giovedì 16 febbraio 2012

Il piano del governo per far pagare l’Ici alla Chiesa


Niente più Imu per attività non esclusivamente commerciali. Il fisco guarderà alla destinazione prevalente.
Il governo Monti ribadisce le regole dell’Imu per la Chiesa, e a prima vista sembra che annunci anche una stretta per le furbizie certificate riguardo gli immobili del clero. Dopo gli annunci dei giorni scorsi, un articolo di Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera racconta le ultime decisioni:
Il presidente del Consiglio,Mario Monti, ha comunicato ieri ufficialmente al vicepresidente della Commissione europea, Joaquin Almunia, la sua intenzione di presentare al Parlamento «un emendamento che chiarisca ulteriormente e in modo definitivo la questione», che ha generato molte polemiche e sulla quale la Commissione europea ha aperto, dopo un esposto del Partito radicale, nell’ottobre 2010, una procedura di infrazione per violazione della concorrenza ed illegittimo aiuto di Stato.
La lettera ad Almunia E’ stata resa nota alla vigilia del tradizionale ricevimento all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per l’anniversario dei Patti Lateranensi, cui parteciperanno il vertici vaticani, il vertice della Cei, e praticamente tutto il governo Monti. A conferma che, non essendo la questione dell’Ici di natura pattizia (cioè bilaterale), essa è stata presa di iniziativa del governo italiano. Essa del resto era già stata comunicata, esattamente un mese fa, da Monti a Bertone nel corso del colloquio che è seguito alla visita ufficiale del premier in Vaticano del 14 gennaio. In quell’occasione la Santa Sede aveva concordato con l’esigenza che, per l’Imu, non ci possano essere deroghe alle normative europee.
Quanto vale l’esenzione dalla tassa sugli immobili?
Sul reale valore dell’Ici della Chiesa da anni va avanti un vero e proprio balletto di cifre. L’esenzione dell’Ici alla Chiesa non vale «miliardi » di euro, ma forse anche meno di 100 milioni: è questa la posizione espressa a inizio 2012 dal giornale della Cei Avvenire, visto che il rapporto finale del Gruppo di lavoro Ceriani sull’erosione fiscale ha individuato quella cifra per quanto riguarda gli immobili di tutti gli enti non profit, non solo quelli ecclesiali. La complessità della definizione del valore di un eventuale gettito aggiuntivo dipende inoltre dal fatto che le proprietà fanno capo a una galassia di soggetti giuridici diversi tra loro, che vanno dalle diocesi alle congregazioni, dagli ordini religiosi alle proprietà italiane del Vaticano vero e proprio. In tempi recenti si è parlato di cifre che vanno dai 500-700 milioni stimati dall’Anci ai 2,2miliardi stimati dall’Ares, l’Associazione ricerca e sviluppo sociale. Mentre il presidente dell’Anci, Graziano Del Rio, ha proposto innanzitutto un censimento degli immobili, visto che molti non sarebbero neppure denunciati al catasto, in particolare per individuare quelli adibiti a uso commerciale. Secondo stime realizzate sul web si parla di un totale di 100 mila immobili, di cui 9 mila sono scuole, 26 mila strutture ecclesiastiche e quasi 5 mila strutture sanitarie.
Secondo stime non ufficiali dell’Agenzia delle entrate, si tratterebbe di un potenziale introito di due miliardi di euro all’anno:
Gli arretrati La disponibilità del Vaticano ha agevolato il lavoro del governo in vista di un’interpretazione autentica della norma. Nel dossier che è stato preparato dai tecnici del Tesoro per il «ministro» dell’Economia Monti, si parlava di una posizione «dura» della Commissione europea (la sentenza è attesa entro maggio), che lascia prevedere una bocciatura del regime agevolativo. Con una conseguenza di non poco conto: l’obbligo di recuperare l’imposta non pagata dalla Chiesa a partire dal 2005, da parte dei Comuni (che ieri hanno protestato per non essere stati consultati dal governo). Se invece la norma verrà riscritta prima, come ha annunciato ieri Palazzo Chigi, la procedura di infrazione dovrebbe fermarsi (ed è questo che il Presidente Monti auspica nella comunicazione ad Almunia) e gli arretrati non saranno più dovuti. Se si fa un’ipotesi prudenziale di circa 200 milioni l’anno, ciò vuol dire un risparmio (in sei anni) di circa un miliardo e duecento milioni. I criteri Il comunicato di palazzo Chigi esplicita i criteri che verranno seguiti nell’emendamento alla legge attuale. Innanzitutto l’esenzione farà riferimento solo ed esclusivamente agli immobili nei quali si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale (come ad esempio gli edifici di culto, gli oratori, eccetera…).
Verranno invece abrogate le norme che prevedono l’esenzione per immobili dove l’attività non commerciale non sia esclusiva, ma solo prevalente:
Inoltre l’esenzione sarà limitata alla sola frazione di unità immobiliare nella quale si svolga l’attività di natura non commerciale. Sarà infine introdotto un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite dal ministro dell’Economia circa l’individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all’interno di uno stesso immobile. La reazione della Cei Appresa la decisione di Monti, non si è fatta attendere la reazione della Conferenza episcopale italiana che attraverso il suo portavoce, monsignor Domenico Pompili, ha commentato: «Attendiamo di conoscere l’esatta formulazione del testo così da poter esprimere un giudizio circostanziato». Aggiungendo che come dichiarato più volte, anche di recente, dal cardinale Bagnasco, «ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità». Ma la Cei mette anche in guardia dalla necessità di tutelare il no profit e si augura «che sia riconosciuto e tenuto nel debito conto» il suo valore sociale. (Dipocheparole)