giovedì 27 dicembre 2012

Da prateria a foresta, come cambiò in fretta l'ambiente di Homo erectus

Illustrazione: Geoff Hunter


Un brusco passaggio dalle praterie alle foreste, durato alcune centinaia di migliaia di anni: è quello che ha subito l'ambiente dell'Africa orientale circa due milioni di anni fa, nel periodo in cui è emerso e si è diffuso Homo erectus. La scoperta, frutto di una nuova analisi di sedimenti lacustri della Gola di Olduvai, in Tanzania, sfida le attuali teorie sull'influenza dell'ambiente sull'evoluzione dei primi ominidi (red)



Quale ruolo ha avuto l'evoluzione ambientale della savana nell'evoluzione umana? La questione è aperta da circa un secolo, e non ha trovato una risposta chiara a causa della difficoltà di caratterizzare gli ecosistemi locali a partire dalle registrazioni degli strati geologici e dei fossili. Gli ultimi dati, pubblicati ora sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, tracciano un quadro diverso da quello ritenuto valido finora: proprio in corrispondenza di due passaggi chiave per l'evoluzione umana, avvenuti circa 2 milioni di anni fa, la nascita e la diaspora di Homo erectus, l'ambiente dell'Africa orientale ha subito un notevole cambiamento, passando dalla prateria alle foreste.

Lo studio, firmato da Clayton R. Magil e colleghi del Dipartimento di scienze della Terra della Pennsylvania State University, si è basato su tecniche ad alta risoluzione per la rilevazione delle firme isotopiche e alcuni biomarcatori di natura lipidica dei sedimenti lacustri della Gola di Olduvai, in Tanzania, un sito estremamente importante dal punto di vista paleontologico.

I dati mostrano una transizione relativamente brusca, durata alcune centinaia di migliaia di anni, dalle praterie alle foreste, in contrasto con il modello in voga da molti anni, secondo cui durante il primo Pleistocene, l'Africa orientale avrebbe conosciuto un processo progressivo e pressoché lineare di inaridimento ed espansione delle praterie. Le attuali teorie sull'influenza dell'ambiente locale sull'evoluzione umana dovranno quindi essere riviste tenendo conto di queste nuove informazioni.

Come spiegano gli autori nell'articolo, i fattori ambientali hanno avuto sicuramente un peso nel determinare o nell'indirizzare l'evoluzione dei primi essere umani. Per esempio, la presenza di piante ad alto fusto può aver influenzato la
termoregolazione e gli adattamenti alimentari degli ominidi e altri mammiferi terrestri fin dal Pleistocene, a partire cioè da circa 2,6 milioni di anni fa.

Purtroppo, in molti casi, le ricostruzioni delle caratteristiche degli ecosistemi sono limitate dalla cattiva conservazione dei reperti e dalla scarsa risoluzione temporale dei metodi a disposizione. Inoltre, nelle sequenze di sedimenti terrestri sono comuni le discontinuità. Come risultato, gran parte del contesto dell'evoluzione umana è stato interpretato sulla base di condizioni regionali e globali ricostruite a partire da registrazioni marine.

Un argomento di particolare interesse è l'incerto ruolo che ha giocato la savana nell'evoluzione umana. Da una parte appare difficile la definizione di questo particolare bioma all'interno degli ecosistemi moderni e storici, dall'altra è assai scarsa la possibilità di ricostruire la composizione delle comunità vegetali a partire dai sedimenti.

Nel 2011,Thure Cerling dell'Università dello Utah a Salt Lake City e colleghi avevano stimato le composizioni delle comunità vegetali dell'Africa orientale degli ultimi sei milioni di anni sulla base della relazione misurabile attualmente tra copertura boschiva e abbondanze relative degli isotopi del carbonio per carbonati e per materiali organici presenti nel suolo. Il loro studio, dimostrando la validità di questo metodo di ricostruzione degli ecosistemi, aveva offerto numerose nuove informazioni sulle condizioni presenti anticamente nel bacino di Omo-Turkana, in Kenia, importantissimo dal punto di vista paleontologico. In questo sito, infatti, sono stati trovati i resti dello scheletro di un dodicenne, il cosiddetto Ragazzo del Turkana, risalente a 1,6 milioni di anni fa, all'inizio del Pleistocene, e appartenente alla specie Homo erectus.

Estendendo l'approccio di Cerling per includere nelle analisi anche i biomarcatori lipidici, Magil e colleghi hanno analizzato i sedimenti lacustri nei siti archeologici presenti nella Gola di Olduvai, un avvallamento che si estende per circa 40 chilometri in Tanzania. L'intervallo di tempo considerato, tra 2,0 e 1,8 milioni di anni fa, è associato, oltre che alla comparsa dell'uomo, a notevoli cambiamenti nel clima tropicale.

http://www.lescienze.it/news/2012/12/27/news/ambiente_savana_evoluzione_umana_homo_erectus-1434952/