venerdì 25 ottobre 2013

Gran Bretagna, religione a scuola? “La non credenza deve essere trattata allo stesso modo”

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Oltremanica i non credenti sono ormai una parte consistente della popolazione, come autorevolmente attestato anche dall’ultimo censimento. Sebbene negli ultimi anni l’invadenza delle religioni sia aumentata, a causa dell’apertura concessa dalle istituzioni al confessionalismo comunitarista e al proliferare delle faith schools (con pesanti problemi annessi), il Regno Unito è un paese sempre più secolarizzato, dove c’è una lunga tradizione di associazionismo laicista e di pensiero scettico. Non è dunque più procrastinabile l’esigenza di trattare il pensiero umanista anche nelle scuole e rispondere così alle esigenze delle famiglie non religiose, garantire un’offerta culturale plurale e arginare l’indottrinamento e l’identitarismo.
 

"perché alcuni frequentano chiese, sinagoghe, moschee e pregano, mentre altri no"

Le istituzioni ne stanno prendendo atto. “Le visioni del mondo laiche dovrebbero essere messe sullo stesso piano di quelle religiose, nelle scuole”: è quanto ha riconosciuto per la prima volta il Religious Education Council di Inghilterra e Galles, pubblicando il quadro nazionale dei criteri raccomandati per l’insegnamento religioso. Il consiglio è formato da diverse confessioni (cattolici, anglicani, islamici, ebrei) e comprende anche rappresentanti della British Humanist Association. Secondo le linee guida, frutto di due anni di analisi, i bambini devono conoscere le varie religioni, anche con visite ai luoghi di culto e insegnamento di storie con diverse prospettive (anche umaniste), interrogandosi poi sul perché alcuni frequentano chiese, sinagoghe, moschee e pregano, mentre altri no. Verso i cinque anni i bambini dovrebbero poter confrontare i matrimoni cristiani con quelli umanisti, oltre a conoscere le fedi di maggioranza e minoranza; dalla scuola secondaria dovrebbero essere presentate loro anche le visioni non religiose dell’origine della vita.

L’approccio è condiviso dal ministro dell’Istruzione, Michael Gove, mentre le faith schools temono che in questo modo si scalfisca il monopolio religioso dei loro programmi. Nel Regno Unito la religione è obbligatoria a scuola, sebbene non faccia curriculum; negli ultimi anni c’è stato un declino di questo insegnamento cui queste linee guida intendono far fronte.
 
La BHA vede con favore il nuovo assetto, che promette di dare spazio all’approccio degli atei e degli agnostici in un contesto che fino a questo momento è stato appannaggio dalle principali religioni. Anche la risposta del ministro, che parla di “religioni e visioni del mondo”, è molto inclusiva e comprende anche l’approccio humanist, e suggerisce che persino le faith schools debbano comunque presentare altre fedi e non. Come fa notare Andrew Copson, direttore esecutivo della BHA, “sondaggi del governo suggeriscono che la maggioranza, se non i due terzi, dei giovani oggi non sono religiosi, quindi per far sì che l’insegnamento religioso rimanga rilevante è vitale che le credenze di questo gruppo ampio siano insegnate a fianco di quelle dei loro compagni credenti”. La BHA si è impegnata negli anni per raggiungere questo risultato, tanto che già nel 2004 il national framework si parlava di humanism: ma il risultato odierno è definito “una pietra miliare dell’inclusività”.
 
"l’evangelizzazione dovrebbe essere bandita da tutte le scuole finanziate con fondi pubblici"

La National Secular Society, che esprime critiche sul sistema inglese e ne auspica la riforma, commenta tramite il direttore Keith Porteous Wood: “l’evangelizzazione dovrebbe essere bandita da tutte le scuole finanziate con fondi pubblici, anche nelle faith schools frequentate da bambini di altre fedi o che non ne hanno alcuna; inoltre dovrebbe essere un requisito legale insegnare tutte le filosofie religiose e non religiose”.
 
Certo, sarebbe auspicabile che non ci fosse proprio una educazione religiosa nelle scuole finanziate con fondi pubblici. O, se proprio deve esserci, dovrebbe realmente avere un approccio laico e scientifico, dando spazio alle visioni del mondo non religiose. Ma ciò che è avvenuto in Inghilterra (ma anche, su scala più ridotta, in Irlanda) è comunque un importante risultato e diventa un precedente, oltre che un segnale culturale rilevante: anche i non credenti hanno convinzioni meritevoli di pari dignità nelle scuole. E dimostra come le attuali normative che favoriscono le religioni siano sempre più inadeguate di fronte a una società che cambia, diventando rapidamente più secolarizzata e plurale.