mercoledì 20 marzo 2013

Nazioni Unite, ancora asse islam-Vaticano contro i diritti riproduttivi delle donne

papa-iran
Alle Na­zio­ni Unite, ancora una volta paesi isla­mi­ci e Va­ti­ca­no uniti contro i di­rit­ti delle donne. Non è la prima volta che si forma questa ’san­ta’ al­lean­za per ren­de­re di fatto inef­fi­ca­ci ri­so­lu­zio­ni o do­cu­men­ti delle Na­zio­ni Unite volti a tu­te­la­re la li­ber­tà e l’au­to­no­mia delle donne.

Tra il 4 e il 15 marzo si è tenuta nella sede del­l’O­nu a New York la cin­quan­ta­set­te­si­ma ses­sio­ne della Com­mis­sion on the Status of Women, che aveva come tema l’e­li­mi­na­zio­ne e la pre­ven­zio­ne di ogni forma di vio­len­za contro le donne e le ra­gaz­ze. La com­mis­sio­ne Onu stava la­vo­ran­do a un do­cu­men­to, che tut­ta­via è stato con­te­sta­to in di­ver­si punti pro­prio dai paesi del­l’Or­ga­niz­za­zio­ne per la Coo­pe­ra­zio­ne Isla­mi­ca (OIC) e dalla Santa Sede, en­tram­bi os­ser­va­to­ri per­ma­nen­ti alle Na­zio­ni Unite. For­tu­na­ta­men­te l’op­po­si­zio­ne da parte di Va­ti­ca­no, Hon­du­ras, Russia, Iran, Egitto, Arabia Sau­di­ta, Qatar, Libia, Ni­ge­ria e Sudan non ha bloc­ca­to l’a­do­zio­ne delle Agreed Con­clu­sions.
 
In par­ti­co­la­re, de­nun­cia­no gli at­ti­vi­sti per i di­rit­ti umani, la cor­da­ta va­ti­ca­na voleva to­glie­re i ri­fe­ri­men­ti alla con­trac­ce­zio­ne, al­l’in­ter­ru­zio­ne vo­lon­ta­ria di gra­vi­dan­za e al trat­ta­men­to e la pre­ven­zio­ne delle ma­lat­tie ses­sual­men­te tra­smis­si­bi­li quali di­rit­ti da ga­ran­ti­re alla donne che su­bi­sco­no vio­len­za. Invece la cor­da­ta isla­mi­ca pun­ta­va piut­to­sto a in­tro­dur­re una clau­so­la che per­met­tes­se agli stati di non im­ple­men­ta­re gli stru­men­ti per ga­ran­ti­re questi di­rit­ti alle donne nel caso in cui fos­se­ro in con­tra­sto con la legge in vigore e con i “valori” re­li­gio­si o cul­tu­ra­li. In pra­ti­ca, le due im­po­sta­zio­ni con­ver­ge­va­no negli obiet­ti­vi, per negare alle donne tutele sulle con­se­guen­ze di stupro o vio­len­za: la Chiesa cat­to­li­ca in­vo­ca­va il ‘valore della vita’ per im­por­re un’a­gen­da no-choi­ce in sede in­ter­na­zio­na­le, mentre i paesi isla­mi­ci in­ten­de­va­no far valere una sorta di ‘obie­zio­ne di co­scien­za sta­ta­le’ pro­teg­gen­do la pro­pria im­po­sta­zio­ne con­fes­sio­na­li­sta che pone le donne in uno stato di mi­no­ri­tà.
 
In Libia l’or­ga­ni­smo ri­co­no­sciu­to che emette fatwa (Dar Al-If­ta) ha in­vi­ta­to le donne a pro­te­sta­re contro l’Onu, con­te­stan­do che il do­cu­men­to in via di ap­pro­va­zio­ne “avesse come obiet­ti­vo la di­stru­zio­ne della fa­mi­glia e la pro­mo­zio­ne della de­ca­den­za morale”. Anche in Egitto ci sono state ma­ni­fe­sta­zio­ni isla­mi­ste du­ran­te la con­fe­ren­za contro l’ap­pro­va­zio­ne di certi punti nella di­chia­ra­zio­ne Onu. I Fra­tel­li Mu­sul­ma­ni sono scesi in piazza so­ste­nen­do che End Vio­len­ce again­st Women an­das­se contro la sharia. In un co­mu­ni­ca­to hanno so­ste­nu­to che il do­cu­men­to avesse un titolo “fuor­vian­te” e che com­pren­des­se “ar­ti­co­li che con­trad­di­co­no i prin­ci­pi del­l’i­slam” e che “pun­ta­no a di­strug­ge­re la fa­mi­glia”. Di più, che fosse “l’ul­ti­mo passo per con­se­gui­re una in­va­sio­ne in­tel­let­tua­le e cul­tu­ra­le” della so­cie­tà isla­mi­ca. Il gruppo isla­mi­sta, di cui fa parte il pre­si­den­te in carica Mu­ha­med Morsi, ha con­te­sta­to di­ver­si punti. Come gli ar­ti­co­li volti a ga­ran­ti­re alle donne la li­ber­tà di scelta nel de­ci­de­re il genere del part­ner, la con­trac­ce­zio­ne alle ado­le­scen­ti ed eguali di­rit­ti per gli omo­ses­sua­li nonché la pro­te­zio­ne legale della pro­sti­tu­zio­ne. Ma pure che ve­nis­se ga­ran­ti­ta ugua­glian­za alle donne nella vita ma­tri­mo­nia­le, in ma­te­ria di ere­di­tà (con­si­de­ra­to che la legge isla­mi­ca pro­spet­ta uno squi­li­brio tra le parti) e con la pos­si­bi­li­tà di de­nun­cia­re il marito in caso di stupro.

Seb­be­ne non sia vin­co­lan­te, si ri­tie­ne che il do­cu­men­to Onu possa avere qual­che in­fluen­za sugli stati ade­ren­ti af­fin­ché pren­da­no misure che vadano verso la ga­ran­zia dei di­rit­ti. Come fanno notare molti paesi che l’han­no so­ste­nu­to, gli at­ti­vi­sti per la difesa delle donne e le or­ga­niz­za­zio­ni non go­ver­na­ti­ve, è co­mun­que un tra­guar­do im­por­tan­te. Di questo parere è ad esem­pio Shan­non Ko­wal­ski, a capo del­l’In­ter­na­tio­nal Wo­man’s Health Coa­li­tion, che fa anche notare come si sa­reb­be potuto andare anche oltre men­zio­nan­do anche le­sbi­che e tran­sgen­der. Ma, ag­giun­ge, “per la prima volta” i go­ver­ni “si sono detti d’ac­cor­do ad as­si­cu­ra­re che le donne stu­pra­te pos­sa­no avere ser­vi­zi sa­ni­ta­ri fon­da­men­ta­li, come la con­trac­ce­zio­ne d’e­mer­gen­za e l’a­bor­to sicuro”.
 
È noto il pres­sing in sede in­ter­na­zio­na­le delle re­li­gio­ni or­ga­niz­za­te da cui di­ver­se volte ab­bia­mo messo in guar­dia. Non solo per dare tutele pri­vi­le­gia­te contro la “bla­sfe­mia” in modo da sof­fo­ca­re qual­sia­si forma di cri­ti­ca laica e li­ber­tà di pen­sie­ro dei non cre­den­ti o per fre­na­re il ri­co­no­sci­men­to dei di­rit­ti degli omo­ses­sua­li, en­tram­be ca­te­go­rie tut­to­ra og­get­to di le­gi­sla­zio­ne re­pres­si­va in di­ver­si paesi isla­mi­ci. Ma in ma­nie­ra molto più in­va­si­va — e con con­se­guen­ze più ne­fa­ste e dram­ma­ti­ca­men­te dif­fu­se — pro­prio contro l’au­to­de­ter­mi­na­zio­ne della donna.
 
È ormai ri­co­no­sciu­to anche dalla co­mu­ni­tà scien­ti­fi­ca che negare la pos­si­bi­li­tà alle donne di usu­frui­re della con­trac­ce­zio­ne o del­l’a­bor­to e di anche solo dei ru­di­men­ti del family plan­ning incida pe­san­te­men­te sulla mor­ta­li­tà fem­mi­ni­le. Sempre Va­ti­ca­no e co­mu­ni­tà isla­mi­ca si sono schie­ra­ti lo scorso ot­to­bre contro una ri­so­lu­zio­ne dello United Nation Human Rights Coun­cil, bol­la­ta con pre­oc­cu­pa­zio­ne da Av­ve­ni­re come “prima so­stan­zia­le aper­tu­ra a questi li­vel­li del­l’i­dea del­l’a­bor­to come ‘di­rit­to’ delle donne”. Ma già nel 2008 l’os­ser­va­to­re va­ti­ca­no presso l’Onu, mon­si­gnor Ce­le­sti­no Mi­glio­re, at­tac­ca­va come “bar­ba­rie mo­der­na” la pos­si­bi­li­tà — cal­deg­gia­ta dalle as­so­cia­zio­ni pro-choi­ce e di tutela dei di­rit­ti e della salute delle donne — di ri­co­no­sce­re l’in­ter­ru­zio­ne di gra­vi­dan­za in sede in­ter­na­zio­na­le.
 
Le or­ga­niz­za­zio­ni fem­mi­ni­li hanno sempre de­nun­cia­to la ten­den­za delle con­fes­sio­ni re­li­gio­se a fare lob­by­ing per im­por­re di­scri­mi­na­zio­ni basate sui “valori tra­di­zio­na­li”, ap­pel­lan­do­si al­l’O­nu anche nel­l’a­pri­le del 2012. Non a caso Rachel Harris, espo­nen­te della Ong Women En­vi­ron­ment and De­ve­lo­p­ment Or­ga­ni­za­tion che as­si­ste le donne nei paesi in via di svi­lup­po, abbia par­la­to espli­ci­ta­men­te nel giugno scorso di un tra­sver­sa­le “asse del male contro le donne” com­po­sto da Va­ti­ca­no e paesi isla­mi­ci, pro­prio per cas­sa­re un pa­ra­gra­fo del do­cu­men­to finale che par­la­va dei di­rit­ti ri­pro­dut­ti­vi come mezzo per al­le­via­re la pres­sio­ne del genere umano sul­l’am­bien­te. Ri­te­nia­mo che non sarà l’ul­ti­ma volta che le re­li­gio­ni con­ti­nue­ran­no a fre­na­re il ri­co­no­sci­men­to del­l’au­to­no­mia fem­mi­ni­le a li­vel­lo mon­dia­le. Non ren­den­do­si conto che ciò crea non solo ma­cro­sco­pi­che vio­la­zio­ni dei di­rit­ti e della di­gni­tà, ma di­ven­ta un pe­san­te osta­co­lo allo svi­lup­po dei paesi più svan­tag­gia­ti e con­tri­bui­sce con l’in­si­sten­za sul na­ta­li­smo a tutti i costi a met­te­re in serio pe­ri­co­lo gli equi­li­bri am­bien­ta­li del pia­ne­ta.
 
Visto che il nuovo papa Fran­ce­sco, osan­na­to dai media e dal­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, si è ap­pel­la­to ai po­ten­ti per la difesa del “creato” e dei “più deboli”, forse è il caso che anche lui stesso faccia qual­co­sa di dav­ve­ro ri­vo­lu­zio­na­rio e con­cre­to su una que­stio­ne come la con­trac­ce­zio­ne, che incide anche sul­l’am­bien­te oltre che sulla vita delle donne, in troppi paesi le “più deboli”. Perché è pro­prio lui, no­no­stan­te si at­teg­gi a umile, uno dei po­ten­ti che hanno in mano i de­sti­ni del mondo. In caso con­tra­rio, se pas­sa­ta la luna di miele me­dia­ti­ca e le parole tenere ci ri­tro­vas­si­mo con la stessa dura op­po­si­zio­ne cle­ri­ca­le, sa­reb­be un male per tutti.