da Repubblica.it.
L’ articolo 59 della Costituzione della nostra povera Repubblica stabilisce che il Presidente della Repubblica possa nominare cinque Senatori a vita che abbiano “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.
I primi due, nominati da Luigi Einaudi nel 1949, furono il matematico Guido Castelnuovo e il direttore d’ orchestra Arturo Toscanini
L’ articolo 59 della Costituzione della nostra povera Repubblica stabilisce che il Presidente della Repubblica possa nominare cinque Senatori a vita che abbiano “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.
I primi due, nominati da Luigi Einaudi nel 1949, furono il matematico Guido Castelnuovo e il direttore d’ orchestra Arturo Toscanini
(che rifiutò). Einaudi continuò poi nel modo in cui era partito, scegliendo negli anni uno scultore (Pietro Canonica), uno storico (Gaetano De Sanctis), un economista (Pasquale Jannaccone), un poeta (Trilussa), un archeologo (Umberto Zanotti Bianco) e un politico (don Luigi Sturzo).
Quest’ultima nomina fu l’ inizio dello snaturamento dell’ istituzione. Nei decenni successivi, dei 25 senatori nominati dai vari presidenti della Repubblica, 15 sono stati politici: da Leone a Nenni, da Fanfani a Spadolini, da Andreotti a Taviani, da Colombo a Napolitano. Tutti accomunati soltanto dall’altissimo merito di avere maturato il diritto all’usucapione perpetua di un seggio parlamentare, per averne occupato uno già sufficientemente a lungo.
Fra i rimanenti dieci, ben tre sono state le nomine per altissimi meriti automobilistici (Vittorio Valletta, Gianni Agnelli e Sergio Pininfarina). E solo quattro quelle che in qualche modo si possono ricondurre alla lettera della Costituzione: due premi Nobel (Eugenio Montale per la letteratura e Rita Levi Montalcini per la medicina), un attore-commediante (Eduardo De Filippo) e un poeta (Mario Luzi).
Oggi Napolitano ha effettuato la sua prima nomina, continuando nell’andazzo dei suoi predecessori. Dimenticando che in Italia abbiamo almeno un premio Nobel della letteratura (Dario Fo) e due di fisica (Carlo Rubbia e Riccardo Giacconi), oltre a una medaglia Fields di matematica (Enrico Bombieri) , un intellettuale come Umberto Eco, un architetto come Renzo Piano, un direttore d’orchestra come Riccardo Muti o un attore come Roberto Benigni, il presidente della Repubblica ha nominato l’economista Mario Monti.
L’altissimo merito di quest’ultimo è di essere stato commissario europeo con deleghe economiche, dal 1994 al 1999 per nomina del primo governo Berlusconi, e dal 1999 al 2004 per nomina del primo governo D’Alema. Oltre che di essere stato presidente della famigerata Commissione Trilaterale, una specie di massoneria ultraliberista statunitense, europea e nipponica ispirata da David Rockefeller e Henry Kissinger.
Ci voleva un ex sedicente comunista dell’area migliorista, per formalizzare attraverso la persona di Monti il ruolo extraparlamentare dell’economia liberista che sta condizionando l’Europa intera attraverso le politiche della Banca Centrale (oggi presieduta da Mario Draghi, ex collega di Monti come consulente della Goldman Sachs), del Fondo Monetario Internazionale e delle borse.
E’ probabile che la nomina di Monti sia un giochetto da Prima Repubblica, per poter presentare a giorni la sua promozione a primo ministro come “istituzionale”. Quando invece si tratterà di un esautoramento della volontà popolare, visto che Monti avrà anche ricevuto nomine governative e presidenziali, ma certo non è mai stato eletto dagli elettori.
Quegli stessi elettori che tutti dicono di ritenere sovrani, ma che nessuno si degna di interpellare per domandar loro come intendano superare la crisi. Se svuotando le proprie tasche, come ha già mal iniziato a fare il governo Berlusconi, e come peggio continuerà a fare il governo Monti. O se invece attingendo ai portafogli delle banche e degli industriali, alla faccia dei Monti, dei Draghi e dei Berlusconi.
(10 novembre 2011)