lunedì 25 luglio 2011

SE QUESTO È UN ATEO...


Ateo o credentePoche persone sono degne di non credere a nulla.
.. Jean Rostand ..
Il rifiuto di credere in Dio implica il togliersi da sotto l' "ombrello" accomunante sotto il quale si riparano i credenti, con tutto quanto ciò potrebbe implicare a livello di inconvenienti esistenziali. È bene precisare comunque che eventuali problemi derivati dal non-credere non potrebbero certo essere additati come una mozione a suo sfavore, nè tantomeno a favore dell'esistenza di divinità onnipotenti che non solo permetterebbero il Dubbio, ma anche l'eventuale malessere derivatone.
L' ateo coscienzioso, che sa distinguere rispetto all'ateo meramente libertino, di solito non ritiene interessanti le medesime cose della maggioranza; questo tipo di ateo potrebbe sicuramente trovare difficoltoso stabilire un rapporto d'amalgama con chi, d'altronde, tende a definirlo un presuntuoso che "vorrebbe sostituirsi a Dio". Il non-credente (quando posso, preferisco chiamarlo così, [...]
anzichè col termine "ateo) potrebbe tendere ad isolarsi proporzionalmente all'intensità della consapevolezza della falsità su cui poggia la società in cui si vedrebbe "costretto" a vivere.
Il sintomo può palesarsi sotto forma di apatia, odio, risentimento nei confronti dell'esistenza propria e altrui: in forme più pratiche, può anche svilupparsi nell'incapacità d'integrazione nel mondo del lavoro, nella sessualità, nei rapporti sociali. Nonostante ciò, l'ateismo addìta la responsabilità di fomentare le credenze non alla società, bensì a quelle minoranze coesionate che hanno fatto della loro insufficienza al "materialismo" una questione commerciale; e se da un lato non possiamo accettare un contesto sociale per via della falsità alle sue fondamenta, potremmo trovare quantomeno un compromesso di convivenza con una realtà così arretrata, senza per ciò trattare od essere trattati dagli altri come inferiori.


Dal momento che le religioni si stratificano automaticamente sul concetto di Bene, chi non aderisce a tale assioma, negando indirettamente la società che su di esso si basa, molto spesso non ha altra scelta che accettare lo stigma del "demoniaco", secondo uno stereotipo manicheo imposto dalla struttura sociale stessa. L'ateo è riconoscibile non solo perchè rifiuta la società, bensì perchè le cognizioni conformano aspetto e comportamento: inoltre, l'ateo è rifiutato perchè l'essere umano preferisce l'affermazione alla negazione, pur qualora essa fosse diretta a un fine costruttivo, delineato tramite la demistificazione del "si" falsato che è identificato con il concetto di Dio.
Quello che i preti non sono riusciti a capire (o meglio, non hanno voluto capire, per ovvi motivi), è che la soluzione di problemi del genere non si ottenga certo parlando di "presunzione antropocentrica". È automatico che, eliminando una proiezione esterna, l'essere umano potrebbe essere portato a sostituirle se stesso, in mancanza di un altro target; dato che l'idea di Dio è stata creata proprio per dover essere non-plus-ultra, è altrettanto placito che non si possa sostituire scientemente uno "sparring-partner" con un altro, mentendo a se stessi.
A condizioni di contrasto e disagio estremo, che scavalca la buona volontà di rispettare il prossimo per ciò che esso è come persona, si potrebbe giungere addirittura ad un rifiuto della società e ad un attivismo sociale che può diventare ossessione o anche invasamento. Se ti senti differente, automaticamente tutto potrebbe girare storto, a cominciare dal rapporto con coloro ai quali stai tentando di comunicare qualcosa di diverso.
Nella loro logica molto periferica, i credenti ora diranno che questo Dio bizzoso, svogliato e indaffaratissimo, stavolta si è accorto sollecitamente di noi, facendoci subire la giusta punizione per la nostra superbia: ma piuttosto è il nostro non conformarci alla linea di pensiero della "Normalità", a farcela subire. I dotti sanno dirci anche che Dio userebbe gli atei per attestare la propria presenza e liberalità: una spiegazione che basta ai semplici, abituati a cogliere un dio che scende a morire su una croce affinchè possiamo diventare gli abitatori della sua corte celeste.
Qualora non tenessimo conto dei fondamenti della razionalità, potremmo essere portati a gettare la spugna di fronte al permanente stillicidio attuato dal meccanismo della società conformata, specie se rimaniamo da soli: la cosa peggiore è che gli altri atei, avviluppati nei medesimi problemi e vittimizzati da uno stereotipo individualismo, non ci soccorreranno affatto. Al limite, staremo semplicemente accentuando la valenza di problemi che possono capitare a chiunque nella vita di tutti i giorni, solo che non potremo avere quel "qualcosa" cui rivolgerci quantomeno per sollievo pur nel caso in cui, per semplice riflesso infantilistico robotizzato, saremmo li per li per esclamare "Dio, perché mi perseguiti?", attendendoci un agguato all'incrocio di qualche Via di Damasco.
Sfruttando le debolezze e l'effetto di isolamento di questi individui poco convinti, i missionari della salvezza effettuano la loro azione di recupero, dicendo che lo stato in cui ci si trova è una punizione per aver abbandonato Dio e la "ragionevolezza". Non di rado s'assiste al ritorno dei "figli prodighi", atei tiepidi o incapaci di cogliere la realtà delle cose nell'interezza delle loro sfaccettature, timorosi e sofferenti per quanto hanno subìto nell'aver abbandonato "la retta via"; da costoro scaturiscono i più grandi avversari dell'ateismo e predicatori del "buonsenso".

Una volta che la Chiesa riuscì a liberarsi dei crucci delle "eresie" e del "paganesimo", si rivolse contro un altro problema, molto più pericoloso di qualsiasi corrente religiosa concorrenziale, perché non basava la sua agenda su divinità o simili.
Inizialmente, contando sul senso di vergogna che deriva da costumi privati, s'è voluto far capire che l'ateismo prenderebbe mosse dalla necessità di deregolamentare i "vizi sessuali": ma questa volgarissima pretesa è stata subito dismessa allorquando ci si è accorti che parecchi Catoni della ribalta politica e religiosa indulgono "in closet" in acrobatiche perversioni sessuali. D'altronde, la Chiesa ha cercato anche di sfruttare il fatto che, senza il senso del peccato, avremmo una sessualità "insipida".
Ricorrendo ad "astuti" teoremi, s'è iniziato dunque a parlare di "materialismo ateo", un'ideologia molto perniciosa perché negherebbe la spiritualità, riducendo il Tutto a un mero aggregato di atomi; dal canto loro, i fedeli hanno gradito molto l'interessamento della Chiesa, perché a loro opinione non è possibile dubitare del fatto che esistano cose come l'anima, luoghi ultraterreni situati in "dimensioni ignote", oppure esseri "intangibili", capaci di interagire con la materia.
Trovo penoso il modo in cui la Chiesa si picchi ancora d'inveire contro l'ateismo, facendo leva sulle solite tautologie infantili tanto care agli ignari; i quali, pungolati dalle affermazioni clericali, di norma considerano il dubbioso come una sorta di cattivo ignaro, con l'unico scopo d'infrangere le credenze popolari, oppure un invasato privo di credenze e convinzioni che, per "invidia diabolica", vorrebbe distruggere quella "sensibilità" ed "umanità" altrui che, evidentemente, non possiede.
I missionari sono convinti di dover guadagnare lo scettico alla fede tramite la "ragionevolezza" della dialettica, la comprensione, la compassione e la "parola buona": e se proprio non è possibile farlo con questi strumenti, si dovrebbero adottare altri mezzi, così come accadeva in passato.

"L'ateismo non è soltanto macchinoso e raro: è anche un fenomeno recente, una bizzarria sostenuta da pochi e da poco tempo nel solo ambiente di certa intelligencija occidentale"
sosteneva Jean Guitton, citato dal sedicente ex-ateo Messori ne Inchiesta sul cristianesimo (Mondadori 2003). Purtoppo, l'ateismo non è né "nuovo" né "strano", dato che (almeno per quel che riguarda l'occidente) le sue origini risalgono quantomeno alla Grecia dell'epoca di Talete, ovverossia circa mezzo millennio prima di Cristo.
Fuori da "guittonate" del genere, altrettanto vetusti sono gli argomenti a suo discredito, vere e proprie nefandezze date in pasto agli ignari: possiamo randercene conto già soltanto effettuando una breve navigata su internet al giorno d'oggi, in vari siti di "informazione" cristiana (ad es. il virulento Christian Courier, princeps inter pares).
I teologi pretendono che "l'odio" degli atei nei confronti della religione sia dovuto ad un profondo bisogno di credere: essi sarebbero dunque dei credenti in potenza più accaniti di chi crede già in qualcosa, ma non vogliono ammettere di doversi sottomettere a Dio. Da ciò dovremmo ricavare che gli atei neghino Dio perché in realtà sarebbero dei "super-santi", mentre i credenti lo cercano perchè sono dei grandi peccatori, "degli atei che ogni giorno si sforzano di cominciare a credere", come voleva il teologo Bruno Forte.
L'ateismo diventerebbe, in tal modo, una "religione", sin quando si dovrà utilizzare questa definizione per fini strumentali; viceversa, tornerà ad essere omertosamente una "non-credenza".
Ecco in che modo il cardinal Biffi esprimeva l'opinione invalsa sull'ateismo, durante la trasmissione televisiva Passioni del 5 agosto 1998:

"Non è vero che un ateo non ha mai creduto in Dio... Crede di non avere creduto in Dio, ma in realtà tutte le fibre del suo essere anelano a un rapporto con qualcuno che dia senso al suo esistere. Se si dichiara ateo, però, ritiene che ci sia una verità assoluta, una giustizia assoluta che ha dominato la sua vita, e se per questa verità, per questa giustizia ha sofferto, si è impegnato, beh… questo è un ateo apparente: crede di essere ateo, in realtà crede in Dio. Poi c'è l'ateo esistenziale: chi, in realtà, fa senza Dio, vuol fare senza Dio. E alla fine Dio lo lascia nella sua condizione".
Ecco che il Savio, infuso da una gnosi superiore, sa ciò che in realtà neppure l'oggetto della sua "analisi" è conscio d'essere!
Ne Spunti di apologetica (CGS 1997), Gianpaolo Barra, direttore della testata Il Timone, tentava d'impostare nel seguente modo l'agenda programmatica (potremmo dire, liguoriana) volta alla formazione di chi è "chiamato" a convincere i noncredenti, partendo dalla definizione delle "tre forme d'ateismo":

"Come risponde un cattolico a queste forme di ateismo? Innanzitutto, sempre con la preghiera, implorando da Dio la conversione di chi non crede. Poi il cattolico si attrezzerà per rispondere in modo mirato. All'ateismo teoretico, che è di pochissime persone, quelle che filosofano, bisogna opporsi mostrando le possibilità della ragione, quindi della vera filosofia, di giungere alla certezza intellettuale che Dio esiste. All'ateismo pratico, oggi piuttosto diffuso, specialmente tra i giovani, il cattolico risponde mostrando l'insanabile contraddizione che esiste quando si è disposti ad affermare l'esistenza di Dio ma poi non si tiene conto di Lui nella vita di tutti i giorni. All'ateismo militante [quello di stampo marxista, sebbene ormai in declino in tutto il mondo, esercita ancora una certa attrazione, specialmente tra giovani e studenti che ad esso si richiamano spesso senza conoscerne teoria e metodi] si risponde con il combattimento coraggioso, denunciando senza mai stancarsi tutto il male che ne deriva all'uomo e i crimini che hanno accompagnato la sua storia. Il Nazionalsocialismo ed il Comunismo, due delle più grandi tragedie del nostro secolo [la più grande, almeno per quanto concerne il numero delle vittime, è quella dell'aborto] sono la dimostrazione evidente dei frutti mortali dell'ateismo militante".
Credo non sia necessario fare le bucce ad una suite introduttiva del genere; le sue pecche di logica sono assai facilmente visibili.
Indi, il buon difensore della fede cerca di fornire le basi per impostare il modus agendi del missionario, adagiandosi proprio a questi luoghi comuni con tecniche dialettiche, purtroppo, anch'esse estremamente sfortunate:

"Lo studioso Battista Mondin, nel suo magistrale volume Dio: chi è?, elenca alcuni tra i motivi per i quali l'uomo sceglie la via dell'ateismo. Il cattolico li deve conoscere a fondo, per dotarsi degli strumenti necessari alla battaglia contro l'ateismo e per la conversione di chi non crede. Alcuni scelgono l'ateismo perché non credono possibile conciliare l'esistenza di un Dio infinitamente buono con la presenza del male, soprattutto quello sofferto dagli innocenti, nel mondo. Il cattolico sa che il male resta sostanzialmente un mistero per l'uomo, anche se il credente riceve dalla Fede risposte chiarificatrici [dopo la Croce viene la risurrezione; molto del male esistente è frutto dei peccati; vi è l'opera del demonio, etc.] e della sana (?!) filosofia risposte parzialmente (?) soddisfacenti. Ma sa distinguere il male che è mistero [per esempio la sofferenza degli innocenti] dal male che è provocato dalla cattiveria umana [per esempio le guerre, la fame, la povertà in genere e molte delle sofferenze sopportate da innocenti], male — quest'ultimo — che troppo comodamente viene attribuito all'indifferenza di Dio per le sorti dell'uomo (!)".
Non occorre rimarcare che stereotipi del genere rivelino una forma di cinismo che potremmo definire "ambrosiano". Continua Barra:

"altri scelgono l'ateismo perché non sanno conciliare l'esistenza di Dio con la libertà dell'uomo. Se Dio esiste — essi affermano — l'uomo non è libero, e dunque preferiscono eliminare (!) Dio. A costoro si risponde illustrando che cosa sia la vera libertà e mostrando che essa è dono di quel Dio che intendono negare. A questo scopo il cattolico potrà servirsi dell'enciclica Veritatis Splendor, di Giovanni Paolo II, che offre abbondanza di argomenti".
Certi giungono all'ateismo perché convinti che la scienza ed il progresso tecnologico abbiano finalmente eliminato le superstizioni religiose. Grazie alle conquiste della scienza, l'uomo non teme più la natura, non la divinizza come accadeva in epoche passate, ma ne è diventato padrone. L'uomo avrebbe così scoperto che nella natura non vi è alcuna traccia di Dio ma solo leggi che la governano e che sono totalmente comprensibili alla ragione umana. Il cattolico risponde invitando tutti i sostenitori di queste tesi ormai obsolete (!) ad aggiornarsi (!).
Da un lato, la cronaca ci informa che proprio nei Paesi a maggior sviluppo tecnologico e scientifico si registra oggi un esplodere di nuove religioni, segno che il bisogno di Dio è un dato insito nella natura umana, anche nell'uomo della civiltà tecnologica.
D'altro lato, proprio la scienza moderna, mentre continua la sua indagine sulla natura e arricchisce il suo bagaglio di informazioni, scopre in essa un ordine ed un finalismo che non si riesce a spiegare con le sole conoscenze scientifiche e che rimandano a Dio come loro autore.
Altri giungono all'ateismo grazie al loro benessere materiale che li induce a dimenticarsi di Dio e a preoccuparsi solo dei propri interessi. Dal punto di vista culturale, questo ateismo non merita alcuna stima. A tutti costoro il cattolico saprà spiegare le ragioni della Fede.
Altri, infine, scelgono la via dell'ateismo perché consapevolmente o inconsapevolmente intendono fuggire dalle responsabilità che derivano dall'ammettere l'esistenza di Dio. Questo è un atteggiamento di viltà, che si vince praticando la virtù e superando le proprie paure. Anche a questi, il cattolico dovrà mostrare le ragioni della Fede, attraverso una necessaria opera di evangelizzazione.
Anche l'indifferenza religiosa spesso sfocia nell'ateismo [...] Qui, una errata concezione dell'ecumenismo porta molti a credere che essere cattolici, musulmani, ebrei, buddhisti o induisti non è poi così decisivo per la salvezza dell'uomo, essendo sufficiente credere in Dio. La Chiesa ha sempre condannato questa posizione [...] Come risponde un cattolico all'indifferenza religiosa? Difficilmente il cattolico può combattere discutendo di Dio e mostrando la ragionevolezza della Fede. Forse uno spiraglio esiste: se l'indifferente si interessa di argomenti secondari [antropologia, filosofia, scienza, etc.], si potrebbe tentare di partire dai suoi interessi per giungere alla vetta di Dio.
Infine, resta da dire qualche parola sull'empietà, che è l'atteggiamento di chi nega l'esistenza di Dio, ma giunge fino all'odio e alla bestemmia della divinità. Sono molti coloro che bestemmiano Dio, ma assai pochi quelli che fanno pubblico elogio della bestemmia [...] Il cattolico, specialmente il militante, combatte l'empietà con mezzi spirituali [preghiera, Sacramenti, digiuni e sacrifici], evitando lo scontro verbale con l'empio perché spesso gli si dà occasione di bestemmiare ulteriormente. Naturalmente l'empio è un miserabile ed un vigliacco e il cattolico non teme di considerarlo tale: bestemmia Dio che sta nei cieli e ha infinita pazienza, ma solitamente si guarda bene dal combattere i potenti ed i forti, capaci di restituire pan per focaccia. L'empio fa soltanto pena e non merita alcuna stima".
Una progressione così autoconvinta non necessita alcuna risposta, fuorchè il ridicolo. Purtroppo, sussistono tanti motivi per cui un individuo diventa ateo, e quello "materialista" non è certo prioritario. Molti lo diventano in risposta al "credi! credi!" ossessivo che li ha assillati nel corso dell'infanzia, altri ancora perchè hanno visto cadere qualsiasi certezza sulla società basata su Dio.
Malgrado le convinzioni dei credenti, il cosiddetto ateismo è semplicemente un utensile temporaneo, un'attitudine filosofica e comportamentale che può essere intesa come movimento di pensiero a-sistematico, e che continuerà ad esistere fintantoché esisterà qualcosa di erroneo e nocivo che provoca la ragione ed attenta alla vera integrità sociale.