mercoledì 21 marzo 2012

Irlanda e Polonia, le due figlie ribelli


Erano le nazioni più cattoliche d'Europa. Ma a livello diplomatico questo è solo un ricordo. I rispettivi governi sono sul piede di guerra con la Santa Sede. A Varsavia anche a motivo di Radio Maryja


CITTÀ DEL VATICANO, 9 marzo 2012 – È ormai da più di due secoli che la Francia ha ripudiato di fatto il titolo di "figlia primogenita" della Chiesa, anche se non ha ancora rinunciato al seggio, per il proprio capo di stato, di primo canonico onorario del capitolo di San Giovanni in Laterano.

Ma in questi ultimi tempi altre due figlie predilette del papato sembrano mostrare insofferenza nei confronti di Roma. Platealmente l’Irlanda, con più circospezione la Polonia.

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A Dublino l'atto di rottura – come www.chiesa ha già riferito – è stato quello di degradare l'ambasciata d'Irlanda presso la Santa Sede al rango di rappresentanza non residenziale, al pari di quelle in Iran e Timor Est:

> Diario Vaticano / La cattolica Irlanda toglie la tripla A al papa (5.11.2011)

La decisione è stata ufficialmente giustificata per motivi di bilancio. Ma molti la ritengono una rappresaglia contro la presunta mancata collaborazione del Vaticano alle inchieste del governo irlandese riguardanti gli abusi di minori da parte di membri del clero, nel corso degli ultimi decenni:

> Campagna d'Irlanda. Il contrattacco di Roma

Alcuni politici hanno chiesto di ritornare sulla decisione. L’"Irish Times" ha scritto che quella presso il Vaticano era tra le ambasciate meno onerose: con un costo di soli 348 mila euro l’anno. Ma il governo stima in 600 mila euro il risparmio. In ogni caso, sia il primo ministro irlandese Enda Kenny, in un suo recente viaggio a Roma durante il quale si è tenuto accuratamente lontano dal Vaticano, sia il ministro degli esteri, il laburista agnostico Eamon Gilmore, hanno detto (il secondo anche alla Radio Vaticana) che fino a quando i conti non lo permetteranno non si tornerà indietro.

Così, perderà la sua storica funzione d'avamposto irlandese presso il Vaticano la splendida Villa Spada, che venne acquistata nel 1946 dalla Repubblica d’Irlanda come residenza di una di quelle che erano state le sue prime quattro ambasciate aperte nel 1929, assieme a quelle presso Washington, Londra e la Lega delle Nazioni.

Fino a che era residente, il rappresentante di Dublino presso la Santa Sede era tra i pochissimi a godere di una corsia preferenziale per avere in tempi molto rapidi un'udienza personale dal papa. Ma ora accade che il nuovo ambasciatore designato, David Cooney, che ha ricevuto il gradimento vaticano prima di Natale, è trattato come tutti. E infatti è ancora in lista di attesa per essere ricevuto da Benedetto XVI per la consegna delle lettere credenziali, in una di quelle udienze "cumulative" che il papa concede ai capi missione non residenti, la prossima delle quali è prevista tra maggio e giugno.

Una coincidenza curiosa, quasi una nemesi storica, è che proprio mentre la nazione di san Patrizio, cattolica per antonomasia, allenta i suoi legami millenari con Roma, il contiguo Regno Unito – che per secoli ha oppresso l’Irlanda anche a nome del proprio credo protestante – non fa che migliorare le sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede.

Di punti d'attrito, naturalmente, ne restano. A Roma si teme con preoccupazione che il governo di Londra arrivi ad equiparare le unioni omosessuali a un matrimonio tout court. Ma questo disaccordo, anche profondo, non inficia i buoni rapporti tra le due diplomazie, che anzi procedono a gonfie vele.

Ne è prova l’accoglienza trionfale riservata dalla segreteria di Stato vaticana alla baronessa, di religione islamica, Sayeeda Warsi, inviata dal premier inglese David Cameron come capo della delegazione ministeriale arrivata a Roma per festeggiare i trent'anni di pieni rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Nel corso di questa missione la baronessa Warsi ha potuto avere udienza dal papa, incontrare il segretario stato e persino scrivere un articolo sulla prima pagina de "L'Osservatore Romano. La visita è stata suggellata il 15 febbraio da un lungo comunicato congiunto dai toni molto positivi:

> "Il 14-15 febbraio 2012..."

Un ulteriore segnale, minore ma comunque significativo, dei migliorati rapporti tra Roma e Londra è stato la nomina a canonico vaticano dello scozzese monsignor Charles Burns, che dal 2003 è assistente ecclesiastico dell’ambasciata britannica. Burns ha preso possesso del prestigioso incarico con una cerimonia nella basilica di San Pietro domenica 19 febbraio.

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Per quanto riguarda, invece, le crescenti difficoltà che la diplomazia vaticana registra con l'insospettabile Polonia, il nodo del contendere è la celebre Radio Maryja promossa dal religioso redentorista Tadeusz Rydzyk. O meglio, è l’emittente televisiva ad essa collegata, TV Trwam, che è stata esclusa dall’assegnazione delle frequenze sulla piattaforma digitale terrestre che arriverà in tutte le case nel 2013.

La decisione di estromettere TV Trwam dalla piattaforma digitale è stata presa lo scorso 19 dicembre dal consiglio nazionale della radio e della televisione polacca, KRRiTV, i cui membri sono nominati dal presidente della repubblica e dal parlamento, ed è quindi dominato dal partito della Piattaforma civica, PO, del quale fanno parte sia il presidente Bronislaw Komorowski in carica dal 2010, sia il premier Donald Tusk, insediato dopo le elezioni del 2007 e confermato dopo quelle del 2011, entrambe vinte nettamente dal PO.

La motivazione addotta è la scarsa solidità finanziaria della fondazione Lux Veritatis, proprietaria di TV Trwam. Motivazione decisamente contestata dall'emittente cattolica, che lo scorso gennaio ha fatto ricorso ai tribunali locali e ha mobilitato i propri ascoltatori raccogliendo in poche settimane oltre un milione e settecentomila firme di sostegno. Alcuni parlamentari hanno rivolto un'interpellanza in materia alla Commissione europea.

TV Trwam non nasconde le proprie simpatie, ampiamente ricambiate, per il principale partito di opposizione, il partito conservatore Legge e Giustizia, PiS, dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski. E questo fa pensare che dietro la decisione di KRRiTV ci possa essere la scelta eminentemente politica di mettere il silenziatore a una seguitissima emittente di opposizione.

Ma TV Trwam è anche, e forse soprattutto, la più importante tv cattolica del paese, sia per la sua impostazione sia per i suoi programmi, ed è l’unica che per numero di ascolti poteva essere ammessa al digitale. Se dunque la decisione non sarà ribaltata, sulla piattaforma digitale non ci sarà più nessuna voce dichiaratamente cattolica, in una nazione come la Polonia nella quale la Chiesa, nonostante la secolarizzazione sia arrivata anche lì, conserva ancora un ruolo di grande rilievo.

È questo il motivo per cui è sceso in campo il consiglio permanente della conferenza episcopale polacca.

In una dichiarazione ufficiale del 16 gennaio i vescovi hanno lamentato che la decisione della KRRiTV "offende il principio di pluralità e uguaglianza di fronte alla legge, tanto più che la maggioranza degli abitanti del nostro paese sono cattolici che dovrebbero avere un accesso libero ai programmi di TV Trwam nel sistema del digitale terrestre". E hanno espresso la speranza di vedere questa emittente, "che trasmette da più di otto anni mostrando stabilità finanziaria", inclusa "nel sistema della tv digitale in Polonia".

La dichiarazione è importante, perché alla riunione del consiglio permanente che l’ha partorita hanno partecipato, eccetto l’arcivescovo di Gniezno, tutti gli altri dodici più alti esponenti della gerarchia cattolica polacca, sia quelli storicamente più vicini a Radio Maryja, come il presidente della conferenza episcopale, l’arcivescovo di Przemysl, Jozef Michalik, e l’arcivescovo di Danzica, Slawoj L. Glodz, sia quelli che non hanno manifestato molta simpatia per l’emittente, come i cardinali di Varsavia e Cracovia, Kazimierz Nycz e Stanislaw Dziwisz.

Molti altri vescovi – quelli di Pelpin, Bydgoszcz, Swidnica, Legnica, Zielona Gora, Kalisz... – hanno poi fatto dichiarazioni di sostegno alla causa di TV Trwam in nome della difesa della libertà dei mezzi di comunicazione di matrice cattolica.

Manifestazioni con decine di migliaia di sostenitori si sono svolte a Varsavia e Cracovia. E altre ve ne sono state anche nelle città nordamericane con una emigrazione polacca storicamente consolidata: a Chicago erano in tremila.

È utile notare che il partito della Piattaforma civica che egemonizza la KRRiTV non è un partito anticlericale, come lo è invece il movimento Palikot che alle elezioni dello scorso ottobre ha sorprendentemente raggiunto il 10 per cento dei suffragi. Ma la sua componente cattolica ha un'impostazione piuttosto intellettuale e liberal, da “cattolici adulti”, che mal sopporta quel cattolicesimo popolare e tradizionale che è particolarmente vivace nelle regioni centro-meridionali e centro-orientali della Polonia, dove è più alta la partecipazione attiva alla vita della Chiesa e dove, guarda caso, i consensi del partito conservatore Legge e Giustizia permangono maggioritari.

Questa avversione anche culturale dell'attuale governo di Varsavia nei confronti di Radio Maryja (che non ha alcun legame con l'italiana Radio Maria anche se entrambe le emittenti sono accomunate da una grande diffusione popolare e da un'intransigente difesa della fede e dei valori cattolici) ha portato questo governo addirittura a premere sulla Santa Sede perché intervenisse contro la radio e la tv di padre Tadeusz Rydzyk.

L'ha fatto anche in modo formale, attraverso una nota diplomatica del giugno 2011, cui è seguito un intervento diretto del ministro degli esteri Radoslaw Sikorski, nel corso di un successivo colloquio con il suo omologo vaticano, l’arcivescovo Dominique Mamberti.

Ma queste pressioni non sembrano aver sortito gli effetti sperati. Per capirlo basta leggere la lettera che lo scorso 1 dicembre il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, a nome di Benedetto XVI, ha scritto al superiore della provincia di Varsavia dei redentoristi, padre Janusz Sok, per il ventennale dell’emittente.

La lettera ha un "incipit" dai toni fortemente elogiativi: "Il Santo Padre Benedetto XVI, spiritualmente unito ai partecipanti al XX anniversario di Radio Maryja, invia per il mio tramite, per le mani del padre provinciale, un saluto e la Benedizione apostolica al Fondatore e Direttore della Radio, padre Tadeusz Rydzyk, a tutti i collaboratori ecclesiastici e laici, ai volontari e a coloro che attraverso questa emittente cattolica trovano un rinforzo nella fede sulla strada verso l’incontro con Dio".

E il seguito della lettera è intessuto di citazioni dei numerosi apprezzamenti tributati alla Radio dal beato Giovanni Paolo II durante il suo pontificato.

La lettera del cardinale Bertone sembra insomma manifestare una piena sintonia della Santa Sede con i vertici dell’episcopato polacco, nel vedere in Radio Maryja una emittente cattolica che non è giusto sia emarginata.

In ogni caso, però, la lettera non ha evitato la "gravissima decisione" presa dall'ente governativo KRRiT di estromettere la tv di Radio Maryja dalla piattaforma digitale.

Decisione che in Polonia, ma anche a Roma, si ritiene dettata, al di là delle "deboli scusanti di 'instabilità finanziaria'", soprattutto "da forti interessi ideologici".

La battaglia, anche diplomatica, tra Roma e Varsavia su Radio Maryja sembra lontana dal chiudersi.

(Sandro Magister)
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350193