lunedì 21 ottobre 2013

Accoglienza, evangelizzazione e diritti dell’uomo

usccb
La riforma sanitaria voluta dal presidente Usa Barack Obama ha suscitato la ferma opposizione della Chiesa cattolica. Oggetto del contendere, la copertura assicurativa per contraccezione e aborto, obbligatoria anche per le strutture convenzionate che fanno capo a enti religiosi. Un’inchiesta della giornalista Sarah Posner per The American Prospect fa ora il punto della situazione, evidenziando i rapporti con la politica Usa e l’influenza esercitata dalla Chiesa attraverso le organizzazioni di assistenza.
 

"la Chiesa sostiene che non può essere coinvolta nel fornire servizi “immorali”"

Tra le istituzioni attive nel fare lobbying a Washington c’è il Catholic Information Center (CIC), vicino all’Opus Dei. Molto attiva nell’assistenza sanitaria e sociale (ad esempio contro il traffico di esseri umani, sull’immigrazione e i rifugiati), la Chiesa sostiene che non può essere coinvolta nel fornire servizi “immorali”. E lo rivendica in nome della libertà religiosa, anche se riceve fondi pubblici e il diniego va contro le libertà civili, il principio di separazione tra Stato e Chiesa e i diritti riproduttivi. La US Conference of Catholic Bishops (USCCB) — analoga alla Cei — ha preteso una speciale esenzione. In caso di mancato accoglimento, sarebbe stata costretta ad abbandonare l’aiuto ai bisognosi.
 
Soprattutto i repubblicani, nella polemica contro il governo, si sono schierati con la conferenza episcopale e hanno accusato Obama di essere “anti-cattolico”. Nel braccio di ferro in Congresso, hanno fatto passare esenzioni a favore degli enti religiosi, specie in materia di obiezione di coscienza, e prolungato i tempi di approvazione del bilancio, cosa che ha portato al momentaneo blocco dei servizi pubblici — il cosiddetto shutdown — e al rischio paralisi per gli Stati Uniti.

Il problema si è presentato nel 2011, quando il Department of Health and Human Services (HHS) non ha rinnovato una convenzione con la Conferenza episcopale per l’assistenza ai rifugiati perché la USCCB voleva far valere l’obiezione su aborto e contraccezione. Sulla base del Trafficking Victims Protection Act del 2000, il governo finanzia infatti anche organizzazioni ecclesiastiche che forniscono supporto ai rifugiati. Il caso era finito anche in tribunale, con una prima decisione che dava torto ai vescovi. La American Civil Liberties Union (ACLU) ha citato il dipartimento, mettendo in evidenza come pesi il boicottaggio delle organizzazioni religiose contro il family planning.
 
"per l’anno fiscale 2013 il dipartimento di Stato ha stipulato con i vescovi una convenzione da 39,6 milioni di dollari"
Ma la conferenza episcopale è molto influente: stando a quanto affermano gli stessi responsabili USCCB per l’immigrazione e i rifugiati, avrebbe ottenuto dal governo la modifica nei documenti HHS delle espressioni che richiedono alla USCCB di fornire informazioni per aborto e contraccezione, in modo che siano in linea con la dottrina cattolica. Altrimenti la USCCB non avrebbe potuto continuare la collaborazione con la HHS, e ciò avrebbe causato “un grave impatto su una larga popolazione di bambini e adolescenti”, dato che l’USCCB gestisce ormai circa la metà dei servizi di affidamento negli Usa. La HHS ha negato, ma per l’anno fiscale 2013 il dipartimento di Stato ha stipulato con i vescovi una convenzione da 39,6 milioni di dollari.
 
Un’altra convenzione tra USCCB e Office of Refugee Resettlement è ancora attiva, e riguarda anche minori soli che entrano illegalmente negli Usa senza documenti (undocumented accompanied children, o UACs) o rifugiati (unaccompanied refugee minors, o URMs), provenienti soprattutto dal confine messicano. Categorie talvolta vittime di violenze e stupri nel corso del viaggio, quindi particolarmente vulnerabili e bisognose di assistenza anche sulle questioni riproduttive. Ma si riscontra la rigidità degli enti ecclesiastici, tanto che cinque anni fa impiegati in una charity cattolica in Virginia sono stati licenziati per aver aiutato un’adolescente ad abortire.
 
La questione pone seri problemi a livello costituzionale e di laicità, come evidenzia Maggie Garrett, direttrice della Americans United for Separation of Church and State. I cui effetti si vedono anche a livello di singolo stato. In Texas si è sentita l’ingerenza della conferenza episcopale locale, molto attiva nell’assistenza a immigrati e poveri: una nuova legge ha reso più difficile l’accesso alla contraccezione e all’interruzione di gravidanza. Ciò ha creato non pochi problemi a strutture come Planned Parenthood, in aree dove la copertura sanitaria è già insufficiente: donne povere o immigrate alle prese con gravidanze indesiderate e con scarsa educazione sessuale ne hanno fatto inevitabilmente le spese.
 
Nonostante le accuse, proprio sotto l’amministrazione Obama sono aumentati i fondi indirizzati a enti che fanno capo alla conferenza episcopale. Circa 62,8 milioni di dollari all’USCCB, più svariati milioni ad altri enti collegati. Forse non basta loro ancora. Occorre ricordare che l’applicazione della dottrina cattolica e l’impegno per l’evangelizzazione sono due principi cardine per ogni ente o associazione che voglia definirsi cattolico. Due principi che, tuttavia, generano inevitabilmente problemi quando gli accolti hanno esigenze e idee diverse e quando sarebbe necessario attenersi a principi inclusivi, rispettosi della laicità e dei diritti di tutti. Una circostanza che deve spingere le istituzioni a valutare attentamente le conseguenze del favore che manifestano – troppo spesso aprioristicamente – nei confronti della religione.