domenica 30 dicembre 2012

Forse una svolta nel giallo della beffa di Piltdown

Un gruppo di paleontologi intenti a studiare il cranio di Piltdown in un quadrio di John Cooke. I due personaggi ritratti al centro, in piedi, sono rispettivamente Charles Dawson (a sinistra) e Arthur Smith Woodward. (Cortesia Natural History Museum)


A un secolo esatto dall'annuncio della scoperta del presunto "uomo di Piltdown", un abile falso svelato solo dopo quarant'anni, un gruppo di ricercatori del Natural History Museum di Londra - prima vittima della truffa - riesaminerà i reperti con le tecniche più moderne, nel tentativo di dare finalmente un volto al suo autore e liberare dai sospetti i molti altri illustri personaggi coinvolti nel caso (red)


Un nuovo gruppo di ricerca del Natural History Museum di Londra si è messo all'opera per cercare di dare finalmente una soluzione a un giallo scientifico che da un secolo assilla i paleontologi, quello della beffa dell'uomo di Piltdown: un finto fossile preparato da mani talmente esperte da riuscire a ingannare la comunità scientifica per quarant'anni. Finora la caccia al colpevole – che ha visto di volta in volta sotto accusa almeno una dozzina di personaggi, fra cui due rispettati curatori proprio del Natural History Museum, il famoso paleontologo (oltre che filosofo) Teilhard de Chardin, e uno dei più stimati collezionisti e mercanti di reperti antichi del tempo – non è giunta a risultati conclusivi. E forse non vi riuscirà neppure questa volta, ma la speranza è quella di capire almeno se la truffa sia stata opera di un singolo o a più mani, magari assolvendo definitivamente qualcuno dei possibili colpevoli e comprendendo come è stato realizzato il finto fossile.
Ma ecco la storia. Giusto cento anni fa, nel dicembre del 1912, il curatore della sezione di geologia del Natural History Museum di Londra, Arthur Smith Woodward, annunciò la scoperta – realizzata pochi mesi prima da un collezionista e commerciante di antichità e reperti paleontologici, Charles Dawson - di un antichissimo cranio, pressoché completo, che poteva costituire il perfetto anello evolutivo mancante fra l'uomo e gli altri primati. L'Eoanthropus dawsoni, come lo aveva battezzato Woodward, mostrava una teca cranica, una mandibole e dei denti dotati da un lato di caratteristiche tipicamente umane e dall'altro di netti tratti scimmieschi.

Negli anni successivi e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, nello stesso sito, una cava di ghiaia nei pressi della cittadina di Piltdown, nell'Essex, furono estratti svariati reperti – sia da Dawson sia da altri paleontologi,
fra cui appunto Teilhard de Chardin – compresi manufatti litici che avrebbero testimoniare le capacità tecnologiche dell'”uomo di Piltdown”.
La scoperta fece scalpore ma, benché accettata dalla maggioranza degli scienziati del tempo, non mancò di suscitare polemiche da parte di una nutrita minoranza. Nei decenni successivi i dubbi si acuirono, dato che nessuno dei fossili dei nostri antenati che venivano via via scoperti nelle più disparate regioni del mondo mostrava qualsiasi punto di contatto con il singolare assortimento di caratteri dell'uomo di Piltdown.

La resa dei conti arrivò solo nel 1950 quando, applicando la tecnica di datazione al radiocarbonio appena introdotta, si scoprì che la mascella dell'Eoantropus non poteva risalire a più di 50.000 anni fa, mentre sulla base di dati stratigrafici, di altri reperti rinvenuti nelle vicinanze del cranio e del suo stato di conservazione, Woodward e Dawson l'avevano datata a ben un milione di anni fa. Nel 1953, successive più accurate analisi svelarono infine che si trattava di una truffa, dato che la mascella e i canini provenivano presumibilmente da un orango e parti della teca cranica da un uomo moderno.

Il creatore o i creatori di Eoanthropus e di altri fossili spurii di Piltdown non sono però mai stati identificati con certezza, anche se i maggiori sospetti si appuntano su Dawson.
Per dipanare l'intricata matassa il gruppo di ricercatori coordinato da Chris Stringer - che firma su “”Nature” una puntuale e divertente ricostruzione della vicenda - si avvarrà oltre che dell'esame microscopico di tutti i reperti rinvenuti a Piltdown, di una nuova datazione al radiocarbonio, che grazie ai progressi tecnologici oggi può dare risultati molto più accurati, di un'analisi del DNA, e anche dell'analisi spettroscopica delle patinature realizzate con esiti molto difformi (tanto da far pensare a più autori di diversa abilita) per anticare alcuni dei fossili.

“Indipendentemente da chi ne fu responsabile – osserva Stringer - la beffa di Piltdown è un duro monito per gli scienziati, poiché non l'unico esempio di inganno nei circoli paleontologici e archeologici. In effetti, quello che è successo a Piltdown potrebbe aver accelerato la scoperta, nel 2000, che il famoso archeologo giapponese Shinichi Fujimura stava seppellendo strumenti di pietra che aveva raccolto in scavi precedenti, per poi 'trovarli' come nuovi reperti.” Ma è anche una dimostrazione della capacità del metodo scientifico di arrivare, alla fine, alla verità”.

http://www.lescienze.it/news/2012/12/13/news/uomo_di_piltdown_beffa_paleoantropologia_colpevole-1418244/