martedì 25 giugno 2013

L’agiografia vaticana, un romanzificio sempre all’opera

Palatucci
E così, anche la storia di Giovanni Palatucci è risultata essere, alla prova dei fatti, pesantemente romanzata. Negli anni seguenti il successo mondiale di Schindler’s List vi fu una corsa ideologica a dotarsi di personaggi simili e il Vaticano non fu da meno: Giovanni Palatucci fu proclamato martire della fede e servo di Dio da parte di Giovanni Paolo II. La strada per la beatificazione era spianata. Fino a qualche giorno fa.

 
Dubbi esistevano da tempo. Un’inchiesta del Centro Primo Levi ha tuttavia accertato che, lungi dal salvare 5.000 ebrei dallo sterminio, Palatucci fu un collaboratore nazista. Pare che sia stato “un volenteroso esecutore delle leggi razziali”. Nel 1943 Fiume contava solo 500 ebrei, l’80% dei quali morì ad Auschwitz. E se Palatucci finì a sua volta a Dachau, dove morì nel 1945, fu per appropriazione indebita e spionaggio a favore del Regno Unito. La leggenda sembra sia nata nel 1952, “quando lo zio vescovo Giuseppe Maria Palatucci raccontò questa storia per garantire una pensione ai parenti dell’uomo”.

Il museo dell’Olocausto di Washington ha rimosso il suo nome da una mostra. Anche la AntiDefamation League non onorerà più il suo nome. In Vaticano si ritrovano con il lumino ardente in mano e l’imbarazzo è palpabile. Sull’Osservatore Romano è stata pubblicata una difesa in cui si sostiene che, in realtà, si vuole solo colpire “la Chiesa di Pio XII”: altro imbarazzante personaggio, ma enormemente più ingombrante, per i suoi ambigui rapporti con il nazifascismo. Tuttavia, si è anche dovuto ammettere che “sul caso Palatucci le ricerche storiche di prima mano sono state poche, che numeri e fatti sono stati sottoposti ad interpretazioni agiografiche”. Se è vero che membri della Chiesa salvarono molti ebrei durante la Seconda guerra mondiale, nascondendoli nelle proprie strutture o non denunciandoli, è anche vero che altri collaborarono in maniera più o meno diretta proprio con i nazisti e i fascisti che gli davano la caccia, sulla scia di un antisemitismo radicato. Senza contare gli aiuti che la Chiesa fornì per consentire la fuga a molti criminali nazisti e ustascia croati, con il collaudato sistema delle ratlines.
 
Si voleva costruire il martire ed è finita come è finita. Ma la vicenda non è stata minimamente di insegnamento. Nelle stesse ore, papa Bergoglio ha sostenuto che “nel mondo di oggi vi sono più martiri che nei primi secoli”. Ma erano pochi allora, a fronte di tantissimi racconti inventati o ritoccati a fini edificanti, e le cifre che girano oggi sono assolutamente improbabili. Il papa ha del resto esteso la definizione di “martire” a “papà e mamme”, “sacerdoti, frati, suore”, giovani volontari che operano per il bene (cristiano). L’officina dei martiri, viste le definizioni stiracchiate o “ecumeniche”, continua a produrne a ciclo continuo perché ciò è funzionale agli scopi propagandistici della Chiesa. C’è ancora chi crede alla Chiesa perché non sa far altro che credere a ogni cosa che dice la Chiesa. Gente che crede di credere, direbbe Daniel Dennett. Forse sono addirittura la maggioranza.