sabato 10 marzo 2012

L’ultima parola sulla fede? Spetta ai vescovi insieme con il Papa

Un documento della Commissione Teologica Internazionale ribadisce come l’interpretazione autentica della Parola di Dio sia affidata al collegio dei presuli e non ai teologi.



ALESSANDRO SPECIALE

CITTA' DEL VATICANO

Hanno compiti diversi e complementari, devono collaborare costantemente e sono indispensabili gli uni agli altri. Ma l’ultima parola, quando si tratta di stabilire la “autentica interpretazione della Parola di Dio tramandata dalle Scritture e dalla Tradizione”, spetta ai vescovi – e in primis al loro insieme guidato dal papa – e non ai teologi.

Non si tratta certo di un principio nuovo. Ma a riaffermarlo oggi con chiarezza è un documento di 35 pagine in inglese della Commissione Teologica Internazionale, approvato dalla Congregazione vaticana per la dottrina della fede.

Il documento si intitola “Theology Today: Perspectives, Principles and Criteria” (La teologia oggi: prospettive, principi e criteri) e una sua traduzione italiana sarà pubblicata a breve sul quindicinale gesuita La Civiltà Cattolica.

La teologia, si legge nel testo, “presuppone l’ascolto della Parola di Dio accolta nella fede” e si esercita “nella comunione della Chiesa”, con l’obiettivo di “dare ragione di un modo scientifico di accostarsi alla verità di Dio in una prospettiva di autentica saggezza”.

Sul punto del rapporto con il Magistero dei vescovi il documento è chiaro: “I teologi cattolici, per essere fedeli alla natura della loro vocazione, devono riconoscere la competenza dei vescovi, in particolare nel collegio dei vescovi guidato dal papa, nell’interpretazione autentica della Parola di Dio tramandata dalle Scritture e dalla Tradizione”.

Si tratta di un ruolo che i teologi non si possono arrogare, perché “la teologia non può rimpiazzare il giudizio dei vescovi con quello della comunità teologica scientifica”

Allo stesso tempo “Thelogy Today” sottolinea che quelle dei vescovi e dei teologi sono “vocazioni distinte” e che ciascuno deve rispettare il ruolo dell’altro, “per evitare che il Magistero riduca la teologia a una scienza ripetitiva o che i teologi si vogliano sostituire al servizio di insegnamento dei pastori della Chiesa”.

Il ruolo della teologia, infatti, è quello di “investigare e articolare la fede della Chiesa”, mentre il Magistero – cioè l’autorità della Chiesa – deve “proclamare questa fede e interpretarla autenticamente”,

Come noto, però, “non tutti gli insegnamenti magisteriali hanno lo stesso peso”. Questo significa che la “obbedienza” dei teologi all’autorità della Chiesa “comporta una valutazione costruttivamente critica e la possibilità di commentare”: “Se non c’è posto per il ‘dissenso’ nei confronti del Magistero nella teologia cattolica, la ricerca e il dubbio sono giustificati e persino necessari se la teologia deve svolgere il suo compito”.

In ogni situazione, però, ai teologi non è richiesta una mera “obbedienza formale e esteriore” ma il tentativo di “approfondire la riflessione sulla verità proclamata dalla Chiesa”.

Allo stesso tempo, il documento sottolinea come il lavoro dei teologi sia indispensabile alla Chiesa per continuare a leggere i “segni dei tempi”, aiutandola ad accompagnare l'evoluzione storica dell'uomo – e quindi della Chiesa stessa –, comprendendo in che modo “lo Spirito parli” attraverso i cambiamenti delle epoche e dei costumi.

In alcuni casi, come di fronte “all'Illuminismo e alla Rivoluzione Francese (con i suoi ideali di libertà, eguaglianza e fraternità), o ai movimenti “di emancipazione e promozione dei diritti delle donne” o ancora a quelli “per la pace, la giustizia, la liberazione e la democrazia”, o quelli ambientalisti, la “ambivalenza della storia umana” ha indotto la Chiesa a essere “troppo timida”, considerando queste novità solo come “minacce” e “trascurando il loro significato”.

“Questi atteggiamenti sono cambiati gradualmente grazie al 'sensus fidei' del Popolo di Dio, la lungimiranza profetica di singoli credenti e il paziente dialogo dei teologi con le culture che li circondano”.

“Theology Today” si sofferma anche sugli sviluppi della teologia nei decenni successivi al Concilio vaticano II, notando luci – ad esempio, l’emergere di voci nuove nel dibattito teologico, come quelle delle donne, dei laici, del sud del mondo – ma anche ombre, soprattutto il fatto che “sviluppi fondamentalmente positivi" abbiano portato ad una “certa frammentazione della teologia”.

Intervistato dalla Radio Vaticana, mons. Krzysztof Charamsa, segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale, sottolinea che il “cuore” del documento sta nella volontà di offrire “i criteri, i principi metodologici della teologia” – “non tanto come una disciplina quasi imposta dall’esterno, ma piuttosto come tratti familiari di un’opera comune della comunità teologica”.

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/teologia-theology-teologia-13314/

immagine: web