giovedì 29 marzo 2012

Chi lavora in nero nella Chiesa

Chi lavora in nero nella Chiesa

La rivolta dei sacrestani: "Fateci il contratto".

E’ la rivolta che non t’aspetti. Jenner Meletti su Repubblica la racconta con un po’ di ironia, visto il soggetto. Ovvero, i sacrestani. Che chiedono alle chiese di assumerli regolarmente e di smetterla di pagarli in nero, visto il servizio che offrono.


E lo stipendio che vogliono, se hanno un contratto:
«E invece noi sacristi regolarmente assunti, siamo pochi, troppo pochi. La nostra associazione, la Fiudacs — dice Maurizio Bozzolan, presidente nazionale — è nata già nel 1970 ma gli iscritti sono 850 in tutto. A Milano, dove io lavoro, su mille parrocchie ci sono 85 sacristi regolari, e metà di loro sono pensionati ». In Italia ci sono 25.800 parrocchie, e in quasi tutte c’è un sagrestano che un tempo aveva un ruolo preciso nella gerarchia: era al terzo posto, dopo il parroco e il cappellano. Adesso è una nebulosa, in un mondo dove ci sono i volontari veri e quelli che risultano tali solo perché non hanno nessuna busta paga.

Non sarebbe male, un posto da sagrestano. L’ultimo contratto, firmato pochi mesi fa, prevede 1.260 euro al mese e da quest’anno, per la prima volta, ci sarà anche la quattordicesima. Un mese di ferie e altri 10 giorni di congedo per “esercizi spirituali e aggiornamento liturgico professionale”. Nel nuovo contratto, anche l’obbligo di controllare e pulire il sagrato.
«Con la crisi che c’è — dice il presidente della Fiudacs (Federazione italiana unioni diocesane addetti al culto sacristi) — le domande di assunzione non mancano. Solo io ricevo almeno due o tre telefonate al giorno. Ieri mi ha chiamato un camionista che aveva perso il lavoro. Certo, prima di metterci alla ricerca, ci informiamo. A chi è stato a Messa l’ultima volta dieci anni fa, diciamo che quello del sagrestano non è il mestiere giusto». E precisa: «Nel contratto c’è scritto che il sacrista deve avere un “ottimo comportamento morale, religioso e civile”. Il nostro è un lavoro delicato. C’è il licenziamento per giusta causa “per diffusione di notizie riservate, conosciute in ragione di servizio, riguardanti l’attività pastorale e il ministero sacro svolto nella chiesa”.
Ma la cosa più difficile è trovare nuovi posti di lavoro, anche perché certi preti, che hanno il sagrestano non in regola, da questa campana proprio non ci sentono:
Devo dire però che fra i parroci, più che volontà di fare lavorare in nero, ci sono approssimazione e superficialità. Certo, il confine fra volontariato e lavoro nero è molto sottile. Quando un sagrestano chiede di essere assunto, noi dobbiamo dimostrare che già esiste un rapporto di subalternità e di continuità. Se ci sono queste condizioni e il parroco non accetta il contratto, ci rivolgiamo al vescovo, che spesso interviene e ci dà ragione
Daje raga. Lotta dura senza fattura (Dario Ferri).

http://www.giornalettismo.com/archives/226454/chi-lavora-in-nero-nella-chiesa/