mercoledì 21 marzo 2012

Finanziamenti alla Chiesa cattolica in Italia

I finanziamenti alla Chiesa cattolica italiana da parte dello Stato italiano comprendono finanziamenti diretti ed altri tipi di oneri economici e finanziari:
  • l'otto per mille (quote assegnate e ripartizione di quelle non assegnate)
  • finanziamenti a scuole ed università private cattoliche
  • contrattualistica differenziata per gli insegnanti di religione cattolica nella scuola pubblica
  • finanziamenti a mezzi di comunicazione cattolici
  • finanziamenti per infrastrutture di proprietà dello Stato Vaticano
  • finanziamenti per l'assistenza religiosa negli ospedali pubblici
  • esenzioni fiscali


Scuole private cattoliche


In Italia la stragrande maggioranza delle scuole private risulta gestita direttamente da ordini o istituti cattolici o si ispira all’educazione cattolica.
Per chi considera che l'educazione è un compito esclusivo o principale dello stato una legislazione che determina lo stanziamento di fondi pubblici in favore della scuola privata è considerato come un "favore" alla Chiesa cattolica.
Nella visione invece di chi ritiene che istituire scuole sia un diritto di tutti gli enti intermedi di una società lo stanziamento di fondi pubblici in favore della scuola privata è considerato il riconoscimento del diritto delle famiglie a scegliere l'istituto scolastico che desiderano per i loro figli.
Le scuole non statali ricevono oggi denaro pubblico sotto forma di:
  • sussidi diretti, per la gestione di scuole dell’infanzia e primarie;
  • finanziamenti di progetti finalizzati all’elevazione di qualità ed efficacia delle offerte formative di scuole medie e superiori;
  • contributi alle famiglie (i "buoni scuola" per le scuole di ogni ordine e grado).
Nonostante questi finanziamenti, molte famiglie non possono esercitare quello che considerano il loro diritto di scegliere la scuola per i loro figli, perché i costi delle scuole private rimangono di gran lunga proibitivi per la maggior parte delle famiglie italiane.

Il dettato della Costituzione italiana

L'articolo 33 della Costituzione della Repubblica italiana dà il diritto "ad Enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato".
Questo articolo ha fondamentalmente due interpretazioni:
  • da parte di chi sostiene l'applicazione letterale della costituzione: lo stato, pur riconoscendo il diritto di istituzione di scuole private, non può (non deve) accollarsene alcun tipo di onere;
  • da parte di chi, nel valorizzare le istituzioni intermedie nell'educazione, interpreta che l'"assenza di oneri per lo stato" si riferisca al momento dell'istituzione e non riguardi la normale gestione e amministrazione; anche in tale visione le scuole private sono un diritto che lo stato deve riconoscere, ma, in più, lo stato deve sostenere la libertà di scelta dell'istituzione scolastica da parte delle famiglie, finanziando le scuole private allo stesso modo di quelle pubbliche.
Chi si orienta secondo la prima interpretazione ritiene che alcune leggi siano in contrasto con questo articolo; la Corte costituzionale non si è mai pronunciata sulla costituzionalità di alcun provvedimento, non essendo mai stata sollevata (da Stato o Regioni), alcuna questione di legittimità costituzionale.

Sussidi diretti

Il DM 261/98 ed il DM 279/99 (Ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer, Democratici di Sinistra), ed il testo unico «concessione di contributi alle scuole secondarie legalmente riconosciute e pareggiate» che li ha convertiti in legge, hanno costituito il presupposto per la regolare concessione di finanziamenti alle scuole private.
Il governo D’Alema bis con la legge 62/2000 ha sancito l'entrata a pieno titolo nel sistema di istruzione nazionale delle scuole private, che pertanto devono essere trattate alla pari anche sul piano economico. La legge prevede anche:
  • l'applicazione anche alle scuole paritarie del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro;
  • l'istituzione di fatto dei buoni scuola statali (stanziamento di 300 miliardi di lire a decorrere dal 2001);
  • l'aumento di 60 miliardi di lire dello stanziamento per i contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate;
  • l'aumento di 280 miliardi di lire dello stanziamento per le spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato;
  • lo stanziamento di un fondo di 7 miliardi di lire per le scuole che accolgono disabili (per la scuole pubbliche l’accoglimento dei disabili è da sempre obbligatorio).
Il governo Berlusconi, Ministro Letizia Moratti, con il DM 27/2005 ha apportato alla Legge 62/2000 le seguenti modifiche:
  • non si parla più di "concessione di contributi", ma di vera e propria "partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie";
  • è abbassata la soglia di alunni per classe (da 10 a 8) per l’accesso ai contributi;
  • vengono innalzati i livelli massimi dei contributi (12.000 euro per una scuola media, 18.000 per una scuola superiore);
  • sono più che raddoppiati i finanziamenti per i progetti formativi (da circa 6 milioni di euro ad oltre 13 milioni).
Nel 2005 l'ammontare dei contributi alle scuole non statali è stato di circa 527 milioni di euro (si veda la circolare ministeriale 38/2005).
Nel 2006 a fronte dei tagli apportati dalla legge finanziaria, i finanziamenti diretti alla scuola non statale sono stati incrementati[1]. Infatti, dalla comparazione delle somme stanziate dalla precedente c.m. 38/2005 con quelle della c.m. 31/2006 si evidenzia il passaggio dalla somma complessiva revisionale di circa 527,5 milioni a quella di circa 532,3 milioni di euro con un aumento di circa 4,8 milioni di euro, assegnati ai capitoli delle unità previsionali di base “scuole non statali” degli Uffici scolastici regionali, mentre sono rimaste invariate le somme relative ai capitoli 1291 e 1474 delle unità previsionali di base “scuole non statali” dell’Amministrazione centrale

Buoni scuola

I buoni scuola vengono istituiti nel 2000 dal Governo di centro-sinistra con la Legge 62/2000 sulla parità scolastica con un piano straordinario di finanziamento, attuato poi dal governo di centro-destra con la Legge 289/2002 che prevede un tetto di 30 milioni di euro per il triennio 2003-2005.
La Legge finanziaria 2004 del governo Berlusconi (Ministro Moratti), aumenta il tetto per il 2005 a 50 milioni di euro con accesso indiscriminato ai buoni per tutte le famiglie, senza cioè limite di reddito alcuno. La legge sulla parità, inoltre, non prevede alcuna incompatibilità dei buoni statali con eventuali buoni regionali (previsti poi da Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Lombardia, Liguria, Toscana, Sicilia, Piemonte), per cui di fatto buoni statali e regionali risultano cumulabili.

Insegnanti di religione

La Legge 186/2003[2] definisce lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica di qualsiasi tipo di scuola.
L'idoneità all’insegnamento della religione cattolica è data dal Vescovo. In precedenza, stante l'attuale normativa che prevede l'obbligatorietà nell'organizzare l'ora di religione da parte dello stato ma la facoltatività di adesione da parte degli studenti, lo Stato assumeva gli insegnanti di religione con contratti annuali, in funzione dell'effettiva esigenza (in poche parole, in base al numero delle classi con studenti che richiedevano l’insegnamento della religione); con la Legge 186 gli insegnanti di religione cattolica diventano dipendenti statali a tutti gli effetti, con stato giuridico, trattamento economico e diritto alla mobilità equivalenti a tutti gli altri insegnanti, in precedenza il trattamento economico era già equiparato a quello degli insegnanti di ruolo.
Il diritto alla mobilità rende possibile per gli insegnanti di religione abilitati all’insegnamento di altre materie, in caso di revoca dell’abilitazione del vescovo o semplicemente per scelta personale, il passaggio ad altra cattedra scavalcando così tutti i precari in graduatoria per quella cattedra.
Inoltre, per tutti i 15.000 insegnanti di religione cattolica diventati dipendenti statali, l'eventuale revoca dell’abilitazione da parte del vescovo comporta per lo Stato l’obbligo di provvedere al loro impiego alternativo.

Università cattoliche

La Finanziaria 2004 prevede uno stanziamento di 20 milioni di euro per il 2004 e 30 milioni per il 2005 da destinare all’Università Campus Bio-Medico per la parziale realizzazione di un policlinico universitario, per il potenziamento della ricerca biomedica in Italia:
il provvedimento è stato criticato per l'essere un finanziamento di denaro pubblico da parte dello stato "laico" ad un'università privata che si autodefinisce "opera apostolica della Prelatura dell’Opus Dei", che "intende operare in piena fedeltà al Magistero della Chiesa Cattolica, che è garante del valido fondamento del sapere umano, poiché l’autentico progresso scientifico non può mai entrare in opposizione con la Fede, giacché la ragione (che ha la capacità di riconoscere la verità) e la fede hanno origine nello stesso Dio, fonte di ogni verità" , il cui "personale docente e non docente, gli studenti e i frequentatori dell’Università [...] considerano l’aborto procurato e la cosiddetta eutanasia come crimini in base alla legge naturale; [...] ritiene inoltre inaccettabile l’uso della diagnostica prenatale con fini di interruzione della gravidanza ed ogni pratica, ricerca o sperimentazione che implichi la produzione, manipolazione o distruzione di embrioni [...], riconoscono che la procreazione umana dipende da leggi iscritte dal Creatore nell’essere stesso dell’uomo e della donna, ed è sempre degna della più alta considerazione"» (dalla Carta delle finalità).
La Finanziaria del 2005 prevede un finanziamento di 15 milioni di euro per il Centro San Raffaele del Monte Tabor di don Luigi Verzè.
Nel 2004 il governo, tramite il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, istituisce diverse ulteriori università non statali, legalmente riconosciute tra cui l’Università Europea di Roma".
Il ministero dell’Istruzione (Letizia Moratti), sempre in contrasto col parere dei rettori, dà anche riconoscimento ufficiale all’Università europea degli studi Franco Ranieri, con sede in una palazzina di Messina di tal signor Ranieri, alla cui inaugurazione, nell'ottobre del 2004, partecipano il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ed il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio.
La legge 293/2003 conferisce riconoscimento legislativo all’Istituto di studi politici San Pio V finanziandolo per 1,5 milioni di euro annui. L’istituto, con sede in Roma, è promotore della creazione della Libera università degli studi San Pio V, sempre in Roma.

Assistenza religiosa negli ospedali pubblici

Dal 2000 al 2005 numerose regioni italiane (la Sicilia e la Lombardia, governate dal centro-destra; l’Umbria e la Toscana, governate dal centro-sinistra) firmano con i presidenti delle Conferenze Episcopali regionali schemi di intesa per l’assistenza religiosa negli ospedali pubblici. In particolare, quello tra la Regione Lombardia, firmato da Roberto Formigoni, Presidente della Regione, di Forza Italia, e il Cardinal Dionigi Tettamanzi, prevede che in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private sia previsto almeno un “assistente religioso”, due in strutture con più di 300 posti letto, uno ogni 350 in strutture con più di 700 posti letto. Gli assistenti religiosi devono essere assunti dalla struttura ospedaliera ospitante a cui carico è pure la messa a disposizione di: spazi per le funzioni di culto e per l’attività religiosa, alloggi per gli assistenti, uffici, arredi, suppellettili, attrezzature, nonché tutte le spese necessarie al loro mantenimento; spese di illuminazione, e riscaldamento (artt. 1, 2, 4, 10 dell’Intesa).

Radio cattoliche

Con la Legge finanziaria del 2005 viene stanziato 1 milione di euro per il potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia. I soggetti che possono usufruire del contributo sono quelli indicati al comma 190 della Finanziaria del 2004, cioè: le "emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario". Le uniche due emittenti che rispondono al requisito sono Radio Padania Libera, la radio della Lega Nord, e Radio Maria.

RAI: mancati introiti pubblicitari

La Sipra, società concessionaria della pubblicità della Rai, ha resa nota la cifra, pari a 9,2 milioni di euro, relativa al costo sostenuto dalla RAI per il mancato introito pubblicitaro dovuto alle variazioni di palinsesto in occasione della massiccia copertura televisiva data alla morte di Giovanni Paolo II (con lunghe dirette da piazza San Pietro, spesso a reti unificate) ed alla nomina di Benedetto XVI (con le numerose trasmissioni di "approfondimento").
Alcuni inoltre hanno sollevato delle critiche di merito su come è stato trattato l'evento dal punto di vista qualitativo e di contenuto giornalistico, giudicato troppo agiografico e con scarsa pluralità ed approfondimento.

Otto per mille

La ripartizione della quota dell'otto per mille non direttamente assegnata (per mancata indicazione di preferenza da parte dei contribuenti) avviene proporzionalmente all'ammontare di quanto assegnato invece con esplicita espressione della preferenza. Ciò avvantaggia la Chiesa cattolica rispetto alle altre istituzioni aventi diritto in quanto, appunto, la Chiesa Cattolica è storicamente destinataria della maggior parte delle preferenze.
È oggetto di aspre ed annose polemiche l'utilizzo che la Chiesa Cattolica fa dei fondi assegnati, in particolare riguardo la percentuale destinata ad opere caritative: nel 2004, dei 984 milioni di euro assegnati alla Chiesa, solo 195 vengono destinati ad opere caritative: meno del 20%, mentre la quota destinata per le esigenze di culto (catechesi, tribunali ecclesiastici, manutenzione e rinnovo degli immobili, gestione del patrimonio) è del 46,5%; del 33,6% quella per il sostentamento del clero. La Chiesa Cattolica non comunica quale percentuale dei fondi ottenuti sia usata a scopo pubblicitario e gestionale.
A ciò si aggiunge la novità introdotta dal governo Berlusconi (DPC pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26/1/2005 [1]): una parte cospicua dei fondi assegnati dai cittadini allo Stato è destinata al finanziamento di opere di restauro di beni ed edifici a carattere religioso di valore storico ed artistico, ma di proprietà dello Stato (circa 10 milioni di euro, il 10% dei 100 milioni complessivi di quota statale).
Alcune voci di spesa :
  • Pontificia Università Gregoriana (Roma), 370.000 euro;
  • Curia Generalizia Casa di Santa Brigida (Roma), 400.000 euro (utilizzati per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’eremo del SS. Salvatore di Napoli, acquistato con i fondi statali per il Giubileo del 2000);
  • Seminario vescovile di Fiesole, 200.000 euro;
  • Venerabile Confraternita Santa Maria della Purità (Gallipoli, Lecce), 300.000 euro;
  • Opera preservazione della fede (Ventimiglia, Imperia), 420.000 euro;
  • Opera Pia Casa Regina Coeli (Napoli) 40.000 euro;
  • Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (organizzazione non governativa aderente alla Compagnia delle Opere, il "braccio economico" di Comunione e liberazione) (Forlì), 203.000 euro (per un progetto alimentare nella Repubblica Democratica del Congo).
Nonostante il testo unico delle imposte sui redditi (DPR 917/86) non contempli parrocchie ed altri enti ecclesiastici fra "i soggetti destinatari delle liberalità detraibili", l’Agenzia delle entrate, stabilisce (risoluzione del 5 aprile 2005) che le offerte destinate alle parrocchie da enti non commerciali e da persone fisiche (per la realizzazione di restauri, manutenzioni e opere di protezione di chiese, campanili, dipinti, sculture, arredi sacri, strumenti musicali, e in generale di beni mobili e immobili di interesse storico artistico) possono valere come detrazione di imposta.

Agevolazioni fiscali

Ici

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n 504[3], varato dal Governo Amato I, stabiliva alcune esenzioni per le proprietà della Chiesa. La questione su quale tipo di edifici e proprietà dovessero essere esentati e quali no ha portato negli anni a diversi procedimenti giudiziari, fino a quando la norma viene in parte bocciata dalla Consulta nel 2004[4].
La Cassazione stabilisce, con due sentenze[senza fonte], che per quello che riguarda il diritto all’esenzione Ici "tanto gli enti ecclesiastici che quelli con fini di istruzione o di beneficenza sono esentati dall'imposta, limitatamente agli immobili direttamente utilizzati per lo svolgimento delle loro attività istituzionali [...] non lo sono, invece, per gli immobili destinati ad altro."[5], specificando che "un ente ecclesiastico può svolgere liberamente - nel rispetto delle leggi dello Stato - anche un'attività di carattere commerciale, ma non per questo si modifica la natura dell'attività stessa, e, soprattutto, le norme applicabili al suo svolgimento rimangono - anche agli effetti tributari - quelle previste per le attività commerciali".
L'esenzione viene reintrodotta con il decreto legge del 17 agosto 2005, in cui il Governo Berlusconi III cambia la vecchia normativa, includendo gli immobili destinati ad attività commerciali tra quelli compresi nel diritto all’esenzione. Secondo alcuni commentatori ciò è avvenuto a fronte del rischio da parte degli enti ecclesiastici di dover corrispondere ai comuni gli importi dell'Ici sugli immobili destinati ad attività commerciali non pagati nel quinquennio 2000-2005 (quelli relativi agli anni dal 1993 al 1999 sono prescritti).[senza fonte]
Alle polemiche sul provvedimento, la Cei, per bocca del suo ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, risponde con un comunicato stampa in cui denuncia le "gravi e fuorvianti inesattezze" di tali critiche, dato che "l’esenzione da tale imposta è già definita per legge fin dal 1992 e il recente decreto legge non fa che confermarla, esplicitando gli ambiti di applicazione".
In realtà, nel decreto del 1992 venivano chiaramente elencati gli immobili esenti dall’imposta, quelli destinati esclusivamente allo svolgimento di attività:
  • assistenziali,
  • previdenziali,
  • sanitarie,
  • didattiche,
  • ricettive,
  • culturali,
  • ricreative,
  • sportive;
l’elenco non comprende dunque le attività a fini di lucro, vale a dire l'oggetto delle polemiche.
L'emanazione del decreto suscita critiche da parte dei membri dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani, a causa dei mancati introiti che questa esenzione comporterebbe, oltre al rischio di richiesta di rimborsi da parte i quelle curie che dal 1993 avevano invece pagato l'ICI per le loro attività commerciali. Secondo l'ANCI la norma avrebbe causato un minor introito annuo di 200-300 milioni di euro.[6].
Il contenuto del decreto, decaduto per mancata conversione in legge nei tempi utili[7], viene ripreso nel decreto fiscale collegato alla legge finanziaria 2006, in cui si estende l’esenzione anche alle organizzazioni no-profit e alle Chiese con cui lo Stato ha stretto un’intesa:
  • Tavola valdese,
  • Chiesa cristiana avventista del settimo giorno,
  • Assemblee di Dio in Italia,
  • Unione delle comunità ebraiche italiane,
  • Unione cristiana evangelica battista d’Italia,
  • Chiesa Evangelica Luterana in Italia
Nel 2006 il Governo Prodi II modifica nuovamente la legislazione, come promesso da alcune delle forze politiche che lo sostengono durante la precedente campagna elettorale, le quali chiedevano la rimozione dell'esenzione dagli edifici sede di attività principalmente commerciali; tuttavia un emendamento alla legge, votato da esponenti di entrambi gli schieramenti, permette di mantenere l'esenzione per le sedi di attività che abbiano fini "non esclusivamente commerciali".[4] Con la modifica della legislazione la commissione per la concorrenza dell'Unione Europea interrompe le indagini che stava compiendo sull'esenzione, per riaprirle però l'anno seguente[4] .
Solo il 10% circa delle proprietà della Chiesa paga l'imposta ed il mancato gettito annuale per i comuni è stimato (2007) in 400 milioni di euro.[4]
Un ulteriore tentativo di escludere le proprietà della Chiesa dall'esenzione dell'ICI, sostenuto nel novembre 2007 dal Partito socialista, in sede di discussione della legge finanziaria 2008, viene bloccato in sentato, con 12 senatori a favore, ben 240 contrari (tutti i senatori presenti della Casa delle Libertà e parte di quelli de L'Unione) oltre a 48 astenuti (principalmente i rappresentanti dei partiti della cosiddetta sinistra radicale).[8][9][10]
Secondo alcuni pareri[senza fonte], il provvedimento presenta aspetti paradossali dal punto di vista del diritto canonico, dato che modifica di fatto il regime tributario definito dal Concordato, ma in una modalità non prevista dal Concordato stesso, che infatti non può costituzionalmente essere modificato se non tramite accordo tra le parti (Stato italiano e Chiesa Cattolica) oppure con procedimento di revisione costituzionale. Per approfondire, si confrontino l'art. 7 della Costituzione italiana ("...Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale") con l'art. 7 del Concordato ("...le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime).

Oratori

La "legge sugli oratori" (L. 203/2003) è presentata alla Camera dei deputati nel 2001 da Luca Volonté, Rocco Buttiglione ed altri parlamentari dell’Udc; passa il 19 giugno 2003, e grazie all'intervento del Presidente del Senato Marcello Pera, che ne consente l’esame in Commissione Affari Costituzionali del Senato in sede deliberante, ovvero senza passaggio in aula, è approvata nell'agosto dello stesso anno.
La legge, definita da uno dei promotori, il senatore Maurizio Eufemi, come "punto qualificante del programma dell’Udc" riceve un consenso da parte di tutte le forze politiche parlamentari, ad esclusione di Comunisti italiani e Rifondazione Comunista.
Costruita sul modello di alcune leggi regionali di giunte di centro-destra (Lazio, Lombardia, Abruzzo, Piemonte e Calabria), sancisce il riconoscimento e l'incentivazione da parte dello Stato della funzione educativa e sociale svolta nelle comunità locali grazie alle attività di oratorio o similari, dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici delle Chiese (non solo quella Cattolica) con le quali lo Stato ha stipulato intese. Tale riconoscimento rende possibile la concessione in comodato d'uso alle Chiese dei beni mobili ed immobili di proprietà dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
Il mancato introito da parte dei comuni derivante dall'esenzione dall'ICI sui locali degli oratori, sancito dalla stessa legge 203 e calcolato in 2,5 milioni di euro annui, viene coperto interamente dallo Stato.

Approvvigionamento idrico e depurazione delle acque

L’art. 6 dei patti lateranensi rende la fornitura idrica al Vaticano completamente gratuita. Il consumo annuo, in gran parte utilizzato per innaffiare i giardini vaticani, è di circa 5 milioni di m3, corrispondente al fabbisogno di una città di medie dimensioni.
I pagamenti al Comune di Roma relativi all'espletamento del servizio di depurazione delle acque (al 1999 ammontavano a 44 miliardi di lire) non sono mai stati effettuati. In seguito alla quotazione in Borsa della Acea, lo Stato Italiano si è accollato l'onere di saldare il debito reclamato dagli azionisti, dietro l'impegno da parte della Santa Sede di fare fronte ai futuri costi del servizio (2 milioni di euro annui). Nel 2004, un emendamento alla legge finanziaria (presentato dal parlamentare di Forza Italia Mario Ferrara) di fatto cancella l'onere a carico della Santa Sede, prevedendo lo stanziamento di 25 milioni di euro per il 2004 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di depurazione proprio.

Altri fondi

Nel febbraio del 2004, il Presidente della regione Veneto, Giancarlo Galan (Forza Italia), storna 50 milioni di euro dal fondo speciale per il disinquinamento delle acque di Venezia versandoli nelle casse della curia patriarcale (fondi per il Palazzo Patriarcale di p.tta dei Leoncini, per la Basilica della Salute, per il Seminario Patriarcale alla Salute). La proposta era già stata avanzata dal segretario regionale all'ambiente Galan ed approvata all'unanimità nella riunione a Palazzo Chigi del Comitato per la gestione dei fondi per la salvaguardia di Venezia e della laguna, presieduto dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.


Bibliografia
  • Conferenza Episcopale Italiana. Dalla parola alle opere. 15 anni di testimonianze del Vangelo della carità nel Terzo Mondo. Versione disponibile on-line qui.
  • Emilio Carnevali; Cinzia Sciuto. La Chiesa all'incasso. Articolo sulla rivista MicroMega, n.7/2005, Gruppo Editoriale L'Espresso
  • Umberto Folena, La vera questua. Analisi critica di un'inchiesta giornalistica, Milano, Avvenire Nuova Editoriale Italiana, 2008. ISBN 977-11-2060230-6
  • Curzio Maltese. La questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani. Feltrinelli, 2008. ISBN 88-07-17149-X
  • Enrico Minnei , Scuola pubblica e scuola privata. Gli oneri per lo Stato, Giappicchelli, Torino, ISBN 88-348-4400-9
  • www.avvenireonline.it Speciale di Avvenireonline - Soldi alla Chiesa, verità e bugie
  • www.8xmille.it Gestione dei fondi otto per mille della Chiesa cattolica per il periodo 1990-2006
  • www.8xmille.it Ripartizione delle somme derivanti dall'otto per mille IRPEF per l'anno 2007
  • www.olir.it - Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose
  • Stanziamenti alla scuola privata nel 2006
http://www.tuttigliscandalidelvaticano.com/2010/12/finanziamenti-alla-chiesa-cattolica-in.html