venerdì 5 aprile 2013

Dallo spazio una prova sulla natura della materia oscura

Dallo spazio una prova sulla natura della materia oscura.
L’esperimento AMS, in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale, conferma un eccesso di antimateria alle alte energie in linea con quanto previsto da un modello esplicativo della materia oscura.

Negli ultimi mesi la comunità scientifica internazionale è stata percorsa da un’inedita ventata di ottimismo e fiducia sull’imminente soluzione di uno dei misteri più affascinanti e complessi della scienza: la natura della materia oscura, quella materia che non emette luce ma che permea l’universo più della materia ordinaria, al punto da esercitare un’influenza gravitazionale enorme. Mentre la materia che vediamo e conosciamo costituisce circa il 5% dell’universo, la materia oscura sarebbe circa cinque volte maggiore: il 26% dell’universo è fatto, sembra, di questa forma enigmatica di materia (il resto è energia oscura, se possibile ancora più misteriosa). Di ipotesi ne sono state fatte tante negli anni, ma da quando nel 2011 uno degli ultimissimi voli Shuttle ha messo in orbita, attraccato alla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, il pesante e costosissimo (2 miliardi di dollari) AMS-02, le aspettative sono schizzate alle stelle. Lontano dall’interferenza atmosferica, l’esperimento AMS (Alpha Magnetic Spectometer) sonda lo spazio in cerca di indizi sulla natura della materia oscura. E nella prima conferenza pubblica sui risultati dell’esperimento a meno di due anni dal lancio, tenutasi al CERN di Ginevra con il patron Samuel C.C. Ting, già premio Nobel per la fisica nel 1976, è arrivata una prima notizia: il modello più promettente sviluppato dai fisici teorici per spiegare cosa sia la materia oscura è in accordo con le osservazioni di AMS-02.


Conferma per il modello WIMP



Celebrazioni per il primo anno di attività di AMS-02. A sinistra, il direttore generale del Cern, Rolf-Dieter Heuer; al centro, il comandante della missione Shuttle che portò AMS in orbita, Mark Kelly; a sinistra, il premio Nobel e direttore dell'esperimento, Samuel C.C. Ting.

Come in ogni conferenza stampa scientifica sui risultati preliminari di una grande collaborazione come AMS-02 – 16 paesi e oltre 600 scienziati coinvolti – la prudenza è d’obbligo. Samuel Ting ci è andato, come ci si aspettava, con i piedi di piombo: si tratta solo dei primi risultati, il meglio deve ancora venire. Ma questi primi riscontri, pubblicati sulla Physics Review Letters, vanno in una direzione precisa: il modello WIMP sembra funzionare. Di cosa parliamo? Le WIMP sono oggi le indiziate numero uno nella caccia alla materia oscura. Acronimo di weakly interacting massive particles, particelle massicce debolmente interagenti, sono delle ipotetiche particelle che interagiscono pochissimo con la materia ordinaria, quella cosiddetta “barionica”, di cui sono composte le stelle, i pianeti, e noi stessi.
Le WIMP sono così scarsamente interagenti, che probabilmente sfrecciano continuamente attraverso il nostro corpo senza che ce ne accorgiamo. Succede anche con i neutrini, che però non sono WIMP, ma semplici WIP: non sono massive, massicce. I neutrini possiedono una massa infinitesimale, quasi pari a zero (e qualcuno sospetta che la loro massa sia proprio zero). Diversamente, le WIMP pesano. Proprio il loro peso permette di osservare gli effetti che producono su larga scala: anche se non emettono radiazione elettromagnetica, e quindi non sono visibili con i nostri telescopi, curvano lo spazio-tempo esattamente come fa la materia barionica. Producono cioè effetti gravitazionali osservabili su scala galattica.

Il mistero dei positroni

S
e davvero sono così difficilmente acciuffabili, come facciamo a individuarle? Qui sta il dramma. AMS-02 scruta l’universo in cerca di indizi indiretti delle WIMP. Pur essendo un fenomeno rarissimo, una WIMP e una anti-WIMP, cioè una particella di anti-materia oscura, potrebbero scontrarsi. Da questo scontro verrebbero prodotte, secondo i modelli teorici, due nuove particelle: l’elettrone e il positrone, che è l’anti-particella dell’elettrone. Potremmo quindi cercare prove di questi scontri rarissimi, e per farlo l’esperimento AMS-02 analizza i raggi cosmici. “Nei raggi cosmici i positroni sono presenti a livello di parti per mille, e la loro presenza è spiegata come conseguenza delle interazioni dei raggi cosmici primari con il materiale interstellare”, spiega Roberto Battiston, vice-direttore della collaborazione internazionale. “In assenza di altri meccanismi di produzione di positroni, la frazione di positroni sugli elettroni dovrebbe scendere al crescere dell’energia”. Eppure, non è così.


Al crescere dell'energia (espressa in GeV) la frazione di positroni sugli elettroni cresce, anziché diminuire. Il modello della materia oscura WIMP spiegherebbe il perché di questo fenomeno.

Difatti, alcuni altri rilevatori di raggi cosmici, come le sonde PAMELA e FERMI, avevano già scoperto negli anni scorsi che al crescere dell’energia i positroni aumentano, invece di diminuire. In particolare, al di sopra dei 10 GeV (gigaelettronvolt) “il rapporto tra positroni ed elettroni comincia a crescere in modo marcato, indizio della presenza di una nuova fisica in grado di produrre un significativo eccesso di positroni rispetto ai meccanismi convenzionali”.


I dubbi sul neutralino



L'AMS-02 in orbita sulla ISS.

“I dati di AMS sono una interessantissima conferma – con precisione maggiore – dei dati rilevati dagli esperimenti spaziali Pamela e Fermi in questi ultimi anni”, commenta il presidente dell’INFN, Fernando Ferroni. “Una conferma che non risolve certo il rebus dell’antimateria in eccesso. Ma che indica come i dati dei due esperimenti (anche questi a fortissima presenza italiana) avessero visto giusto nel rivelare questa anomalia. Che sia o meno materia oscura non può che dirlo un ulteriore sforzo per produrre nuovi dati e analizzarli”. Del resto, c’è anche un grosso ma. Le WIMP sono una categoria di particelle ipotetiche, una delle quali, ritenuta la più plausibile per il ruolo di componente della materia oscura, è il neutralino. Il neutralino è una particella davvero curiosa, composta da un fotino, uno zino e due higgsini. Se non avete mai sentito questi nomi, non è colpa vostra: nessuno sa se esistano davvero. Si tratta infatti di particelle supersimmetriche, ossia partner più “pesanti” (per questo definiti ‘super’) di particelle ordinarie, rispettivamente il fotone, il bosone Z e il bosone di Higgs. Ma finora tutti gli esperimenti per individuare l’esistenza di particelle supersimmetriche, previste dalla teoria, non hanno dato esiti positivi. Il neutralino, dunque, potrebbe non esistere. In tal caso, il modello delle WIMP perderebbe parecchi punti.
C’è insomma ancora parecchio da scoprire. L’ottimismo resta tuttavia forte: AMS-02 ha dimostrato che l’eccesso di positroni non è un errore statistico, esiste e va spiegato. Successive analisi permetteranno di confermare o scartare il ruolo delle pulsar. L’esperimento ha una durata operativa che può arrivare fino a 20 anni, per cui siamo appena all’8% della storia, ricordano gli addetti ai lavori. L’Italia, intanto, può festeggiare. Ancora una volta la ricerca di frontiera è firmata dal nostro paese, che con l’INFN e l’ASI ha portato alla realizzazione dei principali strumenti di rivelazione a bordo di AMS-02.


http://scienze.fanpage.it/dallo-spazio-una-prova-sulla-natura-della-materia-oscura/