giovedì 16 maggio 2013

L’esperimento che rende la clonazione umana più vicina

L'esperimento che rende la clonazione umana più vicina.
... o, più modestamente, "meno lontana". Questa è l'opinione espressa da diversi esperti sull'esperimento che ha ringiovanito le cellule delle pelle umana, fino a farle diventare staminali utili potenzialmente per la cura di malattie degenerative.


Ringiovanire è il trucco della cosmetica, la magia di uno stregone o la fantasia (nostalgica) di un adulto. Di certo non si attribuisce alla scienza la capacità di invertire il processo di invecchiamento. Ed invece non è così. La dimostrazione – un’altra – viene dall’Oregon, dove un gruppo di ricercatori diretto da Shoukhrat Mitalipov è riuscito a “ringiovanire” cellule adulte, tanto da riportarle allo stato primordiale. Gli scienziati hanno svuotato un ovocita non fertilizzato del Dna preesistente, inserendovi invece il il codice genetico di una cellula della pelle. Si è notato che per l’appunto queste cellule sono tornare alla fase primordiale dello sviluppo. Sono diventate delle staminali prodotte dalla stessa persona su cui, eventualmente, verrebbero impiantate.

Una rivoluzione importante, secondo i ricercatori, perché eliminerebbe qualsiasi problema di rigetto da parte dell’organismo ospitante. Inoltre, secondo Mitalipov “queste staminali sono capaci di trasformarsi in ogni tipo di tessuto come le embrionali, dando origine a tessuti di cervello, fegato o cuore”. Scettico Giulio Cossu dell’University College di Londra, secondo il quale si tratta di “Un avanzamento tecnico che non rivoluziona le attuali conoscenze. Lo stesso protocollo servì per creare Dolly nel ’97. Qui però si tratta dell’uomo. A mio giudizio è un metodo più costoso e complicato rispetto a quello messo a punto nel 2006 da Shinya Yamanaka al quale lo scorso anno è stato assegnato il premio Nobel proprio per queste ricerche”. Per Giuseppe Novelli, genetista dell’università di Tor Vergata, si tratta invece di un protocollo “originale. L’aggiunta di due sostanze rende stabili le staminali a differenza di quelle di Yamanaka la cui riprogrammazione non è completa”. In ogni caso, frena Shoukhrat Mitalipov,

"C’è ancora molto da fare prima di arrivare a cure sicure ed efficaci basate su questa tecnica. Riteniamo in ogni modo il nostro lavoro molto significativo per il progresso della medicina rigenerativa."

L’obiettivo della ricerca non era la clonazione umana, ma l’elaborazione di una tecnica che permettesse di creare pelle umana “fresca” per il trattamento di infortuni legati a traumi o malattie. Eppure la ricerca ha creato delle cellule staminali e sui media internazionali si è finito inevitabilmente di parlare anche di clonazione. Jose Cibelli, esperto di clonazione presso la Michigan State University, a margine dell’evento che ha presentato l’esperimento, ha assicurato che ora “E’ solo questione di tempo prima che si possa clonare una scimmia”, aggiungendo che i ricercatori sono “più vicini a raggiungere quel livello di efficienza tale da permettere a qualcuno di provare” a clonare anche l’essere umano. Dalla pecora Dolly nel 1996-97 ad oggi sono state clonate oltre 20 specie animali, ma mai un primate, probabilmente perché la biologia riproduttiva è più complessa. Anche il dott. Mitalipov ha provato ad impiantare un blastocita nel grembo di una scimmia, senza averne alcun risultato. “Non sappiamo perché sia così”, commenta Mitalipov, “Puoi creare cellule staminali embrionali, ma questo non vuol dire che tu riusca ad impiantare un embrione”.

http://scienze.fanpage.it/l-esperimento-che-rende-la-clonazione-umana-piu-vicina/