mercoledì 28 settembre 2011

LA DONNA CHE NON VIVE MA NON PUÒ MORIRE



L’ Alta Corte britannica impedisce di staccare la spina ad una persona dal cervello gravemente danneggiato.
Ha il cervello danneggiato, ma è minimamente cosciente. Con questa motivazione l’ Alta Corte britannica ha impedito ad una famiglia del Regno Unito di staccare la spina ad una donna gravemente cerebrolesa. La sentenza emessa oggi mette la parola fine al primo caso in Gran Bretagna in cui veniva chiesta la sospensione delle terapie salva-vita per una persona non in permanente stato vegetativo ma con un barlume di coscienza. Ma riapre un nuovo dibattito sul diritto a morire.
“PROBLEMI DI PRINCIPIO” – Il giudice Baker che ha detto no alla richiesta dei familiari ha affermato che il caso “solleva importanti problemi di principio”. 

 I parenti della donna celebrolesa, 52 anni, per motivi di privacy identificata semplicemente come “M” negli atti giudiziari, sostengono che la loro familiare non è intenzionata a vivere una vita “totalmente dipendente da altri”. La donna soffre di gravi danni cerebrali dal 2003, quando si è ammalata di encefalite virale. 
E’ rimasta in coma per parecchie settimane. Successivamente i medici hannos coperto che le era rimasto un minimo di coscienza, una condizione lievemente migliore dello stato vegetativo persistente.
IL GIUDICE SPIEGA – “Il fattore che ha un peso notevole, a mio giudizio, è la conservazione della vita – ha spiegato il giudice Baker – Anche se questa non è una regola assoluta, la legge riguarda la conservazione della vita come principio fondamentale”. Ha poi aggiunto: “M prova dolore e disagio, e la sua disabilità la limita fortemente. Ma dopo aver considerato tutte le prove, però, penso che lei viva alcune esperienze positive e soprattutto che queste esperienze possono continuare attraverso un programma pianificato di aumento della stimolazione”. Ha affermato il giudice: “Mi rendo conto che questa decisione sarà una delusione forte per i membri della sua famiglia, che hanno vissuto anni di angoscia durante i quali hanno dimostrato la loro profonda devozione a M”.
NUOVE CURE - “Spero – ha continuato Baker – che possa essere di conforto alla famiglia il fatto che M continuerà ad essere accudita nella sua casa di cura, che ho visitato nel corso del dibattimento”. “Tutti, compresi i membri della famiglia M, concordano sul fatto che la cura cui è sottoposta M nella casa di riposo sia di altissimo livello”, ha rassicurato il giudice. “Esorto quindi tutti gli interessati – medici, personale di assistenza, e la sua famiglia – a lavorare insieme per concordare un nuovo piano di cura che dia ad M l’opportunità di vivere un numero maggiore di esperienze positive”.