giovedì 29 settembre 2011

«IO E DIO», LA TEOLOGIA DA SUPERMARKET DI VITO MANCUSO


Vito Mancuso e DioUn libro consolatorio. La ricerca di un nuovo senso della fede che semplifica un po’ troppo le connessioni tra cristiani e non.
di Fabio Luppino (l’ Unità, 28.09.2011)
Ci sono stati laici che per una vita hanno cercato un dialogo con Dio, rinunciandovi dopo molte sofferenze. Altri, anche comunisti, hanno scelto la conversione religiosa da anziani, quando l’età lascia più tempo agli interrogativi. Altri ancora hanno speso molta parte della loro vita negando la necessità di Dio.
Vito Mancuso, teologo, semplifica e invera: Io e Dio possono toccarsi. L’ altra sera Fabio Fazio ha definito il volume di Mancuso, Io e Dio. Una guida per i perplessi (pagine 488, euro 18,60, Garzanti), un libro che fa scandalo. Mah... Il teologo ha detto che Dio è un fatto personale.

Allora diciamo che siamo in un altro ambito, diciamo che stiamo facendo filosofia. La forza dell’uomo, le sue scelte di sofferenza, battersi per ideali, principi, anche a costo della vita, qui è la verità secondo l’autore. Stiamo parlando di un’altra categoria che con la religiosità non ha nulla a che fare. Stiamo parlando di eroi, uomini a volte nelle mani del caso.
Genesi 22: «Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Mancuso ha raccontato da Fazio che la Bibbia non è tutta così. Lui ha rassicurato i suoi figli che mai farebbe un tale sacrificio. Si tratta di una lettura del testo che stravolge il testo stesso, annega in uno scantinato secoli di esegesi, di dottrina, la teologia, appunto. La Bibbia è un insieme di rinvii simbolici e la citazione televisiva fa credere che sia un testo da leggere, tout court.
Mancuso esalta Io e lo vede vicino a Dio. Dio è una scelta. Io e Dio viaggeranno sempre paralleli. Chi ha deciso di entrare nel mistero divino e ci è rimasto tutta la vita non risolvendolo, cercando e non trovando, non ha mai considerato Io in corsa con Dio. Negli scorsi decenni ci sono stati molti sacerdoti di base critici con le gerarchie ecclesiastiche, che non avevano scrupoli nel dire che il potere temporale della Chiesa sia stato la sua stessa negazione. Al contrario la critica è sempre stata all’assenza di Dio, di Cristo da certi altari, l’indulgenza per una pallida interpretazione dei sacramenti.
Nemmeno la teologia della Liberazione si sognava di far incontrare Io e Dio, ma puntava al Dio autentico, rivoluzionario in luoghi in cui la Chiesa aveva coperto regimi sanguinari. Anche Hans Kung ha puntato il dito sul deficit di Cristo nella Chiesa: «Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger scrisse Kung dieci anni facon Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche il Vescovo di Evreux Gaillot e l’arcivescovo di Seattle Huntington. Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono».
Io e Dio di Vito Mancuso segue nel viaggio di laicizzazione della teologia il precedente, L’anima e il suo destino. Siamo alla teologia da supermarket. Alla consolazione. Dopo averlo letto si può anche dire, pur non essendolo mai stati, in fondo anche Io sono cristiano.