lunedì 1 aprile 2013

No dell’Irlanda del Nord alle nozze gay. Causa a Corte europea: “Discriminatorio”

No dell’Irlanda del Nord alle nozze gay. Causa a Corte europea: “Discriminatorio”

 

Il parlamento di Belfast ha bloccato la riforma di Londra che prevede la possibilità per le persone omosessuali di sposarsi in chiesa. Amnesty International cita in giudizio l'amministrazione: "Regole diverse all'interno dello stesso territorio nazionale"



 

Una lotta per avere quello che gli altri connazionali avranno presto. Amnesty International e altri gruppi per la difesa dei diritti degli omosessuali citano in giudizio l’amministrazione dell’Irlanda del Nord. Perché il parlamento di Belfast, grazie alla posizione dei partiti unionisti, ha bloccato la riforma del governo di David Cameron che prevede il matrimonio fra persone dello stesso sesso in chiesa. Così, quando la nuova legge di Cameron passata in prima lettura a febbraio sarà pienamente operativa, in Irlanda del Nord non sarà possibile contrarre matrimonio, ma solo le civil partnership, le unioni civili, così come già avviene. “Una discriminazione all’interno dello stesso territorio nazionale, assolutamente inconcepibile e contraria a tutte le regolamentazioni comunitarie”, dicono ora le associazioni gay insieme ad Amnesty. Così, queste realtà si sono appellate alla Corte europea dei diritti umani e intendono portare avanti la loro causa nei confronti del governo e del parlamento dell’Irlanda del Nord.

Secondo analisti e commentatori, la riforma di Cameron passerà “quasi sicuramente” alla Camera dei Lord. Lo stop sarà quindi solo per il territorio del Regno Unito sull’isola d’Irlanda, dove l’omosessualità è stata depenalizzata solo nel 1982 (a Londra già negli anni Sessanta ci furono invece le prime aperture), dove ancora l’aborto e il divorzio sono un serio problema per le donne e dove le Chiese dominanti, cattolica e anglicana, fanno ancora sentire forte il loro peso. Ironia della sorte, proprio a Belfast, nel 2005, fu celebrata la prima civil partnership del regno. Due donne, Shannon Sickles e Grainne Close, si scambiarono il giuramento di eterna fedeltà e ottennero quei diritti garantiti dall’istituto. Ora le due paladine lo dicono chiaramente: “Se non cambierà l’atmosfera in Irlanda del Nord, dovremo emigrare in qualche altra parte del Regno Unito, per poterci sposare”. Le civil partnership, appunto, non differiscono dai matrimoni per quanto riguarda diritti e doveri. Ma la battaglia dei gay e delle lesbiche del Paese è anche una battaglia simbolica, il poter dare alla propria unione lo stesso nome dei legami garantiti alle coppie eterosessuali.

Così, mentre la Chiesa cattolica è ancora fortemente contraria e mentre quella anglicana non smette di mugugnare, ora la sfida arriva dalle associazioni per la difesa dei diritti. Patrick Corrigan, responsabile di Amnesty International per l’Irlanda del Nord, è stato chiaro: “Non ci possono essere discriminazioni all’interno dello stesso territorio nazionale, e per questo ci batteremo. Del resto, una coppia sposata in Inghilterra e che dovesse trasferirsi a Belfast non vedrebbe riconosciuta la propria unione e questo sarebbe un precedente pericoloso per tutto il fronte dei diritti, di ogni tipo”. Sulla linea della battaglia, in questi giorni, anche altre associazioni come Rainbow Project, in un’area del Regno Unito dove le discussioni sui diritti della popolazione, ancora funestata dalle tensioni fra opposte fazioni religiose e sociali, sono sempre molto forti. Lo storico partito Sinn Féin si è unito ai Verdi e ad altre piccole formazioni e ha votato a favore del matrimonio gay anche in Irlanda del Nord, un’apertura che, proveniendo dai cattolici, è risultata ancora più sorprendente. Ma ora proprio gli unionisti, favorevoli all’appartenenza dell’Irlanda del Nord alla sfera di influenza di Londra, hanno bloccato quelle riforme che arrivano dalla stessa capitale, volute da un governo conservatore come quello di Cameron.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/31/lirlanda-del-nord-stoppa-legge-sulle-nozze-gay-amnesty-international-discriminazione/547809/