martedì 25 dicembre 2012

Il senso degli atei per le feste

La più im­por­tan­te festa cri­stia­na è la Pasqua. Un son­dag­gio con­dot­to tra i fedeli cri­stia­ni mo­stre­reb­be tut­ta­via come, per gli stessi cri­stia­ni, la più im­por­tan­te festa cri­stia­na è ri­te­nu­ta ora il Natale. La festa ha ori­gi­ne pre­cri­stia­ne, come la stessa data in cui cade. Ma il cam­bia­men­to in­ter­ve­nu­to ha piut­to­sto a che fare con la se­co­la­riz­za­zio­ne delle co­scien­ze. Pasqua, no­no­stan­te le mi­glio­ri in­ten­zio­ni degli apo­lo­ge­ti, ha ca­rat­te­ri­sti­che troppo lu­gu­bri per chi cri­stia­no non lo è, o lo è più per tra­di­zio­ne che per con­vin­zio­ne. Il Natale ha più un’a­ria di festa. E le feste piac­cio­no a tanti.

Poiché anche gli atei e gli agno­sti­ci stanno co­min­cian­do a di­ven­ta­re “tanti”, si mol­ti­pli­ca anche la cu­rio­si­tà di sapere come af­fron­ta­no il Natale. So­prat­tut­to nel mondo an­glo­sas­so­ne. Il 2012 è stato l’anno in cui i nones, negli Usa, sono di­ven­ta­ti un quinto della po­po­la­zio­ne, mentre in Gran Bre­ta­gna sono stati i dati del­l’ul­ti­mo cen­si­men­to a con­fer­ma­re la spet­ta­co­la­re ascesa dei “senza re­li­gio­ne”. Che, nel mondo, hanno ormai rag­giun­to i cat­to­li­ci.
 
Ed ecco che fioc­ca­no le te­sti­mo­nian­ze: tra le più au­to­re­vo­li, quella di Polly Toyn­bee sul Guar­dian e quella di Penn Jil­let­te sulla Cnn. Agli atei non è man­ca­ta nem­me­no l’ac­cu­sa di voler “rubare il Natale ai cri­stia­ni”: l’ha sca­glia­ta il te­le­pre­di­ca­to­re Pat Ro­berts­on. Perché gli atei, a suo dire, sono così tristi che non vedono l’ora di ren­de­re triste il Natale anche ai cri­stia­ni.
 
In realtà, ogni giorno può essere oc­ca­sio­ne per far festa: i non cre­den­ti non hanno feste ob­bli­ga­to­rie, “pre­cet­ti” da ri­spet­ta­re. E ogni festa può essere oc­ca­sio­ne… per far festa, stare in­sie­me ai propri cari, rin­sal­da­re rap­por­ti umani. Anche il Natale. Ci sono quelli che fanno l’al­be­ro, quelli che fanno il pre­se­pe (magari per­so­na­liz­zan­do­lo), quelli che scam­bia­no doni, quelli che fe­steg­gia­no il sol­sti­zio d’in­ver­no, quelli che fanno felici i ge­ni­to­ri an­dan­do a pranzo da loro, quelli che ri­ve­la­no ai loro bam­bi­ni che Gesù Bam­bi­no e Babbo Natale non esi­sto­no ma che c’è e ci sarà sempre chi gli vuole bene dav­ve­ro, e quelli che si godono due giorni di me­ri­ta­to riposo senza stare in alcun modo a pen­sa­re al perché.
 
Non c’è un at­teg­gia­men­to che li ac­co­mu­ni. Anzi, è pro­prio questa l’u­ni­ca cosa che li ac­co­mu­na: l’a­ve­re la pos­si­bi­li­tà di sce­glie­re se e come fe­steg­gia­re. Perché l’au­to­de­ter­mi­na­zio­ne non è sol­tan­to un prin­ci­pio che cer­ca­no di af­fer­ma­re giu­ri­di­ca­men­te, ma anche una con­di­zio­ne ine­vi­ta­bi­le del loro non avere alcun dogma o pre­cet­to da ri­spet­ta­re. Il mondo degli atei e degli agno­sti­ci è ricco di so­lu­zio­ni, perché essere in­cre­du­li co­sti­tui­sce un gi­gan­te­sco mol­ti­pli­ca­to­re di oc­ca­sio­ni per met­te­re in moto la pro­pria crea­ti­vi­tà. Natale, in fondo, è sol­tan­to un’op­por­tu­ni­tà in più per farlo.