione la collocazione del crocifisso nelle aule scolastiche di tutto il continente. E’ un tema sul quale la chiesa cattolica, anche quella tedesca, avrebbe potuto avere molto da dire, ma Zollitsch in merito non ha fatto altro che tacere. Quando poi diverse personalità europee si sono messe insieme per contrastare la decisione della Corte e hanno chiesto esplicitamente l’appoggio di Zollitsch, egli si è visto obbligato a intervenire seppure in modo blando. I suoi consiglieri, infatti, gli hanno detto: ‘Non è un intervento che ci giova’”.
Già, i suoi collaboratori. Il report “Biancaneve e i sette nani” non mostra dubbi. Sono Langendörfer, Kopp, e Mertes a decidere le sorti di Zollitsch e della chiesa tutta. Come hanno deciso, pochi giorni fa, che a poche ore dalla partenza del Papa per la Germania il capo dei vescovi tedeschi uscisse con un appello pubblico perché Roma riveda la sua posizione in merito alla non concessione dell’eucaristia ai divorziati risposati. Si è domandato in merito Alexander Kissler, redattore per la cultura ed esperto ecclesiastico del settimanale Focus: “Le parole di Zollitsch sono state una cantilena preparata da altri oppure leggeva pedissequamente e meccanicamente il foglietto allungatogli da qualcuno molto abile e altrettanto interessato?”.
Illazioni, calunnie, dicerie. Nelle stanze vaticane “Biancaneve e i sette nani” viene letto con sospetto. In molti non si fidano, però leggono. E qualche dubbio rimane loro. Continua il report dello scandalo: “Zollitsch ha dovuto subire molte cose da quando guida la Conferenza. Tra queste lo scandalo degli abusi sessuali commessi su bambini all’interno del collegio San Canisius di Berlino. Chi ha suggerito al rettore Mertes di regalare ai giornali la lettera con la quale chiedeva scusa agli studenti che frequentarono l’istituto negli anni Settanta e Ottanta per gli abusi sessuali commessi da alcuni suoi confratelli? Perché Mertes ha cercato la scena pubblica? Mertes è molto amico di Langendörfer. Sono nati tutti e due a Bonn dove hanno studiato assieme. E insieme, all’insaputa di Zollitsch, hanno concordato la linea da tenere sui casi del San Canisius: chiedere scusa pubblicamente, far scoppiare lo scandalo dei pedofili nel paese dove il Papa è nato e ha vissuto e ha abitato fino al 1981. Il loro scopo era guadagnare popolarità da quella situazione dolorosa. E insieme esacerbare un problema la cui soluzione non poteva che risiedere nell’abolizione del celibato sacerdotale. La strategia era stata studiata assieme al portavoce della Conferenza, Matthias Kopp. Già portavoce di Jürgen Rüttgers quando era primo ministro della Renania settentrionale-Westfalia, è stato anche portavoce del segretario di stato per gli affari federali ed europei a Düsseldorf. L’allora segretario di stato era Michael Mertes, il fratello di Klaus Mertes, rettore del Canisius. Insomma, i fratelli Mertes, Langendörfer e Kopp si stimano e conoscono da anni. Fanno parte della stessa ‘cordata’. E decidono assieme come gestire il problema degli abusi sessuali commessi dai preti in Germania.
I tre sono d’accordo su tutti i temi che agitano la chiesa tedesca, su tutte le richieste di riforme che alcuni teologi avanzano con costanza verso Roma: l’ordinazione delle donne, l’abolizione del celibato dei preti, nuove aperture per i divorziati risposati”. Alcuni vescovi, secondo questo testo imbarazzante, “si sono accorti della ‘cricca’ che guida la Conferenza e sono intervenuti. Il cardinale arcivescovo di Colonia Joachim Meisner e l’ex vescovo di Augusta Walter Mixa hanno provato a protestare ma sono stati silenziati. Quando Mixa ricevette l’accusa, mai confermata, di aver abusato di un chierichetto, i tre fiutarono l’occasione per vendicarsi delle critiche che precedentemente Mixa aveva rivolto loro. Chiamarono i giornalisti e li aggiornarono su Mixa, vescovo ‘conservatore col vizietto degli abusi’. La stampa cavalcò la notizia. Zollitsch chiese pubblicamente le sue dimissioni. E la carriera di Mixa finì”.
Incoraggiata dal successo, la “cordata” escogita progetti per le future battaglie. La Conferenza episcopale – dice il documento sulla divisione della chiesa tedesca –  viene utilizzata “come piattaforma per imporre le proprie idee nella politica ecclesiale. Mentre Zollitsch è impegnato con il grande pellegrinaggio di alcune migliaia di chierichetti a Roma, Langendörfer e compagni escogitano l’idea di un test in cui chiedere ai fedeli tedeschi fino a che punto appoggino la chiesa sul tema del celibato ecclesiastico. Il risultato fu univoco: in pochi in Germania pensano che il celibato sia una norma giusta, anche perché porta agli abusi di cui tutti sono informati. Sul tema, sapientemente guidati, dicono la loro anche gli otto eminenti politici del Cdu”, quelli che poi danno il nome al report. Scrivono ai vescovi chiedendo che il celibato sia abolito, sostengono che il cattolicesimo tedesco deve emanciparsi da Roma e deve dire che la soluzione è concedere il sacerdozio a uomini sposati. A Roma la lettera lascia interdetti. Ma, continua il report, “la ciliegina sulla torta arriva quando, pochi giorni dopo, il giornale Süddeutsche Zeitung ‘scopre’ (anche qui sapientemente guidato) un documento del 1970 e noto da decenni nel quale l’allora cardinale Ratzinger si sarebbe impegnato a favore dell’abolizione del celibato”.
Il documento fa il giro del mondo. Tutti ne parlano. Ma nessuno dice la verità. E cioè che il documento fu steso da Karl Rahner e da lui inviato a tutti i vescovi e ausiliari tedeschi in forma di ciclostilato riportando i nomi, ma solo dattiloscritti, di nove degli undici teologi consultori della commissione dottrinale della Conferenza episcopale tedesca, tra gli altri anche Ratzinger. Il documento voleva suscitare tra i partecipanti alla plenaria della Conferenza episcopale tedesca, che si sarebbe riunita a Essen di lì a poco, una nuova discussione circa il celibato. Successivamente Ranher decise di rendere pubblico il documento, ma significativamente non citò tra i firmatari il nome di Ratzinger. Perché? Probabilmente perché il futuro Papa non diede il suo consenso.
Comunque sia, l’effetto sui media è raggiunto. Ma per rendere l’opera completa manca ancora un affondo. Il report ne parla così: “Pochi giorni dopo 144 teologi escono allo scoperto per pubblicare una petizione progressista. La richiesta più importante è l’abolizione del celibato. Una cosa del genere non poteva che essere programmata. Ma per programmare cose di questo genere serve un capo dei vescovi consenziente o che almeno si lasci guidare”.