venerdì 26 agosto 2011

SCHIAVA DELLA SETTA, BLITZ PER LIBERARLA



La santona della porta accantoBrescia, i carabinieri nella comunità della "santona della porta accanto".
BEATRICE RASPA - BRESCIA.
«Non dormo da notti intere per l’ansia, sa. Ma oggi sono felice. La mia Emanuela è libera da quella brutta gente». Mentre parla al telefono Rosa Bighetti, 62 anni, ha la voce che trema. E’ provata da una lunga disperazione che non pareva vedere luci in fondo al tunnel. «Per anni mi hanno trattato come una pezza da piedi – bisbiglia -. Non potevo né telefonare né avvicinarmi. Ma io che colpa avevo? Ero solo una mamma preoccupata». Emanuela Saretti, 41 anni, è un’invalida totale. Soffre di schizofrenia. Da ieri alloggia in una struttura protetta della provincia di Brescia. La signora Rosa, sua madre, l’ha riabbracciata ieri mattina sotto gli occhi dei carabinieri del Comando provinciale e del sostituto procuratore Ambrogio Cassiani. [
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L’ultima volta, racconta la signora Rosa, l’aveva vista di sfuggita a febbraio. «Sempre con accanto molte persone, come soldati».
E prima ancora, dal 1996 al 2005, era stata senza notizie. Un blackout interrotto ieri. Un blitz all’alba per prelevare la donna da una casa famiglia di Prevalle, entroterra gardesano, e accompagnarla una comunità protetta. Alla mano, un decreto di perquisizione nei confronti dell'imprenditrice Tersilia Fiorella Tanghetti, 54 anni fondatrice della associazione «Luigi Minelli» e nota alle cronache come «la santona della setta della porta accanto» - e di 11 collaboratori. L’ipotesi accusatoria è di riduzione e mantenimento in schiavitù, oltre che di circonvenzione di incapace. Per gli investigatori «la Fiore» - così la Tanghetti è chiamata da chi la conosce – avrebbe tenuto Emanuela in «stato di soggezione continuativa cagionandole uno stato di totale annichilimento». L’avrebbe sottoposta a brutali punizioni corporali isolandola dal mondo esterno spacciato come il demonio, le avrebbe fatto pressioni perché non rivelasse alcunché, e l’avrebbe obbligata a lavorare senza retribuzione – a fare la sguattera e infilare collane per 15 ore di fila nelle strutture tra Caino, Manerba, Muscoline e Prevalle. A fondarle sempre lei, la Tanghetti, imprenditrice che a suo dire fattura 9 milioni di euro annui. Per i suoi detrattori molti di più.
Al vaglio del nucleo investigativo agli ordini vicecomandante Gianluca D’Aguanno c’è pure una consulenza depositata al Tribunale di Salò che si ipotizza falsa. Emanuela sarebbe abusata dal padre: un avallo alla sua permanenza all’associazione Minelli. È l’ultimo tassello della burrasca giudiziaria che ha investito Ersilia Tanghetti, che il 28 novembre sarà a processo in Corte d’assise con 16 persone del suo entourage. Le accuse: associazione a delinquere finalizzata al maltrattamento di minori, riduzione e mantenimento in schiavitù, sequestro di persona. Ma chi è «la Fiore»? La Procura ci lavora dal 2004, quando le prime accuse di violenze vennero formulate. Al primo fascicolo, approdato al processo che si aprirà in autunno, se ne è ora affiancato un secondo per il caso di Emanuela, emerso a luglio 2010. Nella denuncia si legge di segregazioni, botte, docce ghiacciate, digiuni forzati, escrementi ingoiati a forza.
Tutto per depurarsi dal «male». Per il collegio difensivo non c’è una prova, mentre per i legali delle vittime è il contrario: «Chi tocca disabili e bambini deve pagare», stigmatizza Concetta Delle Donne, legale delle parti civili. Nei mesi scorsi, proprio Delle Donne aveva ricevuto una busta con un paio di proiettili. Uno per lei e uno per la collega che segue la causa.