mercoledì 19 giugno 2013

Laicità alla francese e laicità alla Francesco

francesco-uk
Sono passati cento giorni dall’insediamento del nuovo papa. La “luna di miele” e la conseguente papolatria non sono certo terminate, anche se pian piano si stanno allontanando dai livelli dei primi giorni, paragonabili a quelli dei fan più accaniti di una popstar. Papa Bergoglio sta cominciando (lentamente) a farsi carico dell’azione di governo della Chiesa universale, quindi anche delle relazioni politiche che una Chiesa interventista come quella cattolica intesse senza sosta.

"laicità” significa arginare l’invadenza delle religioni"

Francesco ha ricevuto in udienza, sabato scorso, la delegazione di parlamentari francesi del gruppo Amicizia Francia-Santa Sede. Ha ricordato che “il principio di laicità” “non deve significare in sé un’ostilità alla realtà religiosa, o un’esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano”. Infatti “laicità” significa arginare l’invadenza delle religioni quando pretendono di imporre i propri principi a tutti i cittadini. Non solo, ma è la garanzia affinché le religioni possano esprimersi o manifestare in pubblico, un diritto che nessuno nega.
 
Il papa aggiunge che il “contributo” della Chiesa non è solo “nell’ambito antropologico o sociale, ma anche negli ambiti politico, economico e culturale”. Per questo ricorda ai parlamentari francesi che il loro “compito è certamente tecnico e giuridico, e consiste nel proporre leggi, nell’emendarle o anche nell’abrogarle” ma è anche quello di “infondere in esse un supplemento, uno spirito, direi un’anima”. Parole volutamente caute quelle di Bergoglio. Ma, soprattutto in Francia, i commentatori si sono interrogati sul sottofondo di interventismo politico, alla luce dei recenti e aspri dibattiti come l’introduzione del matrimonio gay, riforma avversata dalla Chiesa cattolica.
 
Lo stesso giorno il papa ha incontrato in udienza privata anche il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. La sala stampa vaticana ha riportato che nei colloqui si è parlato del “contributo positivo” che la Chiesa può offrire nel periodo di crisi. Ma anche della difesa dei diritti, specie della libertà religiosa dei cristiani nel mondo.
 
Bergoglio in vista del G8 che si sta tenendo a Lough Erne, in Irlanda del Nord, ha scritto anche al premier britannico David Cameron. Nella lettera ha auspicato “un’attenzione fondamentale all’uomo”, contro la povertà, le guerre e la fame nel mondo. E ha invocato “misure di lungo respiro” contro la crisi che siano “guidate dall’etica della verità” e valorizzino l’essere umano, “a cominciare dai più poveri e i più deboli, ovunque essi si trovino, fosse anche il grembo della loro madre”.

Per rinsaldare i legami con gli anglicani Francesco ha ricevuto venerdì in Vaticano il nuovo arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. Bergoglio ha spronato il suo collega a perseverare nel difendere la “sacralità della vita umana” e “l’importanza dell’istituzione della famiglia costruita sul matrimonio”, visto che in Gran Bretagna sta per essere approvato il matrimonio gay. La Chiesa anglicana e quella cattolica stanno cercando di riavvicinarsi dopo gli attriti degli anni scorsi, quando il Vaticano si prodigò per facilitare la fuga di anglicani intransigenti delusi dalle aperture della chiesa inglese su temi come l’ordinazione di sacerdoti omosessuali e vescovi donne. Bergoglio si dice “grato” per “il sincero sforzo che la Chiesa d’Inghilterra ha mostrato per comprendere le ragioni che hanno portato il mio Predecessore, Benedetto XVI, ad offrire una struttura canonica in grado di rispondere alle domande di quei gruppi di anglicani che hanno chiesto di essere ricevuti, anche corporativamente, nella Chiesa cattolica”.
 
"slogan zuccherosi e naif tipici del suo armamentario apologetico"

Per finire, nell’omelia per la giornata dedicata all’enciclica Evangelium Vitae Bergoglio  ha criticato in toni manichei le ideologie che sono mosse a suo dire “dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro”. Non sono mancati slogan zuccherosi e naif tipici del suo armamentario apologetico (“sì all’amore e no all’egoismo”, “sì alla vita e no alla morte”, “sì alla libertà e no alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo”) che culminano: “in una parola diciamo sì a Dio, che è amore, vita e libertà, e mai delude”. Perché, va ricordato, “solo la fede nel Dio vivente ci salva”: quasi a compensare dichiarazioni più concilianti verso gli atei. Invece “quando l’uomo vuole affermare se stesso, chiudendosi nel proprio egoismo e mettendosi al posto di Dio, finisce per seminare morte” e “menzogna”. Ma anche affermazioni che ribaltano i comandamenti biblici, non un elenco di divieti ma propositi per “una vita veramente libera, per una vita piena” che “non sono un inno al ‘no’”.
 
È facile capire come intende la laicità papa Bergoglio: la intende allo stesso modo di papa Ratzinger e dei loro predecessori. Pensare che un papa, solo perché più gentile e meno arcigno di chi ha sostituito, possa modificare un’impostazione di fondo vecchia di diciassette secoli è puerile, e su questo concorderanno anche i più accesi clericali. Molti vaticanisti ci sono invece cascati, spinti dall’esigenza di trovare maggiore spazio in pagina e nell’eterna volontà di trasformare qualsiasi sacro starnuto in uno scoop o in un trend “rivoluzionario”. Non stupisce che oggi non enfatizzino in alcun modo tali prese di posizione papali, che smentiscono le loro previsioni (o profezie, o sogni: fate pure voi). Forse non se n’erano accorti, ma papa Bergoglio è un papa.