sabato 5 ottobre 2013

L’epilessia religiosa di Dostoevskij

 

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Le prime crisi epilettiche Dostoevskij le ha avute nell’adolescenza, ma soltanto verso i quarant’anni sono diventate più frequenti, dopo il ritorno dalla prigionia in Siberia nel 1860. Quando aveva un attacco del grande malela moglie lo descrive così: “un pianto angoscioso che non aveva nulla di umano”, immediatamente prima che perdesse conoscenza e crollasse per terra.
In HallucinationsOliver Sacks ricorda che molti di questi attacchi erano preceduti da un’aura mistica o estatica, alcune volte senza che fossero seguite da convulsioni o perdita di conoscenza.
Sophia Kowalewski in Childhood Recollections ricorda che un giorno, che era la festa della Pasqua, durante una conversazione su temi religiosi, Dostoevskij sentì la campana della chiesa vicina e improvvisamente esclamò: “Dio esiste! Dio esiste!”. 


Lo scrittore russo aveva l’abitudine di prendere qualche nota dopo ogni attacco e così descrisse quella crisi inedita di Pasqua:
Un rumore assordante riempiva l’aria e provavo a muovermi. Sentivo che il cielo stava scendendo sulla terra sommergendomi. Ho davvero toccato Dio. E’ entrato dentro di me, sì Dio esiste. Ho pianto, non ricordo altro. Voi tutti, uomini in buona salute, non potete immaginare la felicità che gli epilettici provano durante quei secondi che prededono un attacco… Non so se questa felicità duri secondi, ore o mesi, ma credetemi, non la cambierei con nessuna di tutte le gioie che la vita può riservare.
I suoi romanzi sono pieni delle descrizioni di quei momenti che precedono una crisi. I personaggi da un punto di vista neurologico finiscono per assomigliare a Dostoevskij. Ecco ad esempio come fornisce i dettagli di tali esperienze nel principe Myshkin nell’Idiota:
Durante questi momenti rapidi come i fulmini, l’impressione della vita e della coscienza erano in lui dieci volte più intense. Il suo spirito e il suo cuore erano illuminati da un immenso senso di luce; tutte le sue emozioni, i suoi dubbi, tutta la sua ansia diminuivano per tramutare in una suprema serenità fatta di accesa gioia, armonia, speranza; dopo, ricorreva alla ragione per comprendere la causa finale di questo fenomeno.
Nikolay Strakhov, filosofo e critico letterario, fu presente ad un attacco di epilessia nel 1863 e lo descrisse in questi termini:
Dostoevskiy camminava nella stanza e io ero seduto dietro al tavolo. Stava dicendo qualcosa in modo esaltato ed elevato; quando incoraggiai la sua idea con qualche commento egli venne verso di me con uno sguardo esaltato e notavo quanto fosse intensa la sua emozione. Si fermò un attimo, come se cercasse le parole per i suoi pensieri e aveva appena aperto la bocca. Lo guardavo con molta attenzione perché capivo che stava per dire qualcosa di insolito e che avrei udito una qualche rivelazione. Invece, improvvisamente, dalla sua bocca uscì uno strano prolungato suono senza senso e cadde incosciente sul pavimento. Fino a quel tempo gli attacchi non erano così forti. Per effetto delle sue convulsioni rimase disteso per terra con la schuma alla bocca. In mezz’ora riprese conoscenza e ritornammo insieme a casa.
Sembra che fino al 1860 Dostoevskij abbia avuto non più di una decina di crisi epilettiche. Successivamente a questa data, prese nota di ogni attacco e ne registrò 102 nei successivi vent’anni. Secondo le descrizioni dell’intero processo epilettico, i neurologi sono concordi nel ritenere che gli attacchi fossero dovuti ad un’anormale attività elettrica in alcune parti del lobo temporale. L’esperienza emotiva dell’aura fa pensare al coinvolgimento delle strutture limbiche situate negli strati più profondi del cervello.

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Théophile Alajouanine fa notare che proprio in quegli anni, a partire dalle nuove crisi precedute dall’aura, descritte con un marcato senzo religioso, le opere del grande scrittore russo cambiano tono. Al realismo e razionalismo delle prime opere come Umiliati e offesi, il Sosia, Memorie dal sottosuolo o Delitto e Castigo, subentra un senso mistico della religiosità, ed è come se vi fosse un doppio Dostoevskij, “un razionalista e un mistico, ciascuno che cerca di avere la meglio secondo il caso e, nel corso degli anni, il mistico sembra prevalere decisamente“.

Il neurologo Norman Geschwind ha scritto diversi articoli sul tema tra il 1970 e il 1980. Nota la progressiva preoccupazione ossessiva di Dostoevskij  per la morale e il proprio comportamento, “la crescente tendenza a soffermarsi a lungo su argomenti di poca importanza, la mancanza di humor, la relativa indifferenza verso la sessualità e, malgrado la seriosità e l’alto tono morale, la prontezza a reagire rabbiosamente ad una piccola provocazione”. Geschwind la definisce sindrome della personalità interictale (“interictal” è un termine medico utilizzato per riferirsi ai momenti di una crisi parossistica e convulsiva).

Pare che i pazienti che soffrano di questa sindrome associata all’epilessia del lobo temporale, siamo molto preoccupati alle questioni religiose, presentino tratti ossessivi, esperienze estatiche ed extra corporee (out-of-body) e sono profondamente desiderosi di riprovarle. Nel 2003, Hansen Asheim ha pubblicato uno studio in cui riferisce che in un gruppo di 11 pazienti con crisi estatiche, 8 di loro attendevano desiderose la crisi epilettica e addirittura 5 di loro cercavano il modo di scatenarla. 

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Sembra che queste crisi possano far percepire delle epifanie, un senso più profondo della realtà e nel caso di Dostoevskij  addirittura diventano delle vere e proprie teofanie. Insomma, stiamo parlando di “anomala” attività elettrica nel lobo temporale del cervello associata al senso “religioso” e “mistico”. Mi chiedo se alcune delle visioni di personaggi storici non siano da attribuirsi a i prodromi di una crisi epilettica senza perdita di coscienza del lobo temporale. Mi vengono in mente la croce in cielo vista da Costantino, l’arcangelo Michele che rinfodera la spada apparso a papa Gregorio I sul tetto di Castel Sant’Angelo e, caso forse esemplare, le sante visioni di Giovanna D’Arco dall’età di 13 anni. 


Hughlings-Jackson, uno dei neurologi più importanti della storia della medicina, è stato il primo a studiare il lobo temporale mediale come il punto focale di una crisi epilettica con esperienza religiosa. Ha approfondito il significato dell’aura pre-epilettica come di uno stato di “over-consciousness” (coscienza-sovraccarica), che presenta tra i vari sintomi “sensazioni grezze dell’olfatto e del gusto e uno stato mentale alterato associati con la cosidetta aura intellettiva, uno stato sognante (dreamy state)”.

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Sembra che l’Autore dei Fratelli Karamazov, accanto a queste caratteristiche neurologiche associate all’epilessia mistica del lobo medio temporale, esibisse una personalità con uno stile reazionario, scostante verso le nuove idee filosofiche della Russia di fine Ottocento. In molti passaggi dei suoi ultimi romanzi, Dostoevsky attacca violentemente ogni forma di materialismo, ateismo o approccio scientifico, spesso con uno stile misticheggiante e recisamente antiscientifico. Non a caso, due dei bersagli principali dei suoi scritti sono il fondatore della ricerca biomedica moderna Claude Bernard (sul quale consiglio Claude Bernard e la nasciata della biomedicina di Fiorenzo Conti) e Sechenov, l’autore del libro I riflessi del cervello, uno dei testi più maturi della psicologia sperimentale di quel periodo che concepisce i fenomeni psicologici in quanto espressioni di complessi riflessi fisiologici.

Nel caso di Dostoevsky, le crisi epilettiche dopo i suoi quarant’anni mostrano questi aspetti contraddittori. Probabilmente, gli attacchi sono anche connessi a eventi traumatici della sua vita, come l’esilio in Siberia o la finta esecuzione sul patibolo, oltre a condizioni psicologiche particolarmente stressanti come i problemi coi debiti o la dipendenza dal gioco d’azzardo. Le condizioni neuropsicologiche non sono le condizioni necessarie che spiegano il suo straordinario talento letterario. Chi soffre di epilessia non scrive romanzi della portata di Dostoevsky. Ma i suoi romanzi appaiono come reperti narrativi della storia del suo cervello.

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