giovedì 22 agosto 2013

La morte del paradiso

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Tante religioni attestano l’esistenza di miracoli, ma nessuna di esse – a quanto ci consta – basa la propria fede su di essi. Almeno ufficialmente. Perché poi l’uso dei miracoli per accreditarsi è assolutamente generalizzato, sia a fini economici, sia a fini di evangelizzazione. L’avvento del metodo scientifico, del pensiero critico, dell’uso della ragione su scala sempre più ampia è andato di pari passo con la riduzione delle (pseudo)spiegazioni basate sul sovrannaturale. La miracolistica e i suoi seguaci si sono pertanto progressivamente rifugiati in alcune ridotte: una di queste, le esperienze di pre-morte, così difficili da analizzare. Almeno fino a qualche giorno fa.

 
Non è probabilmente l’aldilà, quella luce bianca che diversi sopravvissuti a un infarto dicono di aver visto, una volta “tornati” nell’aldiqua. Lo smentisce uno studio condotto da ricercatori dell’università del Michigan, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Hanno anestetizzato dei ratti e hanno indotto loro un arresto cardiaco. Altri ratti sono stati invece asfissiati. L’elettroencefalogramma avviato in parallelo ha rilevato che nei trenta secondi successivi, anche se il sangue non fluiva più al cervello, l’attività cerebrale era intensa. Anzi, l’organo risultava addirittura sovraeccitato. Come dire: in qualche modo è un trip, ma non è certo un viaggio nell’aldilà.

Soltanto pochi giorni fa è peraltro caduto in disgrazia anche il dottor Eben Alexander. Un neurochirurgo (quindi, nell’immaginario collettivo, “uno scienziato”) che asserisce di aver vissuto esperienze mistiche durante alcuni giorni di coma provocato da una meningite, tanto da poter sostenere di aver avuto le prove che un’eternità di eterno splendore attende gli esseri umani dopo la loro morte. Il suo libro, Milioni di farfalle, (Proof of Heaven, “Prova del paradiso” nell’originale inglese), pubblicato nell’autunno 2012 è diventato in fretta un bestseller mondiale, anche grazie all’enfasi che gli hanno dato i mass media. Cinque mesi fa ne abbiamo scritto anche noi, dando conto delle repliche razionalistiche che aveva ricevuto. Ad aprile si era aggiunto anche Michael Shermer, che sul Scientific American ha sostenuto che il libro era la “prova di un’allucinazione”, piuttosto che del paradiso. Un’inchiesta della rivista Esquire pubblicata questo mese ha invece rivelato che Alexander è stato sospeso o licenziato da numerosi ospedali, ed è stato anche oggetto di numerose denunce – una delle quali per aver alterato i referti per coprire un errore medico. Esistono inoltre diverse discrepanze tra quanto contenute nel libro e sue precedenti testimonianze. Alexander si è limitato a replicare “difendendo ogni parola” del suo volume, ma la sua credibilità sembra ormai decisamente compromessa.
 
L’avvenire dell’illusione dell’aldilà, per dirla con Freud, sembra dunque incerto. Come per le altre illusioni dello stesso tipo, beninteso. Con buona pace di Stephen J. Gould, che riteneva scienza e religione magisteri non sovrapponibili, vi sono fenomeni che sono realmente sovrapponibili, e quindi indagabili. E dati alla mano, tutti i fenomeni religiosi che la scienza ha potuto indagare hanno visto cadere le pretese di sovrannaturalità. Ma non traiamo conclusioni affrettate, almeno noi: la fabbrica delle illusioni non ha ancora chiuso i battenti, e non ha nessuna intenzione di farlo.