domenica 2 settembre 2012

Michela Murgia: “La Chiesa cattolica è una multinazionale”

Prima in un saggio e ora in un romanzo, la scrittrice italiana cerca di smascherare “il regno della donna oggetto”, in auge durante l’epoca di Berlusconi con la connivenza della Chiesa. “Al Vaticano non si puo’ chiedere di rendere conto sul movimento dei suoi soldi”, ha affermato in questa intervista.


La scrittrice e saggista sarda Michela Murgia è decisa a raccontare come la Chiesa di Pietro ha contribuito e contribuisce tuttora a rafforzare gli stereotipi di sottomissione e inferiorità femminile, concentrati soprattutto nei paesi mediterranei.
Ora lo fa partendo dal successo del suo primo romanzo Accabadora (Salamandra) [casa editrice spagnola, NdT], ma il suo lavoro, direi quasi da militante, si è moltiplicato grazie alla pubblicazione del saggio Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Salamandra), nel quale studia le immagini e la teologia che le supporta fino ad arrivare ai giorni nostri: Berlusconi, la violenza di genere, i preti pedofili, etc. Tutti effetti collaterali di una “missione” che non può nemmeno più scappare al proprio malessere e decadenza. Di seguito l’intervista con Ñ digital presso la sede della casa editrice Edhasa.

- È passata dalla narrativa alla letteratura quasi di denuncia…
- Esattamente, però si tratta di processi complementari. Nel libro La Accabadora la protagonista è una donna che si dedica a un compito che nel mondo odierno non esiste più, inghiottito da un’impresa. Ma scrivere è come parlare: uno non parla sempre delle stesse cose. E nel caso di questo libro si è trattato di una necessità. Volevo parlare, partecipare al dibattito che oggi si sta affrontando in Italia proprio sullo stato della donna, però paradossalmente in questo dibattito non c’era spazio per la Chiesa cattolica. Questo romanzo, invece, le dà spazio.

- Non è uno spazio molto positivo
- No, è lo spazio che può avere. Non avrei potuto scrivere narrativa su questo problema. Ci sono cose che non si possono raccontare e per le quali è imprescindibile usare un romanzo (il romanzo arriva dappertutto). Ad esempio, l’eutanasia non si può teorizzare, ma si può narrare. La morte si può teorizzare, ma se la si narra l’effetto è più diretto.

- Come nasce questo libro?
- Durante l’epoca di Berlusconi l’immagine della donna era usata, degradata, deturpata. Era il regno della donna oggetto. Ma il signor Berlusconi era stato votato da un gran numero di donne. Le cose si sono evolute, gli scandali si sono succeduti, fino a che l’anno scorso donne provenienti da ogni parte, da tutte le città, senza nessuna ideologia definita, hanno riempito quaranta piazze per protestare contro queste immagini della donna. Ovviamente è successo dopo la serie di scandali sessuali di cui era protagonista Berlusconi. Le stesse donne che lo avevano votato si sono mosse in massa per protestare contro di lui e il suo governo. Fu così che si riaprì il dibattito sull’immagine della donna nella società, sulla necessità di regolamentare la pubblicità, sugli usi che la televisione fa di questa immagine e sull’urgente partecipazione delle donne in politica.

- Bisognerebbe pensare alla simbologia religiosa che accompagna questa narrazione sessista.
- Certamente. Questo è uno dei miei interessi fondamentali: pensare in che misura la simbologia religiosa abbia accompagnato questa narrazione sessista. Però va detto chiaramente: si tratta di un problema culturale, non è un problema del signor Berlusconi, che ne è risultato il catalizzatore. Sono sicura (e non dubito che qui sia lo stesso) che in Italia molti uomini sulle donne la pensano esattamente come Berlusconi.

- Quindi diciamo…
…che Berlusconi ha contribuito a un modo di pensare, a un pensiero da bar, da taverna, e lo ha portato al governo. Perché molte donne pagate per i servizi sessuali successivamente sono diventate ministre. Ecco che allora la questione si è trasformata in un dibattito politico.

- Berlusconi era un alleato esplicito della Chiesa. O per lo meno tacito.
- Esplicito! Chiaramente. In Italia la relazione tra il governo e la Chiesa Cattolica è mediata dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), il cui titolare in questo momento è monsignor Claudio Bagnasco.

- Fa parte dell’Opus Dei?
- No, no, è in relazione… fa parte comunque di un gruppo ancora più reazionario. A tal punto che, quando Berlusconi arrivò al potere, venne fatto un patto tra lui e la Chiesa. Per questo affermo che la relazione è esplicita: la Chiesa non si immischiava negli affari privati di Berlusconi, e il Governo si impegnava, ad esempio, a non toccare nessun istituto della Chiesa, soprattutto gli istituti d’istruzione. E tanto meno le sue finanze. Lasciavano che interferisse nella riforma della scuola, certamente, ma mai negli ambiti che riguardano la legge e la morale cattolica, per esempio la questione bioetica, soprattutto il testamento biologico e la morte, i riti funerari. Nemmeno poteva legiferare sulle unioni di fatto o i matrimoni tra omossesuali. L’uomo è uomo, la donna è donna, e dopo, se si ha fortuna, vengono i figli. Bene: Berlusconi rispettò per filo e per segno questo accordo, e anche quando ci fu molta pressione sui matrimoni omosessuali non si riuscì ad approvare le legge.
 
- La Chiesa italiana sembra avere numerosi interessi economici…
- La Chiesa in termini generali è una multinazionale. I suoi capitali vengono investiti in tutti i settori, anche nella vendita di armi. Si sa che la Banca Vaticana ha finanziato armi e quando fu istituita una commissione per indagare sul giro di soldi non fu possibile andare avanti.

- Perché?
- Perché è l’unica istituzione finanziaria del cosiddetto mondo sviluppato che non ha firmato accordi con gli organismi di controllo internazionali, tribunali, eccetera, che possano controllare i suoi conti, le spese, gli introiti e i finanziamenti. Al Vaticano non si può chiedere conto dei movimenti di denaro. Se non hanno nulla da nascondere, è inevitabile la domanda sul perché fanno così. E una delle possibili risposte è che una parte del denaro non appartiene solo alla Chiesa Cattolica ma anche ad altri paesi.
 
- Torniamo al libro.
- Ma io nel libro racconto tutto questo! E lo riassumo, certo… Quel che la Chiesa ha fatto con il discorso sulla donna è stata una cosa universale. L’immagine di degrado, di umiliazione, di inferiorità, è stata generale. E l’impatto si è sentito in maniera molto forte nei paesi più cattolici come Spagna, Argentina, Italia. In altri paesi, come Germania, Olanda, Danimarca, questo discorso è stato superato anche perché si intersecò con altri temi, come il protestantesimo, il calvinismo. C’è stata un’evoluzione del linguaggio religioso. E questo non significa che [nei paesi protestanti, NdT] non esista il maschilismo. Questo ha radici lontane. Ma quello che non aveva era l’impronta religiosa che le ha dato la Chiesa. La Chiesa non ha inventato il maschilismo, ma, essendo nelle sue mani il messaggio di liberazione (niente poveri e ricchi, niente ebrei o non ebrei, niente uomini o donne), si è occupata delle prime due coppie – e se ne è occupata male – e per peggiorare la situazione, ha presentato una struttura narrativa che ha finito per rafforzare il maschilismo. La divisione tra uomo e donna persiste tuttora, e in questa divisione è in gioco la la stabilità della Chiesa. La mascolinità di Dio è alla base dell’immaginario cattolico.

- Cosa dicono le italiane sulle teorie del genere?
- Questo è molto interessante….perché chi per primo si è interessato al femminismo della differenza, per esempio, è stato Giovanni Paolo II, che era un uomo molto colto e intelligente, e quando iniziarono i movimenti di liberazione femminile in qualche documento riformulò l’idea di differenza. Disse che la donna non era diversa ma speciale. E disarmò una buona parte del cattolicesimo di sinistra. Era un uomo davvero intelligente, informato. Nonostante questo, non riuscì mai a capire che le donne, gli omosessuali, chiunque non fosse uomo, voleva semplicemente non essere diverso (ci sono eccezioni, ovviamente) ma essere normale. Noi vogliamo essere normali. C’è ancora tanta strada da fare.