mercoledì 2 ottobre 2013

La tragedia dei matrimoni in tenera età

Ancora oggi è diffusissima nei paesi in via di sviluppo la piaga dei matrimoni tra uomini adulti e bambine. Una pratica che risponde a logiche tribali, in cui prevale la cultura maschilista e patriarcale e che trova una forte giustificazione anche a livello religioso. Nei paesi in via di sviluppo si parla di una ragazza su sette che viene data in sposa prima del quindicesimo compleanno: soprattutto nell’Africa centrale e subsahariana, nella penisola indiana e in quella arabica. Le ricadute sono, come si può intuire, pesantissime: vengono negati i diritti e l’autonomia delle donne, che vengono sottoposte a violenze, segregate e spesso vengono colpite da malattie sessualmente trasmissibili o vengono ingravidate.

"migliaia le bambine che solo in quel paese arabo sono costrette a sposarsi"

Uno degli ultimi casi che hanno destato sconcerto risale a settembre e arriva dallo Yemen: Rawan, una bambina di otto anni sposata a un quarantenne, aveva riportato gravi lesioni interne e sarebbe infine morta dopo che il marito aveva fatto sesso con lei la prima notte di nozze. Come ha denunciato Human Rights Watch con un’inchiesta, sono migliaia le bambine che solo in quel paese arabo sono costrette a sposarsi e vengono stuprate. Secondo le stime, il 14% delle yemenite si sposa prima dei 15 anni e più della metà prima dei 18 anni. L’attenzione della comunità internazionale dopo questo episodio ha spinto il governo dello Yemen a valutare la fissazione del limite dei 18 anni per potersi sposare.
 
La ministra degli esteri Emma Bonino, come nota Avvenire, ha ricordato l’impegno internazionale del nostro paese per porre fine al preoccupante fenomeno. Che purtroppo è però diffuso anche nelle nazioni occidentali, dove in alcune comunità di immigrati le famiglie organizzano matrimoni combinati tra bambine e adulti, spesso nei paesi di origine e con persone che non si sono conosciute direttamente. Casi del genere vengono riportati anche in Italia e non mancano talvolta violenze e uccisioni quando la ragazza tenta di ribellarsi.
 
"“pratiche anacronistiche” che fanno parte di una specifica cultura o religione"

Le nozze forzate rappresentano una tradizione in molte culture, che viene denunciata in sede internazionale anche dalle associazioni di non credenti. Il rappresentante dell’associazione umanista Center for Inquiry presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, Elizabeth O’Casey, ha lanciato recentemente l’allarme su un fenomeno che riduce le ragazze a “strumenti per la riproduzione e la gratificazione sessuale” e le tratta “non come persone ma come proprietà”. Un malinteso “relativismo culturale”, aggiunge, porta a giustificare “pratiche anacronistiche” che fanno parte di una specifica cultura o religione ma che “violano il fulcro dei principi di uguaglianza, autonomia e dignità su cui si basano i diritti umani”. L’esponente del CFI per l’Onu a New York, Michael De Dora, fa notare che se il fenomeno è radicato e diffuso è anche perché “molto spesso coloro che si servono del matrimonio forzato e quelli che lo incoraggiano sostengono che la loro religione giustifichi o richieda tale pratica, in tal modo codificando la pratica nella legge”.
 
Non è un caso che secondo la tradizione islamica Aisha, la più giovane (nonché prediletta) moglie del profeta Maometto, si fosse sposata a sei anni e il rapporto venisse consumato verso i nove. Secondo la tradizione cristiana invece Maria, madre di Gesù, avrebbe avuto 14 anni al momento dello sposalizio con Giuseppe. Fino a non molto tempo fa era comune che le ragazze venissero sposate presto a uomini più maturi. Da rilevare come vi sia tuttora una differenza di genere nell’età minima per il matrimonio canonico: 16 anni per i maschi e 14 per le femmine.
Sarebbe utile che i leader religiosi prendessero decisamente le distanze da tali pratiche. I loro testi sacri giustificano comportamenti lesivi dei diritti di coloro che, a causa dell’età, sono inermi nei confronti di chi fa loro violenza. Anche basandosi sulla vita di figure che le loro dottrine portano a modello.