mercoledì 23 gennaio 2013

Giustizia, libertà e laicità: la lezione di Ernesto Nathan





di Maria Mantello
 
“L’amministrazione popolare ha indicato il punto di partenza, il metodo; ad altri continuare per quella via, affaticarsi a risolverlo, per il bene di Roma e dell’Italia” - Ernesto Nathan

Ernesto Nathan costituisce un esempio straordinario nel panorama politico italiano per il suo rigore morale, improntato ad una profonda concezione laica dello Stato.
Negli anni in cui è stato Sindaco di Roma (dal 1907 al 1913), ha posto a fulcro del suo programma politico l’emancipazione dell’individuo e della società, scontrandosi con i centri affaristici di potere e realizzando una rivoluzione progressista: dalla scuola alla sanità, dall’edilizia alla municipalizzazione delle fonti energetiche, dal trasporto pubblico ai beni culturali. E tanto altro ancora.

Per Ernesto Nathan lo sviluppo dell’individuo nella libertà e nella giustizia è il fine. La pubblica amministrazione è il mezzo per perseguirlo e realizzarlo. In coerenza con queste prospettive, egli ha costruito e sviluppato la sua rigorosa azione politica, rivolgendo l’attenzione soprattutto a quei gruppi sociali da sempre soggiogati dall’ignoranza e dalla miseria.
Bisognava liberare le menti da dogmi e superstizioni educandole a pensare con la propria testa. Bisognava abituare all’esercizio dell’autonomia morale e alla gestione della libertà di scelta. Bisognava educare, insomma, all’etica laica della responsabilità, dove l’azione ha valore in se stessa e per le conseguenze individuali e sociali che implica.

Le basi della sua etica laica

Ebraismo, mazzinianesimo e massoneria, sono le tre nobili componenti intellettuali che interagiscono nella sua formazione e nel suo impegno politico.
Egli nasce a Londra il 5 ottobre 1845. I genitori, Sara Levi e Meyer Moses, sono entrambi ebrei. E dall’ebraismo apprende, fin da bambino, il dovere dell’impegno individuale a “costruire il paradiso sulla terra”.
A Londra, la famiglia Nathan diviene ben presto il punto di riferimento per tanti esuli politici italiani. Primo fra tutti, Giuseppe Mazzini.

Nathan, come noto, fino agli ultimi anni della sua vita, si è dedicato a raccogliere e diffondere gli scritti di Mazzini. Il pensiero del Maestro egli lo aveva “respirato” già in famiglia; ma lo studio e l’approfondimento sistematico avviene particolarmente quando, nel 1871, è lo stesso Mazzini ad inviarlo a Roma perché curi la “Roma del popolo”. E’ in questa occasione che Nathan si trova anche a “correggere”, per esigenze editoriali, gli articoli che Mazzini gli inviava da Londra.
“La riforma intuita e voluta da Mazzini –scrive Nathan in questi anni- investe tutta la sostanza della vita individuale, nazionale, umana; …Egli volle bandire una nuova fede, una religione civile che fosse norma di vita ai popoli; e nella nuova credenza, illuminata da coscienza e scienza, fondere il presente con l’avvenire”.

Il valore ebraico dell’impegno personale a migliorare se stessi e la società, si coniuga con gli ideali mazziniani in una formidabile mediazione dialettica tra conoscenza ed etica. Quando, nel 1872 l’Apostolo muore, Ernesto ottiene, che accanto alla sottoscrizione fortemente voluta da Campanella, Quadrio e Saffi per edificare monumenti, se ne promuova anche un’altra (per altro generosamente finanziata dalla famiglia Nathan) perché “si sparga l’istruzione tra il popolo”. La madre, Sarina, fonda a Trastevere la scuola elementare “Giuseppe Mazzini”, trasformata nei primi del ‘900 in scuola professionale femminile, dove lo stesso Ernesto terrà lezioni.
Promuovere l’educazione per l’emancipazione dell’individuo è un dovere, perché vi possa accedere soprattutto per chi ne era maggiormente escluso, come appunto le donne, per le quali Nathan voleva la parità di diritti. Fatto straordinario in tempi in cui l’unico diritto pubblicamente riconosciuto alle donne era quello di stare zitte e di fare figli.

La consapevolezza di migliorare se stessi e la società trova ulteriore linfa nell’incontro con la Massoneria, che aveva prodotto i grandi ideali di “libertà”, “uguaglianza”, “fratellanza”, base della rivoluzione americana e di quella francese. Nell’800, quegli ideali chiamano alla realizzazione di Nazioni libere sempre più improntate alla democrazia e alla giustizia sociale. La Massoneria rappresenta, allora, il naturale punto di riferimento progressista del Risorgimento contro i potentati della “sacramentata” alleanza trono-altare. Pertanto, la Chiesa cattolica, quando dovrà fare i conti con l’irreversibile perdita del suo potere temporale, addita la Massoneria come la responsabile massima della sua crisi, dichiarandosi vittima delle trame giudaico-massoniche, che affermano le “aberranti” idee del socialismo e propugnano la libertà di pensiero contro i dogmi cattolici. E’ particolarmente Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, a gridare al complotto definendo la Massoneria: “Sinagoga di Satana”.

Mi limito a citare, a mo’ di esempio, due passi tratti dalla Civiltà Cattolica del 1880 e del 1881:
“(…)la gran setta massonica, che è la Chiesa di Satana, nell’unico intento di esterminare dalla faccia della terra il regno di Dio (…) gli artifizi che usa per far proseliti e dilatare il suo spirito dappertutto (…) comprovano che la immensa congiura dei nostri tempi, contro Dio e il suo Cristo, è suggerita promossa e aiutata da una forza superiore all’umana, la quale non può essere altra che la diabolica (1880, serie XI, vol. III, p.145) ”;
“Ed è, per fermo cosa portentosa e del tutto satanica, che l’odio anticristiano degli apostati cristiani si sia rassegnato a rendersi schiavo degli ebrei nella Massoneria ed in tutte le sette massoniche apparentemente politiche e in sostanza non altro che anticristiane, per riuscire così, in ultima analisi, a servire al Ghetto piuttosto che a Cristo” (1881, serie XI, vol.VI, p.482).

Ernesto Nathan entra a far parte della Massoneria nel 1887. Dal 1896 al 1903 e dal 1917 al 1919 ricoprirà anche il ruolo di Gran Maestro.
L’incontro con la Massoneria è per lui la sintesi di quell’educazione alla fratellanza universale, appresa dalla cultura ebraica ed alimentatisi nell’insegnamento mazziniano.
“La Massoneria – dice Nathan – il 21 aprile 1901 all’inaugurazione di palazzo Giustiniani – …vive e fiorisce per essersi di volta in volta tuffata nell’acqua lustrale del progresso, assimilando ogni nuova fase di civiltà, il più delle volte divenendone banditrice… Siamo noi, che in nome di quel principio di fratellanza, abbiamo iniziato, spinto innanzi il movimento per la pace e l’arbitrato… Siamo il germe dei vagheggiati Stati Uniti d’Europa.”

Il bene dell’individuo e la funzione pubblica della politica

Nell’Italia di fine ottocento, dove nel 1898 il generale Bava Beccaris faceva sparare colpi di cannone sull’inerme popolazione milanese che chiedeva pane, Ernesto Nathan ricerca l’unità delle forze progressiste liberali (liberali progressisti, radicali, repubblicani) per realizzare le riforme sociali.

Nel 1888 ha ottenuto la cittadinanza italiana, pertanto può candidarsi alle elezioni. Sceglie Pesaro, città natale della madre. Dal 1889 al 1894, ricopre la carica di consigliere comunale, non stancandosi mai di denunciare la scarsa attenzione delle istituzioni al sociale. Amministratore attento e scrupoloso, Nathan studia la situazione della città. E denuncia il nesso esistente tra malattia, emarginazione sociale, miseria. Rileva, ad esempio, che i ricoverati all’ospedale S. Benedetto sono contadini che la pellagra aveva portato alla demenza.

A Pesaro, come poi a Roma, si batte per promuovere l’istruzione, la sanità, l’edilizia popolare; per ridurre la giornata lavorativa ad otto ore; per calmierare il prezzo del pane mediante l’istituzione di spacci comunali.
Dal 1895 è consigliere al Comune di Roma: denuncia le cause economico-sociali che portano tante povere donne a prostituirsi; vuole la bonifica dell’agro romano per eliminare la malaria; lancia i suoi strali contro la speculazione edilizia e contro lo strapotere del Vaticano nel tenere imbrigliate le coscienze.

Dal 1907 e il 1913, finalmente, è Sindaco della Capitale.
L’Unione liberale popolare (il famoso Blocco) formata da radicali, repubblicani e socialisti ha vinto le elezioni. I cattolici non hanno partecipato alla competizione elettorale, perché il “non expedit” del papa vietava loro l’accesso alle cariche istituzionali nel giovane Stato italiano, che aveva decretato la fine del potere temporale della Chiesa romana.
Nathan fa tremare il mondo affaristico clerico- nobiliare, che lucra grazie all’intreccio tra capitale finanziario e patrimonio fondiario, nell’immobilismo di una Roma della Rendita, dove le masse popolari sono tenute nell’alfabetismo e nella miseria.

Civiltà Cattolica” lancia i suoi anatemi contro il Sindaco che scandalizzata definisce straniero, ebreo, repubblicano e massone: “è il primo sindaco non romano dopo 37 anni, quanti ne sono corsi dal 1870, anzi nemmeno italiano, perchè di origine inglese, nativo di Londra. In ogni caso repubblicano, israelita, massone. La sua presenza a capo del comune romano è misura del livello a cui siamo discesi”.
Quello “straniero” che aveva abitato a Londra, a Parigi, a Lugano, era forse troppo scomodo per rettitudine morale e visione europeista.

Nel suo discorso programmatico del 2 dicembre 1907, all’atto dell’insediamento nella sua carica di Sindaco in Campidoglio, Ernesto Nathan diceva: “Guardiamo all’avvenire…a una grande Metropoli ove scienza e coscienza indirizzino… rinnovate attività artistiche, industriali, commerciali… perché guardiamo attraverso la breccia di Porta Pia.”
Il crollo del muro del totalitarismo teocratico cattolico, che la Breccia di Porta Pia rappresentava, era dunque indicato con chiarezza da Nathan come la strada maestra per lo sviluppo scientifico, economico e sociale dell’umanità intera. Il 20 settembre era festività nazionale, e tale rimase fino a quando Mussolini non la soppresse. Nathan, ogni 20 settembre, non mancava di sottolineare l’importanza dell’evento storico, con chiarezza e coraggio: “… per la breccia di Porta Pia, entrò nella città eterna il pensiero civile ed umano, la libertà di coscienza, abbattendo per sempre, muraglia di una Bastiglia morale, il potere temporale dei papi… Quella data… da nazionale diviene, nel suo alto significato filosofico, universale, e come tale la festa del popolo per i popoli”.

I principali interventi della Giunta Nathan

La scuola “Le considerazioni di bilancio finanziario devono cedere il passo alle imperative esigenze del bilancio morale ed intellettuale. Le scuole devono moltiplicarsi, allargarsi, migliorarsi; rapidamente, energicamente, insieme col personale scolastico”, aveva detto Nathan nel suo discorso programmatico. E lo mantenne.
Nell’agro romano le scuole rurali, che nel 1907 erano 27, nel 1911 divengono 46 e il numero degli alunni da 1183 passa a 1743. Le scuole urbane hanno un incremento di ben sedici edifici, e gli alunni, che nel 1907 erano 35.963, nel 1912 sono divenuti 42.925.
Le scuole statali, come sosteneva il coraggioso sindaco, hanno il compito: “d’insegnare per sviluppare l’intelletto, d’educare per sviluppare il cuore, addestrando all’esercizio della virtù quale dovere civile. Quindi insegnamento laico fondato su educazione morale”.

Nathan si avvale di pedagogisti, medici, scienziati, specialisti nella cura della malaria (imperversava nell’agro romano). Alcuni nomi: Maria Montessori, Sibilla Aleramo, Carlo Segrè, Giovanni Cena, Alessandro Marcucci, Alessandro Postempski, Angelo Lolli.
La giunta Nathan eroga fondi perché le scuole elementari siano dotate di refezione, di piccole biblioteche, di essenziali laboratori scientifici, di cinematografo…; ma assolvano anche al fondamentale servizio di medicina preventiva. Nei quartieri popolari, come ad esempio Testaccio e S. Lorenzo, sono costituite le sezioni estive, per sostenere i più deboli nell’apprendimento. L’impegno di Nathan nella creazione di scuole pubbliche si allarga finanche agli asili: nascono i “giardini d’infanzia” comunali in Via Appia Nuova, Via Galvani, Via Regina Margherita, Via Novara; al Portico d’Ottavia e a Borgo s. Spirito. E le loro sezioni si triplicano: nel 1907 sono 50, nel 1911 ben 154.
“Più scuole e meno chiese” - ripeteva Nathan - che a conclusione del suo mandato poteva affermare con orgoglio: “Là dove in passato necessitava ricorrere alle scuole confessionali, oggi il Comune ha reso la deleteria loro opera inutile”.

I servizi pubblici

“Sottrarre i pubblici servizi dal monopolio privato; renderli soggetti alla sorveglianza, alla revisione, all’approvazione del Consiglio…preparare la via al più assoluto controllo che la cittadinanza deve acquisire su quei gelosi elementi primordiali di ogni civiltà urbana”. Così si era espresso Ernesto Nathan nel discorso programmatico del 2 dicembre 1907. Pensava alla municipalizzazione di luce, gas, acqua; pensava alla realizzazione di linee tranviarie pubbliche. Vale appena ricordare, ad esempio, che prima di Nathan, l’acqua Marcia era un fondo del Vaticano, che proprio in quegli anni stava cercando di accaparrarsi anche il controllo dell’acqua Vergine.

Acqua, luce, gas, linee di trasporto sono beni di tutti, quindi solo un organismo statale, come il Comune, può gestirli in nome dell’interesse collettivo. E Nathan chiama la cittadinanza a scegliere tra gestione privata e gestione pubblica. Una giunta popolare può reggersi solo sull’appoggio popolare, era solito affermare il Sindaco, che per la prima volta in Italia, il 20 settembre 1909, in concomitanza della ricorrenza di Porta Pia, chiama i romani a votare. Dei 44.595 aventi diritto, si recano alle urne in 21.460. I contrari alla gestione comunale dei servizi sono poco più di trecento.
Nascono così l’Azienda elettrica municipale (AEM) e L’Azienda Autonoma Tranvie Municipali. Le zone del Centro, del Salario, di Porta Pia, di Santa Croce in Gerusalemme e di San Giovanni, sono attraversate da ben 200 tram. Per tutto questo fondamentale è l’apporto professionale dell’ingegner Giovanni Montemartini, che dirigeva l’Ufficio Servizi Tecnologici.

Tra i servizi urbani, “gelosi elementi primordiali di ogni civiltà”, come Nathan li aveva definitivi, rientrano la centrale del latte, il mattatoio, l’acquario, i mercati e i magazzini generali. Le nuove strutture garantiscono igiene alimentare, ma anche risparmio economico, come ricordava Giggi Pea in una sua canzone popolare a proposito del mercato del pesce:
“Er mercato der pesce è ‘na risorsa, / questi so’ fatti, mica so’ parole…/ …si ne voi ‘na prova/ ar sinnico tu chiedi un baccalà/ nemmeno vorta l’occhi e te lo trova/ e nun lo paghi manco la metà”.
Ma occorre cibo anche per la mente. Così, oltre alle scuole, Nathan si impegna a sviluppare i beni museali per la cittadinanza.

Nel discorso tenuto in occasione dell’Esposizione internazionale del 1911, voluta per il 50° anniversario di Roma capitale (il palazzo delle Esposizioni a via Nazionale a Roma ne è ancora la tangibile testimonianza), è il Sindaco stesso a ricordare questi interventi culturali: Castel S. Angelo, trasformato da fortezza papalina in “museo di ricordi d’arte medievale per insegnamento ed affinamento dei cittadini”; le Terme di Diocleziano “ridotte a fienili, magazzini e sconci abituri. Ora si circonda di giardini e ritorna in vita (…) impareggiabile Museo Nazionale”; il palazzo di Valle Giulia, “acquistato dal Comune perché divenga Galleria d’arte contemporanea”.

La Salute e la Casa

“Molto è da fare per perfezionare l’assistenza sanitaria, coordinarla ad una rigorosa osservanza dei precetti igienici contemplati dalla scienza (…) adoperarsi affinché tanto nella città, come fuori dalle mura, sia provveduto alla pronta assistenza, sia prevenuta dall’igiene la terapeutica. Né in questo doveroso ufficio di umana civiltà (…) anteporre interessi e lucri”. Ecco cosa aveva affermato il 2 dicembre 1907 nel suo discorso programmatico. Obbiettivo prioritario sono i quartieri poveri e le borgate. L’agro romano, con i suoi rifugi malsani, desta le maggiori preoccupazioni. “Vivono in capanne senza pavimento –aveva scritto Sibilla Aleramo- sembrano anche loro di fango…attoniti bimbi e vecchi”. Bisogna dettare quindi norme igieniche di abitabilità (decreto 25 giugno 1908) perché non sia più possibile che i latifondisti continuino a destinare porticati, grotte, capanne con tetti fatti con paglia o con foglie di granturco ad uso abitativo per contadini e braccianti.

Nell’agro romano nascono case cantoniere e presidi medici che forniscono assistenza gratuita.
Nella città sono istituite pubbliche guardie ostetriche, presidi per l’assistenza sanitaria e la profilassi delle malattie infettive. La salute con Nathan non è più cosa per i ricchi o assistenza caritatevole, ma un pubblico dovere. L’Assessore alla Sanità era il dott. Achille Ballori, primario dell’ospedale Santo Spirito.

Abbiamo lasciati per ultimi gli interventi edilizi, perché proprio su questi la giunta Nathan dovette combattere la più dura battaglia. Il Sindaco fu anche minacciato fisicamente. “Hanno tentato di tutto” - affermerà Nathan alla fine del suo mandato - “ma una cosa non hanno mai osato: offrirmi denaro”.
A Roma prima di Nathan il sommario piano regolatore del 1883, era continuamente eluso dalle “convenzioni fuori piano”. Così, la già ricca proprietà fondiaria continuava a fare affari d’oro. “Bisogna promuovere, organizzare, integrare le diverse iniziative”- aveva detto Nathan nel suo discordo programmatico- “…né potremo plaudire ad un piano regolatore che raddoppia l’estensione della città senza esattezza di tracciato e senza la scorta indispensabile dei provvedimenti atti a salvare il vastissimo demanio fabbricabile dalle sapienti astuzie dell’aggiotaggio edilizio”.

L’Ufficio edilizio è diretto personalmente dal Sindaco, che può contare sulla professionalità dell’architetto Sanjust di Teulada. E’ questi l’autore del nuovo piano regolatore cittadino del 10 febbraio 1909, improntato alla varietà edilizia (fabbricati, villini, aree di verde pubblico). I fabbricati non possono superare i 24 metri d’altezza; i villini, costituiti da un pianterreno con giardinetto, non possono superare i due piani.

Ma è la Rendita fondiaria che Nathan colpisce: impone tasse sulle aree fabbricabili e procede agli espropri, applicando quanto il governo Giolitti aveva già stabilito a livello statale. Nathan aveva anche ottenuto grazie a quello che va sotto il nome di seconda legge Giolitti in materia (legge n°502, 11 luglio 1907), che la città di Roma elevi la tassa sulle aree fabbricabili dall’1 % al 3%. La coraggiosa Giunta Nathan prevede che il valore di ogni area sia stabilito dallo stesso proprietario, che pagherà l’imposta su quanto dichiarato, e su questa base verrà risarcito in caso di esproprio da parte del Comune. Una norma chiara ed onesta. Ma la rivolta dei proprietari terrieri non si fa attendere: uniscono le loro forze fondando l’Associazione dei proprietari delle aree fabbricabili, risultante dall’unione della Società italiana per le imprese fondiarie, del Vaticano, con la Società gianicolense, della famiglia Medici del Vascello, proprietaria di ben 142.000 mq. di terreno edificabile. Ma, nonostante la virulenta opposizione dei potentati della rendita, che intanto hanno avviato contro il Comune una miriade di ricorsi contro gli espropri, la giunta Nathan avvia il primo piano di edilizia economica e popolare. Case igieniche e dignitose con cortile e giardinetto interno sorgono a S. Giovanni, a Porta Metronia, a Testaccio, ma anche nelle campagne dell’Agro romano.

Dopo Nathan, tutto tornerà come prima.
Decaduto il non expedit del papa, grazie all’accordo in funzione antisocialista di Giolitti con Ottorino Gentiloni (patto Gentiloni del 1913), i cattolici sono eletti nelle liste dei Liberali. In nome della nuova alleanza tra liberali e cattolici, si consuma anche il sacrificio politico del nostro Sindaco.
A Roma, il 14 giugno 1914, la cattolica “Unione romana” vince.
Il principe Prospero Colonna, esponente di spicco della rendita immobiliare romana, subentra a Nathan.
La tassa sulle aree fabbricabili, coraggiosamente applicata da Nathan, sarà progressivamente ridotta fino alla sua definitiva abolizione con Mussolini (regio decreto n° 2538, 18 novembre 1923).

Nel 1915, la Società italiana per le Imprese fondiarie del Vaticano giunge a possedere azioni per quasi due milioni di valore nominale. E tra il 1918 e il 1919, amplia straordinariamente il suo giro d’affari attraverso la Società Immobiliare. Proprio quella che, negli anni ’60, è divenuta tristemente famosa per la selvaggia speculazione edilizia della Capitale: il “Sacco di Roma”. Grazie a deroghe, variabili ed abusivismo, da sanare di volta in volta con la provvidenziale pratica del “condono”, usata ed abusata fino ai giorni nostri in tutta Italia.

(22 gennaio 2013)

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