martedì 2 ottobre 2012

Usa, campagna per la libertà di espressione del Center for Inquiry

La li­bertà di espres­sio­ne è a ri­schio, pres­so­ché ovun­que. Per­ché or­ga­niz­za­zio­ni come l’Onu, l’Unio­ne Eu­ro­pea, il go­ver­no ita­lia­no stan­no pren­den­do sul se­rio le ri­chie­ste dei pae­si a mag­gio­ran­za isla­mi­ca e dei lea­der re­li­gio­si cri­stia­ni. Au­men­ta­no le pres­sio­ni da par­te del­le con­fes­sio­ni re­li­gio­se per re­pri­me­re la cri­ti­ca o la sa­ti­ra bol­lan­do­le come bla­sfe­me e of­fen­si­ve: oc­cor­re co­min­cia­re a ri­spon­de­re. Il Cen­ter for In­qui­ry, ne­gli Sta­ti Uni­ti, ha già co­min­cia­to a far­lo.

Dal­la dif­fu­sio­ne del film an­ti-Mao­met­to, cui sono se­gui­te le vi­gnet­te del­la ri­vi­sta fran­ce­se Char­lie Heb­do, gli in­te­gra­li­sti isla­mi­ci han­no sca­te­na­to vio­len­te pro­te­ste in tut­to il mon­do. In­ti­mi­da­zio­ni che pun­tual­men­te rie­mer­go­no per qual­sia­si pre­te­sto, in ma­nie­ra in­con­trol­la­ta. Or­mai, vi­sta la dif­fu­sio­ne del­le no­ti­zie tra­mi­te in­ter­net, ba­sta ad esem­pio una foto su Fa­ce­book per sca­te­na­re un pu­ti­fe­rio dall’al­tra par­te del mon­do.

Come ac­ca­du­to di re­cen­te in Ban­gla­desh, dove ap­pun­to la pub­bli­ca­zio­ne di una foto ri­te­nu­ta of­fen­si­va ver­so il Co­ra­no sul più noto so­cial net­work da par­te di un bud­d­hi­sta ha sca­te­na­to la rab­bia isla­mi­ca. Con mi­glia­ia di ma­ni­fe­stan­ti sce­si in piaz­za e l’as­sal­to a di­ver­si tem­pli bud­d­hi­sti, dati alle fiam­me per rap­pre­sa­glia.

Di fron­te ad una si­tua­zio­ne sem­pre più gra­ve e all’esca­la­tion del­la vio­len­za re­li­gio­sa, i pae­si oc­ci­den­ta­li sem­bra­no sem­pre più pro­pen­si ad un cler­gy­men’s agree­ment. Per­ché di gen­tle­men non si trat­ta di cer­to, vi­sto l’enor­me di­scri­mi­na­zio­ne che si com­pi­reb­be a dan­no dei lai­ci. As­se­con­da­re gli in­te­gra­li­sti com­pri­men­do gli spa­zi di li­bertà è un com­por­ta­men­to as­sur­do: è come dar­la vin­ta ai bul­li a scuo­la. Come tut­ti ri­cor­da­no, dar­glie­la vin­ta non è mai ser­vi­to a nul­la, se non ad au­men­ta­re i loro com­por­to­men­ti bul­li­sti. Allo stes­so modo, ce­den­do sul­la li­bertà di espres­sio­ne si ri­schia con­cre­ta­men­te di far cre­sce­re l’estre­mi­smo re­li­gio­so, sem­pre più le­git­ti­ma­to e tol­le­ra­to.

Pro­prio per fa­vo­ri­re un cam­bia­men­to di rot­ta e sen­si­bi­liz­za­re sull’im­por­tan­za del­la po­sta in gio­co il Cen­ter for In­qui­ry, or­ga­niz­za­zio­ne sta­tu­ni­ten­se at­ti­va nel­la pro­mo­zio­ne del pen­sie­ro lai­co e scien­ti­fi­co e nel­la tu­te­la dei di­rit­ti, ha av­via­to una cam­pa­gna per la di­fe­sa del­la li­bertà di espres­sio­ne.

Tra­sver­sa­li i casi trat­ta­ti dal Cfi, se­gno che in tut­to il mon­do le re­li­gio­ni mag­gio­ri­ta­rie pun­ta­no alla re­pres­sio­ne del dis­sen­so. Ogni tipo di dis­sen­so. A far­ne le spe­se, spes­so an­che i cre­den­ti di al­cu­ne con­fes­sio­ni, che però a vol­te ap­pli­ca­no gli stes­si me­to­di nei pae­si dove ge­sti­sco­no il go­ver­no. In Rus­sia le Pus­sy Riot sono sta­te con­dan­na­te a due anni di pri­gio­ne per of­fe­se alla Chie­sa or­to­dos­sa. In In­do­ne­sia Ale­xan­der Aan è sta­to ar­re­sta­to per aver scrit­to su Fa­ce­book di es­se­re ateo. Ma non man­ca­no i cri­stia­ni, vit­ti­me di leg­gi in­te­gra­li­ste. Come Asia Bibi, con­dan­na­ta a mor­te in Pa­ki­stan per­ché ac­cu­sa­ta di aver fat­to af­fer­ma­zio­ni ‘bla­sfe­me’ nei con­fron­ti del pro­fe­ta Mao­met­to. E Rim­sha Ma­sih, una quat­tor­di­cen­ne di­sa­bi­le ac­cu­sa­ta di aver bru­cia­to te­sti isla­mi­ci. Ri­la­scia­ta dopo che è emer­so che il suo ac­cu­sa­to­re, un re­li­gio­so mu­sul­ma­no, ave­va fal­si­fi­ca­to le pro­ve. Ma che tut­to­ra vive na­sco­sta per ti­mo­re di rap­pre­sa­glie.

No­no­stan­te si par­li spes­so solo di cre­den­ti che su­bi­sco­no an­ghe­rie, atei e agno­sti­ci sono ca­te­go­rie da sem­pre di­sci­mi­na­te. Quan­to sia vivo il pro­ble­ma lo di­mo­stra il re­port pre­sen­ta­to lo scor­so ago­sto da va­rie as­so­cia­zio­ni di non cre­den­ti al di­par­ti­men­to di sta­to Usa. Quan­to ri­le­va­to nel re­port è solo la pun­ta di un ice­berg, ba­sti pren­de­re in con­si­de­ra­zio­ne il caso dell’Ita­lia.

An­che l’Uaar ha se­gui­to i casi del­la cam­pa­gna del Cen­ter for In­qui­ry. Non solo, su Fa­ce­book, quel­li di Aan e del­le Pus­sy Riot. Ma an­che quel­lo di Sa­nal Eda­ma­ru­ku, pre­si­den­te di un’as­so­cia­zio­ne ra­zio­na­li­sta in­dia­na ‘col­pe­vo­le’ di aver sve­la­to un fin­to mi­ra­co­lo in una chie­sa cat­to­li­ca a Mum­bai. O del gio­va­ne egi­zia­no Al­ber Sa­ber, un ateo ar­re­sta­to per­ché ge­sti­va una pa­gi­na di atei su Fa­ce­book, dove ha con­di­vi­so il trai­ler del con­te­sta­tis­si­mo film The In­no­cen­ce of Mu­slims. An­che Ha­m­za Ka­sh­ga­ri, gio­va­ne poe­ta ara­bo con­dan­na­to a mor­te per aver twit­ta­to una im­ma­gi­na­ria con­ver­sa­zio­ne con Mao­met­to, in cui “da uomo a uomo” espri­me­va il suo scet­ti­ci­smo. Sen­za di­men­ti­ca­re il caso dei due tu­ni­si­ni con­dan­na­ti a set­te anni e mez­zo di pri­gio­ne per aver espres­so il loro atei­smo e le cri­ti­che all’islam sui so­cial net­work.

Ne­gli ul­ti­mi se­co­li, la sto­ria del­la li­bertà di espres­sio­ne è sta­ta con­tras­se­gna­ta da una cre­scen­te espan­sio­ne. Ma non è af­fat­to det­to che non pos­sa es­se­re ri­di­men­sio­na­ta. Ac­ca­de già nell’an­ti­chità, quan­do la re­li­gio­ne cri­stia­na ven­ne im­po­sta nell’im­pe­ro ro­ma­no come una con­fes­sio­ne di sta­to, met­ten­do al ban­do tut­ti i cul­ti ‘pa­ga­ni’. Po­treb­be ac­ca­de­re an­che ora, con la na­sci­ta di una San­ta Al­lean­za con­fes­sio­na­le di di­men­sio­ni mon­dia­li. Atei e agno­sti­ci tro­ve­ran­no po­chi pae­si e po­che or­ga­niz­za­zio­ni di­spo­ste a bat­ter­si per i loro giu­sti di­rit­ti. Se vor­ran­no im­pe­di­re que­sta de­ri­va, do­vran­no dun­que pren­de­re co­scien­za del pe­ri­co­lo e im­pe­gnar­si in pri­ma per­so­na per con­te­ne­re l’in­te­gra­li­smo re­li­gio­so mon­tan­te.

Pri­ma che sia trop­po tar­di. L’Uaar sarà, come sem­pre, al loro fian­co.

http://www.uaar.it/news/2012/10/02/usa-campagna-liberta-espressione-center-inquiry/