martedì 23 ottobre 2012

La radice animale delle nostre abilità matematiche

© Blue Valentines/imagebroker/Corbis


La capacità di gestire sofisticati e precisi concetti matematici si fonda in buona parte sul sistema di valutazione approssimato delle quantità che condividiamo con altre specie animali. Lo ha dimostrato una ricerca su studenti universitari che hanno affrontato compiti di stima numerica non verbale e test avanzati di aritmetica e geometria (red)


Le sofisticate capacità matematiche dell’uomo sarebbero strettamente collegate alla capacità non verbale, condivisa con gli altri animali, di valutare in modo approssimativo, senza contarli, il numero di oggetti in un insieme. A confermare questa ipotesi, già avanzata fra gli esperti che si interessano di psicologia e neuroscienze della matematica, è una ricerca condotta presso la Emory University e pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

Molti studi hanno appurato la capacità animale innata di operare valutazioni quantitative approssimate “a colpo d’occhio”. Tuttavia solo l’uomo ha sviluppato la capacità mentale per la matematica formale, che include il ricorso a notazioni simboliche per i numeri, la conoscenza di concetti quantitativi e l'applicazione di operazioni di calcolo. Le differenze fra queste due modalità di pensiero sono rilevanti: la prima riguarda le grandezze in generale, anche non numeriche (come più grande/più piccolo, più vicino/più lontano), ed è, appunto, innata; la seconda invece richiede l’acquisizione di concetti attraverso esplicite istruzioni di carattere verbale, e porta a quantificazioni esatte anche per valori elevati, mentre un sistema approssimato innato soffre di un'imprecisione che cresce linearmente in funzione della dimensione delle quantità considerate.
La possibilità che fra le due abilità esista un collegamento è stata suggerita da alcuni studi recenti, in particolare da indagini di visualizzazione dell'attività cerebrale condotte con la risonanza magnetica funzionale. Questi studi hanno mostrato somiglianze nelle modalità di attivazione nell’area del solco intraparietale durante l’esecuzione dei due tipi di compiti.

Per valutare l’effettiva esistenza di questa connessione, Stella Lourenco e colleghi hanno dato a 65 studenti universitari sia un insieme di compiti di stima numerica non verbale (ossia senza conteggio o calcolo esplicito) e dimensionale, sia una serie di test standardizzati di aritmetica e geometria avanzate.

Hanno così scoperto che gli studenti che eseguivano una buona stima numerica delle quantità erano anche quelli che brillavano di più nei test di matematica formale, e che gli studenti che riuscivano a fornire le migliori stime di grandezza relativa ottenevano i punteggi più elevati nei test di geometria. Questa correlazione elevata, sebbene non perfetta, era valida anche una volta che i risultati venivano normalizzati rispetto al quoziente intellettivo dei soggetti. D'altra parte, le discrepanze trovate per alcuni test, osservano i ricercatori, possono dipendere da altre abilità cognitive, differenti dalla rappresentazioni di grandezze non simboliche. Così, molti problemi aritmetici di routine mostrano una maggiore dipendenza dalla memoria visivo-verbale che dal calcolo esplicito di grandezze: è il caso di numerosi problemi aritmetici semplici che, come le tabelline, possono essere memorizzati piuttosto che calcolati, e alla cui risoluzione una grandezza non simbolica può contribuire poco o per nulla.

http://www.lescienze.it/news/2012/10/23/news/abilit_matematica_uomo_animali_approssimativo_formale-1324996/