Consegnata una lettera a Fellay: il Papa vuole «evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili». Ma la Fraternità deve accettare il preambolo dottrinale
I lefebvriani hanno un mese di tempo per prendere la loro decisione finale sulla possibilità di rientrare nella piena comunione con la Santa Sede. Questa mattina presso la Congregazione per la dottrina della fede il prefetto, cardinale William Levada, ha consegnato una lettera con la risposta vaticana nelle mani del vescovo Bernard Fellay, nella quale si rinnova la richiesta di accettare il preambolo dottrinale, il testo che la Santa Sede la base imprescindibile per regolarizzare la Fraternità San Pio X.
Come si ricorderà, il preambolo venne consegnato a Fellay lo scorso settembre. In sostanza, il testo chiede ai lefebvriani di sottoscrivere la «professione di fede» che chiunque assuma un ufficio ecclesiastico deve fare e dunque di aderire agli insegnamenti del magistero in materia di fede e di morale. Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, vero nodo cruciale nei rapporti con i lefebvriani, si chiede alla Fraternità di leggere il suo magistero secondo l’ermeneutica proposta da Benedetto XVI, in continuità con la tradizione.
«La risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X in merito al preambolo dottrinale – si legge nel comunicato diffuso oggi dalla Sala Stampa vaticana – pervenuta nel gennaio 2012, è stata sottoposta all’esame della Congregazione per la dottrina della fede» e successivamente al giudizio del Papa. «In ottemperanza alla decisione di Papa Benedetto XVI – continua la nota – con una lettera consegnata in data odierna, si è comunicato a monsignor Fellay la valutazione della sua risposta». Seguono parole molto chiare che per la prima volta fanno balenare la possibilità che il rientro non avvenga e che si vada verso uno scisma vero e proprio.
Nella lettera si fa infatti presente che la posizione espressa da Fellay «non è sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità. Al termine dell’odierno incontro, guidato dalla preoccupazione di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili, si è rivolto l’invito al Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X di voler chiarificare la sua posizione al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato da Papa Benedetto XVI».
Nelle due risposte inviate a dicembre e quindi a gennaio, Fellay non aveva sottoscritto il preambolo, prendendo ancora tempo, senza chiudere la porta al dialogo con Roma. Ora il Papa e il cardinale Levada vogliono chiarezza. Il tono della risposta vaticana è stato determinato dalla risposta scritta inviata dal superiore lefebvriano. Quest’ultimo, durante l’incontro di stamane, è apparso perà più conciliante, e nel colloquio riservato che si è tenuto nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio ha detto di «non avere difficoltà ad accettare la professione di fede» e ha anche affermato di non avere difficoltà con i principi espressi nel preambolo: il problema – ha aggiunto Fellay – non sono i principi, ma la loro applicazione, e cioè il fatto che nella Chiesa di oggi manca la fedeltà al magistero.
Il dialogo non si è dunque interrotto, la porta rimane ancora aperta, la possibilità di una ricomposizione esiste ancora. Subito dopo Pasqua si saprà se Fellay e la Fraternità San Pio X avrà deciso di accettare il preambolo oppure no. Nel caso la risposta fosse negativa, la Santa Sede prenderà atto che i lefebvriani non intendono accettare i punti giudicati fondamentali e basilari, e dunque si porranno fuori dalla comunione cattolica, con «conseguenze dolorose e incalcolabili». È evidente, dall’atteggiamento tenuto dal superiore della Fraternità, che il problema non è soltanto rappresentato dal testo proposto dal vaticano, ma anche è anche e soprattutto rappresentato dalle posizioni polarizzate all’interno dello stesso gruppo tradizionalista. Circa una metà della Fraternità vorrebbe rientrare nella piena comunione con Roma e vive questo distacco con dolore. L’altra metà, invece, è disposta a dire sì soltanto se «Roma si converte», cioè fa proprie le posizioni lefebvriane.
Benedetto XVI, appena diventato Papa, ha fatto di tutto per sanare la ferita che si era aperta dopo le ordinazioni episcopali illegittime che Lefebvre celebrò nel 1988 e la conseguente scomunica. Il Papa ha liberalizzato la messa antica (come gli chiedeva Fellay) e nel gennaio 2009 ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, facendo poi iniziare i dialoghi dottrinali che si sono conclusi con la consegna del preambolo (andrea tornielli - roma).
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