mercoledì 8 giugno 2011

ACQUA BENEDETTA. REFERENDUM, PERCHÉ LA CHIESA È CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE

AquasantieraSe è vero che in Italia il condizionamento della chiesa permea ogni aspetto della vita sociale e politica, allora il referendum del 12 e 13 giugno è già una missione compiuta. È infatti una vera e propria campagna evangelica quella messa in atto dal mondo cattolico contro la privatizzazione dell’acqua. Editoriali nei giornali delle diocesi, interviste, omelie, video su YouTube ed email passaparola inneggianti l’importanza della sorella acqua.
CROCIATA PER IL BENE COMUNE. Una catena di Sant’Antonio che ha come unica preghiera lo slogan: «Salviamo l’ acqua». La crociata nel nome dell’acqua benedetta era iniziata già nel 2009, quando il voto in parlamento (il 19 novembre, il primo in Europa) per la privatizzazione dell’oro blu, dichiarato bene di rilevanza economica dalla legge Ronchi, scatenò l’ira di molti religiosi. «Maledetti voi», tuonò padre Alex Zanotelli, «l’acqua è vita, l’ acqua è sacra e privatizzarla è una bestemmia».
Da allora, anche grazie alla Rete, sono stati numerosi i religiosi che hanno deciso di mobilitarsi.

All’allarme «attenzione, ci stanno rubando l’acqua!», è seguito un tam tam che nei giorni che precedono il referendum si fa sempre più insistente.

Il 9 giugno in piazza San Pietro un digiuno per difendere l’ acqua
Il 30 aprile Zanotelli, con un altro sacedote, Adriano Sella, ha inviato una email a tutti i religiosi in cui chiedeva: «Come possiamo permettere che l’acqua, nostra madre, sia violentata e fatta diventare mera merce per il mercato? Per noi cristiani è un grande dono di Dio, che fa parte della sua straordinaria creazione e che non può mai essere trasformata in merce».
Per impedire questo peccato originale, i due religiosi hanno invitato sacerdoti, missionarie e missionari, consacrati e consacrate a trovarsi in piazza San Pietro a Roma, giovedì 9 giugno alle ore 12, per fare un grande digiuno.
«Venite con i vostri simboli sacerdotali e religiosi, ma anche con i vostri manifesti pastorali, per poter dire a tutto il popolo italiano: Salviamo l’acqua!», il messaggio inviato da Sella e Zanotelli.
MOBILITAZIONE E CITAZIONI BIBLICHE. Per far prendere coscienza sui pericoli della vittoria di un «no», oltre alla mobilitazione, ci sono anche le citazioni bibliche come quella del Vangelo letto durante la Quaresima in cui Gesù, stanco ed assetato, chiede a una samaritana: «Donna, dammi da bere».
«Una domanda che non si potrà certo rivolgere a un’azienda impegnata a fare utili», ha commentato don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, in provincia dell’Aquila, anche lui coinvolto nella missione evangelizzatrice per salvare l’acqua dalla privatizzazione.
Perché davanti alle previsioni dell’Onu, secondo cui entro la metà del XXI secolo 3 miliardi di esseri umani non avranno accesso all’acqua potabile, il referendum sull’oro blu diventa un problema etico e morale.
In fondo è stato lo stesso papa Benedetto XVI ad affermare nella sua enciclica sociale Caritas in veritate che «l’acqua è un diritto universale di tutti gli esseri umani».
Il compendio della dottrina sociale della chiesa n. 485 afferma inoltre: «L’acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale».

L’invito dei domenicani: andate a votare
Meno espliciti, ma ugualmente partecipi, le suore e i padri domenicani della Commissione nazionale giustizia, pace e creato della famiglia. Non hanno dato nessuna indicazione di voto, ma hanno invitato i fedeli ad «andare a votare e a convincere gli altri a fare altrettanto».
Per i referendum, vista la «sensibilità dei temi di cui si parla, la Commissione», si legge in una nota, «ha deciso di non esprimere un consiglio di voto, ma vuole invitare la famiglia domenicana a partecipare responsabilmente a questo momento di democrazia, perché l’acqua è un diritto fondamentale e non solo un bisogno e il nucleare ci chiede di decidere per il nostro futuro».
L’ESORTAZIONE ALLA RESPONSABILITÀ. I domenicani ricordano inoltre che monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha sottolineato come «i beni comuni siano salvaguardati e custoditi per il bene di tutti».
Durante il convegno tenutosi ad aprile ad Assisi su «Sorella Acqua», è stato infatti proprio Crociata a fare il punto sull’argomento: «Il tema dell’acqua deve essere affrontato dalla comunità internazionale per un uso equo e responsabile di questa risorsa, attorno al quale si gioca una delle partite decisive del prossimo futuro». Secondo Crociata, perché gli enti governativi non perdano autonomia davanti al potere delle multinazionali, è necessario «un impegno comune, che sappia orientare le scelte e le politiche per l’acqua, concepita e riconosciuta come diritto umano e come bene dalla destinazione universale».

La presa di posizione dei vescovi italiani: il caso di Nola
Il messaggio di Crociata è stato condiviso anche dai vescovi italiani: sono ben 45 infatti le diocesi che hanno sottoscritto il documento «Acqua, dono di Dio e bene comune» lanciato dalla Rete interdiocesana per i Nuovi stili di vita durante la scorsa Pasqua.
Il 7 giugno a scendere in campo per il «sì» è stata anche la diocesi di Nola. In una nota, infatti, il direttore dell’ufficio pastorale per i Problemi sociali e lavoro, Giustizia e Pace, Salvaguardia del creato, don Aniello Tortora, pur ricordando che «non spetta alla chiesa dare indicazioni in occasioni delle competizioni elettorali», ha invitato i cittadini a recarsi alle urne per «difendere un bene comune».
Tortora si è espresso anche sui quesiti sostenendo che la chiesa di Nola «rispetta la libertà di coscienza di tutti e di ciascuno», ma è necessario «salvaguardare l’acqua, perché è un elemento imprescindibile per la sopravvivenza». E sul nucleare il vescovo di Nola ha detto: «Si deve perseguire la strada delle energie rinnovabili, per tutelare al meglio la salute dei cittadini».
FRANCESCANI IN LOTTA PER «SOR AQUA». Che l’acqua sia un «dono di Dio all’uomo e alla terra», lo hanno ricordato anche i frati francescani del Sacro convento di Assisi, per i quali «è un’aberrazione pensare che l’acqua possa essere considerata di proprietà di qualcuno».
Dopo aver citato quel che Francesco d’Assisi diceva dell’acqua nel Cantico delle creature, «Laudato sii, mi Signore, per sor Aqua la quale è molto utile e umile e preziosa e casta», i frati hanno sottolineato che «la gestione dell’acqua va affrontata con lo sguardo rivolto all’utilità comune».
Sul sito Sanfrancesco.org, il custode del convento di Assisi, padre Giuseppe Piemontese, si è occupato in maniera più generale dei referendum, sostenendo che i quesiti «pongono una riflessione sul piano degli stili di vita, perché senza atomo e senza gestione pubblica dell’acqua si passerebbe dal benessere senza confini a una vita semplice che fa a meno di consumi inutili e riduce l’inquinamento».

Ci sono poi i preti fai date, quelli che lasciano un videomessaggio su YouTube. Come don Giorgio De Capitani, parroco a Monte di Rovagnate, in provincia di Lecco, che ha invitato il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano a fare la propria parte inviando un messaggio ai preti della diocesi «perché caldeggino la partecipazione a questo referendum per difendere l’acqua, un bene comune».
Secondo il religioso, «chi dice no, cioè decide perché l’acqua sia messa sul mercato, non è un cristiano, è un indegno, va buttato fuori dalla chiesa, non è neppure una persona, è uno schifo».
De Capitani ha esortato infine Tettamanzi «a dire una parola evangelica», e a «invitare i fedeli a votare ‘sì’ al referendum in difesa dell’acqua» e ha minacciato di buttare fuori dalle chiese «a pedate nel culo» chi non rispetterà il diktat.
FAMIGLIA CRISTIANA: «ENNESIMA SCONFITTA DEL CAV». Ma se è l’acqua il tema che affligge di più il mondo cattolico, anche sul nucleare i dubbi sono tanti. A scriverne è il settimanale Famiglia cristiana che non perde l’occasione per evidenziare l’errore dell’esecutivo.
Beppe Del Colle, nel suo editoriale ha attaccato il governo, che «ha cercato di evitare il referendum sul nucleare proprio per cancellare uno dei motivi (forse il più ‘popolare’, dopo il recente disastro della centrale nucleare giapponese) della partecipazione alla giornata referendaria». Per raggiungere l’obiettivo, il Cav ha ideato «il decreto Omnibus per rinviare di 12 mesi le decisioni sulla realizzazione delle centrali nucleari».
Del Colle ha ipotizzato che Berlusconi «immaginava che la Cassazione avrebbe annullato il referendum, ma così non è stato e il Cavaliere dovrà aggiungere alla disfatta elettorale delle amministrative anche il peso della più che probabile vittoria dei ‘sì’ per tutti e quattro i quesiti».
Una previsione che suona quasi come una preghiera. (di Antonietta Demurtas)