Sempre prima sul calendario si presenta il giorno  in cui la Terra esaurisce le proprie risorse: con questi ritmi l'umanità avrebbe  bisogno di un Pianeta e mezzo.
 
Arrivati al 20 di agosto, siamo già in debito nei confronti del nostro  vecchio e stanco Pianeta: ogni anno la fatidica data che segna il giorno in cui  abbiamo esaurito le risorse della Terra si ripresenta per ricordarci come si  renda necessario un cambiamento di rotta nella direzione presa dall’umanità; e,  per di più, si anticipa progressivamente sul calendario. Giunti appena a qualche  giorno dalla conclusione dell’ottavo mese dell’anno, abbiamo già consumato le  riserve alimentari – siano esse di natura animale o vegetale – idriche e di  tutte quelle materie prime che dovevano essere sufficienti fino alla fine di  dicembre: questo significa, in termini molto semplici, che ad essere compromessa  è la stessa capacità di rigenerarsi dell’ambiente, anche a causa della crescente  mole di rifiuti e di gas inquinanti immessi nell’atmosfera che, di fatto,  continuano a superare di molto le capacità di recupero e smaltimento del  Pianeta.
Si chiama Earth Overshoot Day e rappresenta  il momento dell’anno in cui iniziamo a vivere al di sopra delle nostre  possibilità. L’idea di portare avanti uno studio che, sostanzialmente,  sia in grado di misurare lo scarto esistente tra la domanda di risorse  ecologiche e le effettive possibilità di risposta della Terra, è nata grazie  alla collaborazione di studiosi e ricercatori di tutto il mondo uniti nel  Global Footprint Network. Il monitoraggio, anno dopo anno, ha  consentito agli esperti di stabilire come i trend di sfruttamento siano ben  lontani dai parametri di sostenibilità di cui necessiterebbe il Pianeta per  poter rigenerare le proprie “riserve”: anzi, per comprendere facilmente la  situazione basta pensare al fatto che nel 1993 l’Earth Overshoot Day si  presentò il 21 ottobre. Dieci anni dopo, la data si anticipava al 22 di  settembre, delineando nel decennio successivo un andamento nel quale il fatidico  giorno tende ad arrivare un po’ prima ogni anno.
A partire dagli anni ’70, i primi problemi legati a quella che  sarebbe diventata una vera e propria crisi ambientale hanno iniziato a  manifestarsi: il consumo umano è andato oltre la soglia di criticità e  lo sfruttamento del Pianeta ha superato le capacità di produzione (e  rigenerazione) di questo. Il circolo virtuoso che ha consentito per secoli  all’umanità di alimentarsi, costruire, spostarsi riassorbendo l’anidride  carbonica all’interno del “budget” terrestre si è improvvisamente spezzato;  contemporaneamente, il capitale naturale viene “speso” rapidamente con effetti  sempre più evidenti. La riduzione massiccia delle foreste, la perdita di  numerose specie viventi, il sovrasfruttamento degli stock ittici con il  conseguente collasso della pesca, le materie prime che sfiorano picchi di prezzi  sempre più alti, con i conseguenti disordini civili, sono solo alcuni degli  aspetti più allarmanti di quella che, secondo alcuni, sarà una catastrofe  ambientale ed economica della quale stiamo conoscendo solo il drammatico  preludio. Secondo i calcoli del Global Footprint Network, se oggi  abbiamo bisogno di quasi un Pianeta e mezzo per le nostre richieste, entro il  2050 ne saranno necessari due: tutto questo mentre, in verità, i mutamenti  climatici minacciano parecchie colture fondamentali.
 Del resto, fino a quando per ricavare energia continueremo a fare  affidamento quasi esclusivamente sui combustibili fossili, non rinnovabili e molto poco  ecologici, riesce davvero difficile immaginare uno scenario diverso da  quello apocalittico che viene segnalato da esperti e studiosi. Per quanto  riguarda le singole realtà nazionali, il nostro Paese se la cava egregiamente  consumando quattro volte in più rispetto alle sue possibilità: un numero che  potrebbe apparire allarmante, ma che lo è meno se si pensa che abbiamo iniziato  a scendere dopo il picco del 2000. I più “scellerati” sono Paesi come Cina e  Giappone, o anche il Qatar e la Svizzera, mentre Australia e Canada, ad esempio,  sono tra quelli che riescono a produrre più di quanto consumano: ad ogni modo il  loro bilancio in attivo non è in grado di mettere in equilibrio quello totale  della Terra. Alla quale, dunque, non resta altro da fare se non aspettare il  prossimo Earth Overshoot Day, confidando in un cambiamento che, questa  volta, non riguardi il clima ma l’idea di sfruttamento che l’uomo ha di  essa.
di Nadia Vitali
http://scienze.fanpage.it/l-earth-overshoot-day-e-arrivato-anche-quest-anno-in-anticipo/
