mercoledì 27 giugno 2012

Evoluzionismo: parla il credente, il miscredente risponde

Roberto Timossi su "Avvenire" si scaglia contro la teoria dell’evoluzione per selezione naturale ("l’ultima ridotta dell’ateismo contemporaneo") e attacca MicroMega ("il Bollettino ufficiale dell’ateismo scientista italiano"). Ripubblichiamo il suo articolo con una nostra risposta firmata da Pierfranco Pellizzetti.

DARWIN INCIAMPA NEL “PROGETTO” SULL’UNIVERSO
di Roberto Timossi, da “Avvenire”

L’ultima ridotta nella quale si è trincerato da tempo l’ateismo contemporaneo è sicuramente la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, vale a dire il paradigma evoluzionistico oggi dominante in biologia e formulato originariamente da Charles Darwin.

A onor del vero, intorno alla natura e alla portata dell’evoluzionismo negli ultimi vent’anni si sono intrecciate numerose controversie tra gli evoluzionisti stessi, tanto che c’è chi tra gli epistemologi o gli storici della scienza ritiene più corretto non parlare al singolare di “teoria dell’evoluzione”, bensì al plurale di “teorie dell’evoluzione”.
Per quello che pare giustificato definire “neo-darwinismo”, tuttavia, anche la semplice supposizione dell’esistenza di più teorie evoluzionistiche risulta inaccettabile e da bollare come una vera e propria eresia scientifica, dietro la quale si cela nientemeno che un complotto creazionista volto (ovviamente) a screditare il valore scientifico dell’evoluzionismo di matrice darwiniana.

Tra coloro che la pensano così si distingue da tempo nel microcosmo culturale italiano il filosofo della scienza Telmo Pievani, il quale lancia a sua volta, con un dogmatismo inspiegabile per un sostenitore del metodo scientifico, l’anatema contro chi osa parlare al plurale di teorie dell’evoluzione e reputa quest’ultimo un trucco degli “oscurantisti” che (guarda caso) si annidano prevalentemente, se non esclusivamente, negli ambienti cattolici.
Il suo obiettivo principale è però quello di eliminare l’ipotesi dell’esistenza di un disegno intelligente, così come hanno tentato di fare con ben altro profilo filosofico e scientifico autori come Richard Dawkins e Daniel C. Dennett; quindi di obliterare l’idea stessa di un Creatore.

Su questi temi Pievani è tornato di recente in un dialogo con l’astronomo padre George V. Coyne e pare proprio non solo non aver cambiato posizione (cosa su cui onestamente non contavamo), ma neppure modificato il suo intransigente dogmatismo naturalistico. Non a caso del resto il dialogo compare sull’ultimo numero della rivista “Micromega”, che si potrebbe a buon diritto intitolare “Bollettino ufficiale dell’ateismo scientista italiano”. Pievani infatti afferma l’evidenza scientifica della “forte e radicale contingenza della storia naturale”, senza troppo preoccuparsi del fatto che molti epistemologi formati alla scuola del fallibilismo e quasi tutti i grandi scienziati coscienti dei limiti della scienza sono alquanto prudenti nel considerare definitivamente evidenti le teorie scientifiche più generali. Se c’è qualcosa di contingente per definizione è proprio la scienza e pertanto stupisce non poco trovare toni così perentori, al limite dell’intolleranza, da parte di un docente di filosofia della scienza.

Questa consapevolezza del carattere non assoluto e mai definitivo della conoscenza scientifica pare invece per fortuna presente in padre Coyne che, da credente in un Dio rispetto al quale qualsiasi affermazione umana è sempre inadeguata, non ha difficoltà a riconoscere il valore della teoria dell’evoluzione, ma consiglia giustamente di distinguere tra “causare” in senso scientifico e “creare”, perché essendo la creazione divina un atto trascendente non va confusa con una delle tante cause individuate dalle scienze nell’Universo. Dal momento che padre Coyne concepisce Dio tanto come trascendente quanto come immanente all’interno del cosmo, consiglia di non enfatizzare la natura “creativa” dell’evoluzione riconoscendo invece in essa una sorta di “progetto intrinseco” che ovviamente i neo-darwinisti alla Pievani non soltanto non vogliono vedere, ma nemmeno sentir pronunciare. Tuttavia questa possibilità esiste e questa caratteristica dell’Universo per un credente religioso può essere benissimo considerata l’opera di Dio.
IL TEOCENTRISMO OSCURANTISTA DEI NEMICI DI DARWIN
di Pierfranco Pellizzetti


Davvero la teoria dell’evoluzione per selezione naturale sarebbe «l’ultima ridotta dell’ateismo contemporaneo» (e MicroMega «il Bollettino ufficiale dell’ateismo scientista italiano»)?

A me – miscredente, nonché micromeghista – pare semmai che proprio il Moderno (in quanto umanistico, in quanto illuministico) sia intimamente ateo, nella misura in cui si configura come Progetto di spostamento delle prospettive con cui si concettualizzano le cose del mondo: dal teocentrismo all’antropocentrismo. Il ché comporta una revisione del principio stesso di Verità: da quella platonica (di cui Ratzinger è soltanto l’ultimo epigono), che la concepisce «esistente e in qualche luogo», a quella relativistica e procedurale (dunque relazionale e linguistica), conseguente «a pratiche sociali condivise di giustificazione e controllo».

Certo, l’effetto di tali pratiche discorsive assume differenti gradi di “durezza” (attendibilità); tanto che – almeno da Wilhem Dilthey in poi – i moderni distinguono tra “scienze della natura”, dedicate alla produzione di leggi (probabilistiche) basate sul principio di causa/effetto, e “scienze dell’uomo”, da cui si ricavano modelli interpretativi (e mai prescrittivi).

D’altro canto, i moderni sono ormai sufficientemente “postmoderni” da sapere che ogni prodotto dell’umano pensare/agire porta in sé lo stigma dell’umanità, che preclude l’oggettivo e ripiega sull’intersoggettivo. Difatti l’oggettivazione della scienza operata da ogni epistemologia minimamente plausibile si limita a definire tale solo il metodo: una processualità rigorosamente sottoposta a verifica/verificabilità.

Insomma, ogni discorso che facciamo tende necessariamente al “genere letterario” (e questo vale in primis per il campo dei teologi). Con tanti saluti alla pretesa di certezze definitive, fuori portata per chi è totalmente immerso nell’immanente del di qua: appunto, lo stigma indelebile confisso nella condizione umana (da cui la frustrazione ansiogena che attanaglia la nostra specie: avere una mente che anela all’assoluto, al permanente, piazzata in un corpo che si deteriora giorno dopo giorno).

Ciò premesso, ne consegue che ha poco senso pretendere di smascherare la non-scientificità dell’evoluzionismo in quanto declinato in una pluralità di teorie (e non in una sintesi olistica): scientifico, in quanto non ancora falsificato, è il “paradigma evoluzionistico” imperante; all’interno del quale la scienza “normale” (à la Thomas Kuhn) sperimenta differenti ipotesi esplicative. Paradigma di certo non falsificato dai tentativi di rimettere a nuovo il suo predecessore (Creazionismo), riverniciato terminologicamente in Progetto Intelligente.

Dove sta l’oscurantismo? Mi pare indiscutibile: dalla parte dei nemici di Charles Robert Darwin. E compagni. Ad esempio, nel suo recente saggio “Democrazia!”, Paolo Flores d’Arcais ci ricorda il celebre scambio di battute tra Pierre-Simon Laplace e Napoleone Bonaparte: «non capisco come non abbiate dato spazio all’azione del Creatore», dice il Primo Cittadino. «Non ho avuto bisogno di questa ipotesi», l’immediata replica dell’uomo di scienza francese.

Ritornando al palleggiamento sul “chi è l’oscurantista”, da quale parte starebbe il tentativo di riportare in auge il paradigma tolemaico a scapito di quello copernicano? Ma l’operazione del revival creazionistico è un po’ lo stesso, in linea con il patetico tentativo del supremo vertice vaticano di stabilire apoditticamente la consustanzialità tra Fede e Ragione. Di certo un’operazione di potere (e di sopravvivenza). Però sarebbe meglio chiamare le cose con il loro nome e cognome.

Dunque, il conflitto tra la ragione teologica e quella scientifica è meramente politico. La posta in palio è la visione del mondo da cui ricavare criteri al servizio di primazie assolutamente concrete: i presidiatori dell’Antico Ordine o i ricercatori di un qualche orientamento di senso/significato nel Caso e nella Necessità?

Semmai – se proprio vogliamo insistere in materia di tassonomie – “scientifico” (nonché democratico e liberatorio) è il lavoro di smascheramento/disvelamento delle reali poste in palio: proseguire il cammino verso il disincanto o virare all’indietro, verso consolazioni anestetiche.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/evoluzionismo-fede-e-ragione-parla-il-credente-il-miscredente-risponde/