La sindrome di Gerusalemme spiegata dalla scienza: ecco perché ci si sente il Messia.
Che cos’è la Sindrome di Gerusalemme, ovvero quel disturbo che porta alcune persone a credersi Gesù dopo poche ore passate nella città santa? Ce lo spiega Wired.
QUANDO SI PERDE TUTTO – La vita di Ronald Hodge prese una piega strana in occasione del suo 40esimo compleanno: fisicamente in forma, con un buon lavoro e una moglie devota. Una mattina però lei gli disse che non era più innamorata. Se ne andò il giorno dopo. Passata qualche settimana scoprì che la sua azienda doveva tagliare dei rami per garantirsi la sopravvivenza. Presa consapevolezza di essere tra i rami tagliati, Hodge, in crisi, si rivolse alla chiesa. Era passato qualche anno dall’ultima volta che aveva parlato con Dio, cominciò a farlo dopo che il mondo gli crollò addosso. Leggeva la Bibbia ogni sera, e sempre in testa tornava una parola, un luogo: Gerusalemme. Per quanto Hodge non prestasse attenzione alle coincidenze, non poteva non pensare a quanto fosse strano che quella parola tornasse ciclica. E fu così che decise di attraversare l’Atlantico e andare in Israele.
LA VOCE – Una volta sbarcato dal volo El-Al, Hodge chiese di essere accompagnato alla città vecchia. Camminò per l’antico labirinto finché non trovò un ostello economico vicino alla Basilica del Sacro Sepolcro. Non fu una scelta fatta a caso. Sentiva che doveva fermarsi lì. Durante i primi giorni, Hodge si alzava presto la mattina e andava a pregare. La meditazione era tale per cui si passava dalla mattina alla sera senza accorgersene, al punto che doveva essere un frate a ricordargli di andare via. A quel punto fu preso dai pensieri e sentì la Voce.
LAMENTELE - Non è che la sentì con le orecchie, ma la sentì nel cuore, assieme a vibrazioni positive provenienti dal suo petto. Era lo Spirito Santo che parlava con lui. La voce gli disse di digiunare per 40 giorni e 40 notti. Non si sentiva però spaventato, perché aveva una guida. I primi giorni sono stati difficili. Dopo una settimana i suoi compagni d’ostello cominciarono a lamentarsi. I vestiti di Hodge erano sporchi ed emanava un odoraccio. Ormai era preda di allucinazioni.
LA SINDROME DI STENDHAL – Ecco a voi la “Sindrome di Gerusalemme”. Yoram Bilu, psicologo e antropologo israeliano, spiega così il disturbo: “Le persone che soffrono di questa patologia hanno conosciuto in passato problemi che hanno minato la loro psiche”. Questa non è documentata sui manuali medici, ma è formalmente riconosciuta. Un po’ come la sindrome di Stendhal, per cui tutti coloro che vanno a Firenze sentono dentro di sé il sacro fuoco dell’arte. Si chiama così perché venne descritta per la prima volta a inizio del 19esimo secolo dallo stesso scrittore francese Stendhal, il quale ne diede una prima descrizione che riportò nel libro “Napoli e Firenze: un viaggio da Milano a Reggio”. Questa sindrome comporta tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e anche allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza.
CIAO LOBO FRONTALE – Accade la stessa cosa a Gerusalemme. Non si sa cosa succeda nel cervello. Secondo il neurologo Andrew Newberg, nelle persone che sono affette da questa patologia, il sistema limbico, quello che gestisce le nostre emozioni, mostra un’elevata attività mentre i lobi frontali si spengono. “In casi estremi si arriva alle allucinazioni, per cui la gente è convinta di vedere la faccia di Dio o di sentire le voci. Il lobo frontale si spegne e quindi non puo’ dire che quello che sta succedendo non ha senso”, ha spiegato Newberg.
LA PURIFICAZIONE – Una volta arrivati a Gerusalemme, la persona che ne soffre può iniziare a sentire ansia, nervosismo, insonnia. Passa poco tempo e decide di visitare i luoghi sacri della religione. Alcuni, dopo aver fatto un salto alla Basilica del Santo Sepolcro o alla Chiesa della Natività di Betlemme decidono di “purificarsi” rasandosi i peli, tagliandosi le unghie, lavandosi completamente. Infine si arriva allo stato confusionale in cui si va in giro a raccontare di essere il Messia e di sentire la voce di Dio.
AL MASSIMO LI SI MANDA VIA - La colpa di Gerusalemme è quindi quella di essere Gerusalemme. Le persone più suscettibili rimangono rapite dal fascino secolare di questa città e dalla religione che trasuda da ogni muro. Qualsiasi luogo capace di suscitare un’emozione può portare a simili conseguenze, come nel caso del colonnato del Vaticano o del tempio Ryoanji a Kyoto. A Gerusalemme però, vuoi la concentrazione vuoi l’aria che si respira, ogni sensazione è amplificata all’ennesima potenza. “Ci sono un sacco di persone che arrivano in Israele e sentono la presenza di Dio”, ha spiegato Pesach Lichtenberg, capo della sezione psichiatrica all’ospedale Herzog di Gerusalemme. Una volta arrivate in ospedale, le vittime vengono fatte parlare, e se non ritenute pericolose, vengono dimesse. I violenti vengono invece posti sotto sedativi mentre viene contattata l’ambasciata di riferimento. In fondo la cura più facile è anche la più immediata: mandarli via da Gerusalemme”, e il Messia smette di essere tale.
di Maghdi Abo Abia
http://www.giornalettismo.com/archives/209415/io-sono-gesu/