Contatti con servizi segreti e il piano per dar fuoco a un terreno da acquistare nelle pieghe dell’inchiesta su Don Verzé.
Dopo oggi, raramente i rapporti tra preti e Stato potranno essere come prima. Perché per tanti preti anticamorra come Don Luigi Ciotti, c’è anche chi si comporta come un mafioso. Parlando di un rogo per bruciare il terreno di un vicino che dà fastidio e di altre cosucce non necessariamente onorevoli. L’ articolo di Mario Gerevini e Simona Ravizza sul Corriere della Sera: È dicembre 2005 e don Luigi Verzé, il gran capo dell’ ospedale San Raffaele, ha le microspie nel suo ufficio.
Dopo oggi, raramente i rapporti tra preti e Stato potranno essere come prima. Perché per tanti preti anticamorra come Don Luigi Ciotti, c’è anche chi si comporta come un mafioso. Parlando di un rogo per bruciare il terreno di un vicino che dà fastidio e di altre cosucce non necessariamente onorevoli. L’ articolo di Mario Gerevini e Simona Ravizza sul Corriere della Sera: È dicembre 2005 e don Luigi Verzé, il gran capo dell’ ospedale San Raffaele, ha le microspie nel suo ufficio.
Non sa che un’inchiesta della magistratura sta legalmente violando la sua privacy. Non si era mai saputo finora. Non lo samentre parla con Nicolò Pollari, l’allora direttore dei servizi segreti militari (Sismi), delle difficoltà politiche dell’amico comune Silvio Berlusconi, della scalata alla Bnl e dei controlli fatti su Stefano Ricucci a favore di Sergio Billè. È ignaro, don Verzé, che qualcuno lo sta ascoltando quando accoglie Cesare Geronzi per parlare di politica o quando risponde alla telefonata dell’«eminenza» vaticana che gli chiede un favore. Con Mario Cal, il manager suicida, conversa di una «grana» giuridica da sistemare con Roberto Formigoni e la Regione Lombardia. E certo il prete che si ispira a San Matteo apostolo («Guarite gli infermi ») non immagina che le cimici elettroniche stiano captando il suo piano diabolico per fiaccare la resistenza di un vicino che non intende liberare un terreno.
I brogliacci su cui si basa l’articolo sono parte di un’inchiesta poi chiusa. Ma alla fine non sono molte le conversazioni «rilevanti »:
È il 13 gennaio 2006 alle 11,32 del mattino quando nell’ufficio di presidenza del San Raffaele «entra l’ing. Roma (capo dell’ufficio tecnico, ndr) al quale don Verzé—riassume l’operatore delle Fiamme Gialle all’ascolto— anticipa che farà venire la Guardia di Finanza per fare i verbali a coloro che giocano a calcio presso gli impianti sportivi vicini al San Raffaele che lo stesso don Verzé vuole acquisire ma che uno dei titolari, tale Lomazzi, non vuole cedere». I Lomazzi, secondo le informazioni raccolte dal Corriere, avevano un regolare contratto d’affitto (scadenza 2008) su quei terreni del San Raffaele. Ci avevano investito costruendo campi da tennis, calcio e calcetto, spogliatoi ecc. Nel 2005 e nell’inverno 2006 hanno anche subìto due incendi dolosi con blocco dell’attività e danni notevoli. Sembravano avvertimenti. Carabinieri e polizia fecero indagini, senza risultato. «L’ing. Roma—prosegue il sunto della conversazione intercettata—dice che i finanzieri dovranno chiedere la ricevuta ai giocatori, ricevuta che non avranno perché pagano tutti in nero e così la Finanza inizierà a fare le multe sia ai giocatori sia a Lomazzi …». Don Verzé non si scompone, tutt’altro, «chiede a che ora dovrebbe mandare la Finanza e l’ing. Roma risponde dalle 21 circa».
Non risulta però che un sacerdote abbia titolo per «mandare la Finanza». Dunque?
Passa un’oretta ed «entra in studio tale dott. Pollari». Cioè Nicolò Pollari, generale della Guardia di Finanza, in quel momento anche direttore del Sismi, i servizi segreti militari, finito sotto processo per il sequestro di Abu Omar e attività di «dossieraggio», oggi consigliere di Stato. Da poco Pollari, come ha documentato il Fatto, aveva acquistato una villa a Roma dal San Raffaele pagandola (500 mila euro) la metà dei soldi sborsati anni prima da don Verzé. Parlano di politica e a proposito di Berlusconi (in quel momento capo di un governo agli sgoccioli) «Pollari confida a don Verzé che sono momenti difficilissimi », che «lui è preso da molti problemi e la misura dela sua buona fede io la valuto … prima di tutto perché gli voglio bene». «Don Verzé dice: “È travolto dal suo entusiasmo … lui adesso purtroppo si è lasciato andare ..un pochettino eh eh … per correttezza morale… però tiene molto alla famiglia”. Pollari: “sì qualche giro di valzer …». La conversazione scivola sulle scalate bancarie, tema caldissimo in quell’inizio 2006. I due parlano di Sergio Billé, ex presidente della Confcommercio. «È un amico— dice il capo del Sismi—sto cercando di difenderlo in tutti i modi … la storia di Ricucci… posso dirti la verità… Billè è stato informato… puntualmente sulla vicenda di Ricucci almeno da un anno e mezzo».
E infine c’è il fuoco, ma non purificatore:
Il sacerdote nato nel 1920 da un latifondista e da una nobildonna veneta, ex segretario del Santo don Giovani Calabria e prediletto del Beato Cardinale Ildefonso Schuster, vuole cacciare il Lomazzi, quello del centro sportivo. «Don Verzé — rilevano le microspie — dice (all’ingegner Roma, ndr) di fare un sabotaggio e di stare attento ai cavalli e all’asilo», che sono del San Raffaele. «L’ing. Roma specifica di aver individuato il generatore …sarà sabotato il quadro elettrico … quindi i campi non potranno essere illuminati e quando gli amici dell’ing. Roma andranno da Lomazzi a fargli la proposta di acquisto (per conto del San Raffaele) “sarà in ginocchio…”». Qualche giorno dopo l’ingegner Roma bussa alla presidenza. Imicrofoni nascosti afferrano la conversazione, così riassunta: «Roma dice a don Verzé che quando lui sarà in Brasile ci sarà del fuoco, facendo riferimento ai fili del quadro elettrico degli impianti sportivi di Lomazzi che verranno liquefatti». Metodo don Verzé: il bastone e il vangelo.