giovedì 2 agosto 2012

In Africa i primi umani moderni si incrociarono con altre specie

Nuove indagini genetiche testimoniano che i nostri predecessori non si incrociarono con altre specie ominidi solo in Europa e in Asia, ma anche in Africa, dove l'analisi del genoma di tre popolazioni africane di cacciatori-raccoglitori, fra le più ancestrali del mondo, suggerisce l'incrocio con un ominide – ancora da scoprire – che si è separato dall'antenato comune circa 1,2 milioni di anni fa. La scoperta di milioni di nuove varianti indica inoltre che molta parte della variabilità genetica umana non riguarda i geni ma le regioni non codificanti del genoma

di Gary Stix

Sarah Tishkoff è una delle star della genetica delle popolazioni, la disciplina che scruta la storia dell’uomo per mezzo delle basi ATCG del DNA, e in particolare è una dei maggiori esperti di genetica delle popolazioni africane. Il 26 luglio scorso, sulla rivista “Cell”, la Tishkoff, che lavora all'Università della Pennsylvania, ha pubblicato un articolo che illustra i dettagli del sequenziamento completo del genoma di cinque individui per ciascuno dei tre gruppi di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti: i pigmei del Camerun e gli Hadza e i Sandawe della Tanzania. I risultati rivelano milioni di varianti genetiche di recente scoperta – differenze in una singola lettera (ATCG) del codice genetico – secondo i quali molto tempo fa i primi umani moderni possono essersi incrociati con un'altra specie di ominide (anche se la documentazione fossile non fornisce molto dati che lo suffraghino). Ecco l'intervista che ha rilasciato in proposito.

Ci può descrivere la ricerca che ha portato ai risultati illustrati nell’articolo?Siamo i primi a considerare questi differenti gruppi di cacciatori-raccoglitori africani che discendono da alcuni dei lignaggi più ancestrali del mondo. Sono di particolare interesse perché hanno stili di vita unici e molto particolari. Ci sono ben poche popolazioni che conservano ancora uno stile di vita da cacciatori-raccoglitori.

Si tratta dello studio più esteso con un sequenziamento estremamente dettagliato, relativo all’Africa. Ci siamo concentrati su tre gruppi perché sono antropologicamente interessanti. Si ritiene che discendano da gruppi ancestrali di tutti gli esseri umani moderni. Volevamo capire le basi genetiche dell’adattamento al loro ambiente locale, tra cui, per esempio, il tratto della bassa statura nei pigmei.
Che
cosa avete scoperto?
Abbiamo scoperto 13 milioni di varianti e, di queste varianti, più di 3 milioni sono completamente nuove, nel senso che non sono segnalate in alcun database. I database pubblici riportano circa 40 milioni di varianti. Dunque abbiamo trovato 3 milioni di nuove varianti con il semplice sequenziamento di 15 individui. Questo aumenta di quasi l'8 per cento l’intera variabilità genetica umana nota, e dimostra che non conosciamo ancora una parte significativa della variazione esistente al mondo, e in particolare in Africa, che è la patria degli esseri umani moderni e un luogo in cui c’è stato molto tempo per lo sviluppo di differenziazioni in ambienti molto diversi. Ciò significa che esiste probabilmente un gran numero di varianti regionali o specifiche di alcune popolazioni che non sono state caratterizzate, alcune delle quali funzionalmente molto importanti.

E per quanto riguarda la selezione naturale?La selezione naturale sembra operare maggiormente sul genoma non codificante [la parte di regolazione dell’espressione genica, che non contiene geni] rispetto alla regione codificante. Sono in molti a condurre il sequenziamento guardando solo agli esoni, guardando solo ai geni. Credo che si stiano perdendo un sacco di variazioni importanti.

Nel nostro studio, abbiamo esaminato quali regioni del genoma di questi gruppi si sono differenziate in modo univoco in relazione ai loro ambienti locali. Non abbiamo trovato una grande sovrapposizione tra i tre gruppi, né tra questi e altri e altri gruppi africani non di cacciatori-raccoglitori . Abbiamo scoperto che attraverso la selezione naturale si sono sviluppati particolari adattamenti relativi all'immunità, al gusto e all'olfatto.
Nei pigmei, abbiamo scoperto geni coinvolti nella regolazione termica, nell'immunità e nella statura, tutti probabilmente con valore adattativo a un ambiente tropicale. Abbiamo messo in evidenza possibili geni correlati all’ipofisi e alla funzionalità tiroidea, forse legati a un adattamento a un ambiente povero di iodio.

Nei Sandawe, abbiamo trovato una variante per la melanina, un gene coinvolto nella pigmentazione della pelle. I Sandawe sono uno dei gruppi africani dalla carnagione più chiara. Quando sono andata a lavorare con loro, hanno detto: 'Siamo come fratelli e sorelle perché ci somigliate.' E questo non è dovuto a una commistione europea: sembrano San [un gruppo di cacciatori-raccoglitori del Sudafrica].

E sugli incroci con altre specie umane?Vari studi hanno dimostrato un certo livello di incroci tra i primi umani moderni usciti dall’Africa e altre specie arcaiche non africane, tra cui i Neanderthal e, in Asia, la specie detta di Denisova. Ma non si è mai trovata alcuna prova di un DNA neanderthaliano in Africa. Il problema è che in Africa non si ha una buona conservazione dei fossili. Quindi, quello che abbiamo fatto è stato usare i metodi statistici sviluppati da Josh e Ben Akey Vernot dell'Università di Washington per riconoscere le regioni del genoma che sembrano essere di origine arcaica.

La prima cosa che abbiamo fatto è stata testare questa statistica applicandola a non-africani, trovando in questi genomi un notevole arricchimento del DNA di Neanderthal. Ma non tra gli africani, che non avevano DNA neanderthaliano. Quando abbiamo applicato la statistica agli africani, in compenso, abbiamo visto molto dati che testimoniano incroci con un ominide che si è separato da un antenato comune circa 1,2 milioni di anni fa, risalente cioè all’incirca al periodo in cui si sono separati anche i Neanderthal. Questo suggerisce che in Africa ci possa essere stata una specie sorella. Quale, nessuno lo sa. Ma questo sembra dimostrare che l’essere umano moderno si è incrociato, e non solo con specie non africane.
Perché la genetica africana è così eccitante?L'Africa è stata il luogo di origine di tutti gli esseri umani moderni e se si vuole conoscere quando, dove e come ci siamo evoluti, bisogna guardare a questo continente. Ha una lunga storia di suddivisione delle popolazioni, di adattamento di quelle popolazioni ad ambienti ben distinti e mostra una vasta gamma di fenotipi, che vanno dalla bassa statura dei pigmei alla statura molto alta dei pastori dell’est. E c’è stata anche un'esposizione a malattie molto diverse, e con prevalenza molto difforme.

E per il futuro?Vogliamo ampliare la nostra analisi del genoma d altre popolazioni, e vogliamo farlo con campioni di dimensioni maggiori, continuando a cercare di correlare le varianti genetiche con i diversi tratti fenotipici. Ci piacerebbe condurre studi funzionali di questi geni per vedere, per esempio, come influenzano lo sviluppo ipofisario. C'è il coinvolgimento di qualche meccanismo totalmente nuovo. Stiamo osservando i pigmei e altri gruppi da una prospettiva di sistema: non si può guardare, per esempio, all’altezza come a un tratto a sé stante. Bisogna considerarla in relazione al metabolismo e al sistema immunitario e vedere come interagisce il tutto.

(La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 26 luglio. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

http://www.lescienze.it/news/2012/08/02/news/primi_uomini_moderni_incrocio_altre_specie_ominidi_africa-1184704/