martedì 11 settembre 2012

Risolto il mistero sulle cause dell’estinzione di massa di fine Cretaceo

La biosfera terrestre nelle ultime centinaia di milioni di anni è stata periodicamente soggetta a traumi che hanno provocato estinzioni di massa più o meno catastrofiche. La peggiore ebbe luogo poco più di 251 milioni di anni fa, l’estinzione di massa del Permiano–Triassico (P–Tr), nota in inglese anche come il Great Dying, che fece da limite tra il periodo geologico Permiano e il Triassico. Fu il più grave evento di estinzione di massa che si sia mai verificato sulla Terra negli ultimi 300 milioni di anni, con la scomparsa di oltre il 90% delle specie marine e del 70% delle specie di vertebrati terrestri; fu l’unica estinzione di massa nota di insetti. Nonostante le molte ipotesi fatte, la causa di questa catastrofe globale rimane ancora un mistero.

Le idee sono invece più chiare riguardo all’estinzione del Cretaceo-Terziario (K-T), verificatasi poco più di 65 milioni di anni fa, quando all’improvviso scomparvero dalla faccia del nostro pianeta circa il 75% di tutte le specie viventi, compresi i dinosauri. Le due ipotesi più accreditate sulle cause di questa catastrofe sono un repentino aumento dell’attività vulcanica e l’impatto di un grande asteroide, ma da tempo circolava la tesi che, in realtà, in un breve lasso di tempo (su scala geologica) si fossero verificate due estinzioni di massa.
Quest’ipotesi è stata ora confermata da un gruppo di ricercatori della University of Washington, che hanno esaminato ricchi depositi di fossili che si trovano sull’isola Seymour, in Antartide: la grande estinzione di fine Cretaceo, che ha segnato la fine dei dinosauri fu preceduta di pochissimo, da un’altra estinzione che colpì prevalentemente le specie marine e fiaccò gran parte dell’ecosistema. ?La prima delle due estinzioni fu innescata da una gigantesca e lunghissima eruzione vulcanica avvenuta in una regione corrispondente all’attuale India, che iniziò fra 300.000 e 200.000 anni prima dell’impatto dell’asteroide di Chicxulub e proseguì a fasi alterne per circa 100.000 anni. L’eruzione finì col riempire l’atmosfera sia di polveri e aerosol, in grado di schermare la luce solare e causare periodi di freddo intenso, sia di anidride carbonica e altri gas serra, responsabili di periodi con un innalzamento notevole della temperatura globale.

Questi sbalzi furono deleteri per numerose creature marine, i cui residui fossili sono particolarmente abbondanti nei ricchi giacimenti antartici. Attraverso analisi magnetostratigrafiche, che collocano temporalmente i fossili sulla base di come era orientato il campo magnetico terrestre durante la loro sedimentazione, i ricercatori hanno ricostruito in dettaglio gli effetti di quella prima estinzione, separandola da quella prodotta successivamente dall’impatto dell’asteroide e concludendo che quest’ultimo ha di fatto dato il colpo di grazia a un ecosistema già gravemente indebolito. I dinosauri sarebbero quindi sopravvissuti alla prima estinzione, ma non resistettero alle conseguenze dell’impatto dell’asteroide che dette origine al cratere di Chixchulub, nel nord dello Yucatan (Messico).

Di Mario Di Martino Pubblicato

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