venerdì 11 gennaio 2013

I Poli si scaldano perchè sono “troppo puliti”

 
Una tempesta di polvere sul Golfo dell'Alaska
 
C’è un mistero ai Poli, soprattutto al Polo Nord: perché la temperatura dell’area si sta scaldando fino a 3 volte di più rispetto al resto della Terra? Questa domanda era senza una risposta esaustiva fino all’ultimo lavoro pubblicato su Nature Climate Change dove si dimostra che i Poli, circa 21.000 anni fa, al culmine dell’ultima glaciazione, erano ricoperti da una quantità di polvere almeno 10 volte superiore ad oggi.

Ebbene secondo i ricercatori dello studio fu proprio quella polvere ad impedire che il ghiaccio si sciogliesse durante l’estate sia sul mare che sulla terraferma. La polvere, che viene trasportata nell’atmosfera dai venti, ha un ruolo importante nel clima perché assorbe e riflette la luce solare e influenza la formazione delle nuvole e “semina” gli oceani con sostanze nutritive che permettono lo sviluppo di piante microscopiche. Ma perché c’è poca polvere? La risposta deve ancora essere trovata, tuttavia sembrerebbe da imputare al cambiamento della circolazione atmosferica e alle precipitazioni che in questo contesto giocano un ruolo importante. “Fino ad oggi non siamo riusciti a costruire modelli adatti a spiegare quanto sta avvenendo ai Poli perché non è facile inserire tutti i fenomeni atmosferici e oceanici che avvengono in quelle aree del pianeta e la polvere non è mai stata inserita come elemento importante”, ha spiegato Fabrice Lambert, autore della ricerca, il quale lavora al Korea Institute of Ocean Science and Technology.

Ma cosa aspettarsi?
Lambert dice che non è da escludere che il futuro possa essere più polveroso di oggi. La distruzione delle foreste e l’inaridimento di molte terre coltivabili che sono state abbandonate fa si che i venti trovino facile gioco nell’alzare e trasportare polvere. In Asia e in Africa si è già notato un raddoppio delle polveri nell’aria rispetto ai periodi preindustriali. “L’uomo, tuttavia, sta modificando il pianeta in un modo così complesso che è estremamente difficile riuscire a prevedere il futuro del clima”, ha sottolineato Gisela Winckler, coautore della ricerca e geochimico al Lamont-Doherty.
Insomma un pezzo del puzzle del clima planetario è stato scoperto e messo al suo posto, ma il puzzle in sé è ancora di là da essere completato.